Il Lucca Film Festival è una di quelle rare manifestazioni che esaltano il valore della cultura a trecentosessanta gradi, immergendo chi vi partecipa in incontri con star internazionali come Susan Sarandon e Isabelle Huppert, apprezzatissimi registi italiani come Mario Martone e Gabriele Salvatores, attori molto amati nel nostro panorama nazionale come Kim Rossi Stuart, Stefania Sandrelli, Violante Placido e artisti visivi come Laetitia Ky e Robert Cahen. Poi imperdibili retrospettive, lungometraggi e cortometraggi in anteprima nazionale, eventi immersivi dal vivo come l’originale Lucca Effetto Cinema, concerti e masterclass per fare del cinema la somma di tutte le arti.
Una formula originale, che va dalle sperimentazioni di videoarte alla presenza di due premi Oscar, che ha coinvolto il pubblico che ha affollato tutti i luoghi del Festival.
Mario Martone
Per fare un bilancio di questa diciannovesima edizione, abbiamo intervistato l’appassionato e giovane direttore del Lucca Film Festival, Nicola Borrelli.
Qual è la specificità del Lucca Film Festival?
Il Lucca Film Festival ha una sua unicità nel panorama italiano, perché mette insieme quello che è il nocciolo duro di queste manifestazioni, cioè le proiezioni (con il concorso di lungometraggi e cortometraggi, sempre in anteprima italiana), gli ospiti, le masterclass, la parte dedicata alle scuole, con le mostre d’arte e una nostra particolarità, chiamata Lucca Effetto Cinema, ispirata a una straordinaria esperienza inglese, Secret Cinema, una società di produzione di eventi performativi che, negli ultimi anni, ha costruito dei giganteschi, pazzeschi set che ricostruiscono l’atmosfera di un film, con attori professionisti che interpretano alcuni ruoli e il pubblico che interagisce come fosse parte del cast, con tanto di trucchi e vestiti che indossi. Sei immerso in questa situazione che diventa una specie di ricostruzione storica di un grande film. Per Lucca Effetto Cinema, ci siamo ispirati a loro, nel nostro piccolo, con risorse più limitate, essendo anche questo evento, come tutti gli altri, a ingresso gratuito. È il decimo anno consecutivo che organizziamo quest’esperienza immersiva, in maniera sempre più ampia, tanto che è diventata un elemento che caratterizza il Lucca Film Festival. La città si riempie di più di cinquanta compagnie di teatro danza, ognuna delle quali realizza una performance, omaggio ad altrettanti film, in diversi luoghi di Lucca. Spesso, registi o attori ospiti del Festival, hanno interagito con l’happening realizzato per il loro stesso film. Si sono create situazioni memorabili con Rutger Hauer e Blade Runner, George Romero e le sue opere horror. Terry Gilliam fece una cosa ancora più particolare, allestendo, in Piazza dell’Anfiteatro, un suo Terry Gilliam Circus, uno strepitoso evento corale.
Il Lucca Film Festival è veramente un evento culturale a trecentosessanta gradi.
Io cito sempre Ricciotto Canudo, uno dei primi critici della storia del cinema. Proprio lui definì il cinema la settima arte: di fatto l’idea è quella di riprendere tutte le arti e metterle insieme. Noi ci riappropriamo di un concetto come questo. Quest’anno, per esempio, abbiamo dedicato un grosso evento dal vivo a Gabriele Salvatores, per i suoi primi quarant’anni di cinema. Si chiama Salvatores XL – 40 anni di grande cinema in città. Lo abbiamo fatto con Federico De Robertis, storico compositore delle sue colonne sonore, eseguite dal vivo, con proiezioni dei suoi film e Gabriele Salvatores che ha fatto delle letture. Il tutto in piazza San Michele, in un bagno di folla. Abbiamo pure avuto il concerto dell’orchestra sinfonica del Conservatorio Boccherini della città, che ha suonato musiche di Giacomo Puccini, messe in relazione alle origini lucchesi di fine ‘800 di Susan Sarandon. Un autore che ha composto melodrammi in cui si tratteggiano anche donne molto forti, moderne, come quelle recitate da Susan Sarandon. Anche questa è stata una serata ricca di emozioni. Questo tipo di legame tra cinema ed elemento musicale ci ha sempre caratterizzati, come quando abbiamo fatto un concerto delle musiche di Angelo Badalamenti con David Lynch presente o Howard Shore per David Cronenberg.
Nicola Borrelli con Susan Sarandon
Quanto è difficile organizzare un festival come questo, che ha portato a Lucca star internazionali?
Beh, è difficilissimo. È un’impresa complicata come portare la nave di Fitzcarraldo. E può andare bene o male, non lo sai mai. Rispetto a chi organizza altri tipi di festival, il mondo del cinema è molto più fluido, noi ci insinuiamo in un calendario di lavori molto fitto di attori e registi che, chiaramente, danno priorità alla produzione. Quindi è un impegno complesso, che richiede un gigantesco lavoro di squadra, in cui le responsabilità sono distribuite. Ho tanti collaboratori che mi aiutano, sia in Italia che all’estero, che si sono formati anche insieme a noi nel tempo. Cerco di mantenere sempre attiva e unita la mia squadra negli anni. Poi abbiamo la fortuna di avere degli sponsor molto generosi, la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca in primis. C’è un forte radicamento del Lucca Film Festival nel territorio che ha innescato tutta una serie di altri contributi, trovando un equilibrio tra pubblico e privato, quasi al 50%, che non è comune nel panorama nazionale.
Come nasce la tua passione per il cinema, fino ad arrivare a dirigere il Lucca Film Festival?
Avevo ventidue anni quando mi venne in mente di fondare il Lucca Film Festival insieme a un gruppo di amici. Mi piacerebbe citarli tutti: Stefano Giorgi, Andrea Bernardini, Alessandro De Francesco, Andrea Monti, Andrea Puccini, Philippe Dijon De Monteton. Io ero un grandissimo appassionato di cinema. Ho anche lavorato in un negozio di musica, dove duplicavo qualunque cosa ci fosse dentro per rivenderla e, con quei soldi, comprare film e videocassette. Erano gli anni ’90. Poi ho studiato cinema al Dams e da lì mi sono lanciato in quest’impresa di fare un Festival del cinema che a Lucca mancava. Mancava anche tutta la libreria digitale del cinema che ora c’è, quindi anche l’accesso ai contenuti era completamente diverso in quegli anni, bisognava crearseli da sé o andare a Bologna. Lucca, però, era già una città orientata al cinema d’autore: con ottantamila abitanti aveva due circoli del cinema, credo non sia proprio usuale in Italia. La mia prima vocazione, e anche la base da cui volevo partire per il Lucca Film Festival, era il cinema indipendente, il cinema sperimentale, le cose più difficili da vedere e scoprire, quindi Kenneth Anger, che è stato il nostro primo ospite internazionale e poi Jonas Mekas e tutti gli altri grandi maestri di quella avanguardia, come Robert Cahen, che è tornato quest’anno, o Michael Snow, ma anche Adolfo Arrieta, un altro dei primi registi che venne al Lucca Film Festival, grazie a Enrico Ghezzi. Ricordo ancora quanto fu avventuroso ed emozionante, per me che mi ero formato seguendo le notti di Fuori orario, arrivare fino a lui e averlo come collaboratore e sostenitore. Ora stiamo cercando di esplorare la nuova generazione, dopo i grandi maestri, le icone degli anni ‘70/’80. Quello della videoarte è un territorio complesso, anche dal punto di vista economico dei diritti. Di certo, il Lucca Film Festival rimane sempre attento e sensibile a questo tipo di produzioni visive, anche underground, cui dedichiamo la sezione Over The Real.
Enrico Ghezzi
Che bilancio puoi fare di questa edizione del Lucca Film Festival, tra film in concorso, masterclass e proiezioni speciali?
Davvero ottimo. Questa è una delle migliori edizioni di sempre. Di sicuro, siamo ripartiti dopo gli anni tremendi della pandemia. Il bilancio è totalmente positivo, sia dal punto di vista della grande partecipazione di pubblico sia per la qualità degli ospiti. Tra l’altro, non era mai successo di avere un festival così al femminile. E anche questa è stata una bella soddisfazione. Certo, se non ci fosse stato lo sciopero degli attori americani, avremmo avuto anche altri ospiti internazionali, ma poi tutto è stato bloccato.
Quali sono i momenti che più porterai dentro di te di questa edizione del Lucca Film Festival?
Direi l’incontro con Isabelle Huppert, che si è rivelata di una gentilezza estrema, disponibilissima, inversamente proporzionale al livello di divismo che ci si aspetterebbe da lei. In un ambiente informale come il nostro, si è aperta in un modo che mai mi sarei immaginato. Questo senso di familiarità raggiunto con Isabelle Huppert è stato qualcosa d’indimenticabile.
Che prospettive vedi per le prossime edizioni del Lucca Film Festival?
C’è l’augurio che si possa lavorare per crescere ancora. Di sicuro, c’è da migliorare il rapporto con i distributori, schiacciati un po’ come siamo dalla vicinanza con la Mostra del Cinema di Venezia prima e con la Festa del Cinema di Roma dopo. Un altro aspetto interessante sarebbe aprirci al mondo della serialità. Io mi chiedo sempre perché non si riescano a fare grandi eventi di promozione, di qualità, per questo prodotto dell’universo audiovisivo che diventa sempre più centrale nelle scelte di pubblico e registi. Inoltre, mi piacerebbe riuscire a organizzare più eventi fuori concorso e connotarci sempre più come l’unico Festival che abbia degli eventi performativi, che cercheranno di essere sempre più inclusivi per il pubblico, anche avendo in città l’esperienza del Lucca Comics & Games: creare qualcosa del genere, andando oltre il tradizionale concetto di Festival cinematografico.
Isabelle Huppert