Nelle sale dal 5 ottobre il nuovo film di Fabio Mollo Nata per te con, tra gli interpreti anche Alessandro Piavani. Il film, sulla vera storia di Luca e Alba è una produzione Cattleya e Bartlebyfilm in collaborazione con Vision Distribution, società del gruppo Sky, in collaborazione con Sky con il contributo di Regione Campania e Film Commission Regione Campania.
Distribuito da Vision Distribution il film racconta di Luca, single, omosessuale, cattolico, da sempre mosso da un forte desiderio di paternità, che lotta per ottenere l’affidamento di Alba, appena nata, abbandonata all’ospedale di Napoli e con la sindrome di down. Accanto al protagonista, interpretato da Pierluigi Gigante, c’è anche Lorenzo, interpretato da Alessandro Piavani. Ad Alessandro Piavani abbiamo chiesto qualcosa del film, del personaggio e dei temi trattati, scavando anche nella sua carriera.
Qui per trailer e poster del film
– Foto di copertina di Gianni Fiorito –
Alessandro Piavani e il suo Lorenzo in Nata per te
Iniziamo con il film più recente, Nata per te di Fabio Mollo. Come descriveresti il tuo personaggio? Nonostante il ruolo non da protagonista della vicenda, è un personaggio importante, anche per la crescita di Luca. Funge un po’ da voce della coscienza, ma al negativo, nel senso che è colui che mette la pulce nell’orecchio al protagonista e cerca di essere più realista e rimanere con i piedi per terra. In qualche modo contrapponendosi anche al viaggio su Marte che è uno dei fulcri della storia.
Quella che hai fatto è un’analisi perfetta.
Nata per te innanzitutto è una storia vera che racconta la di Luca e di sua figlia Alba. Nel film, secondo me, l’intenzione è stata quella di presentare tanti modi per essere famiglia. E Lorenzo, nel suo piccolo, presenta un’altra possibilità perché entra un po’ in conflitto con il personaggio di Luca, anche se è mosso dallo stesso desiderio di paternità. Il problema è che Lorenzo è molto conscio del fatto e dei problemi ai quali andranno incontro. Anche se Luca riuscisse a ottenere l’affido e poi l’adozione di Alba, Lorenzo non avrebbe alcun diritto o dovere nei confronti della bambina. In fase di girato c’era una scena in più all’inizio del film dove questo era ancora più evidente. C’era un momento in cui erano insieme in questa battaglia, ma Lorenzo si rendeva conto velocemente che qualora Luca fosse riuscito a ottenere l’affido di Alba lui per lei non sarebbe stato nulla. Ed è un po’ quello che dice a Luca “voglio un figlio che ci chiami papà come tutti”.
Foto di Gianni Fiorito
Quindi, ricollegandomi all’analisi che hai fatto, è vero che lui presenta un po’ il mondo reale a Luca.
Nonostante questo, però, il tuo personaggio ha una crescita importante. Come hai detto, fa presente questa cosa a Luca ed è dispiaciuto di come vadano le cose, però capisce e accetta la sua decisione.
Esatto. E anzi, secondo me, nella scena finale con Luca, Lorenzo si rende conto anche di quello che ha perso, della possibilità che (non) ha avuto. Avrebbe potuto vivere questa cosa con Luca, ma non avrebbe avuto un valore legale. Quando lo incontra nuovamente si rende conto di quello che ha perso (gli chiede degli occhi di Alba e Luca risponde “sono più belli”) e, anche vivendo questa possibilità con Luca, lui non sarebbe comunque esistito per la legge. Secondo me è stato questo a essere interessante: l’ambivalenza, vedere quello che poteva perdere e anche quello che non avrà in un paese che gli impedisce di essere quello che vorrebbe essere, cioè padre.
Allo stesso tempo, però, tutto quello che hai detto e il modo di porsi di Lorenzo lo rende un personaggio autentico, reale.
Sì, spero tu abbia ragione. Questo è l’obiettivo. Sono contento se è questo quello che si vede.
Alessandro Piavani e Lorenzo
Quanto c’è di Alessandro Piavani in Lorenzo e quanto di Lorenzo in Alessandro Piavani?
Sicuramente il fatto di essermi confrontato con il desiderio di paternità è stato qualcosa di molto stimolante perché è qualcosa che io in questo momento della vita non ho. È sempre bello come attore quando hai l’occasione di indagare delle parti del tuo essere e del tuo animo che sono sopite, che non ci sono ancora, ma forse ci saranno. Questo mi fa rendere conto in maniera più chiara di quanto questo lavoro mi permetta di scandagliare quello che sono e metterlo a servizio di qualcun altro. E penso sia la cosa bella di questo mestiere che non è solo interpretare qualcun altro.
Foto di Gianni Fiorito
E mi viene da riflettere sul fatto che, anche quando si interpretano personaggi completamente lontani da noi, comunque la faccia e la voce è la nostra. L’artefatto e l’artista coincidono. Secondo me la cosa più interessante è scoprire delle cose di noi che non sapevamo di avere dentro. Anche perché penso che l’obiettivo sia quello di analizzare l’animo umano. Ma, in realtà, tutti noi, non solo gli attori, abbiamo tutte le molteplici possibilità dell’essere umano. Il nostro lavoro è quello di allenarci nel trovare queste cose dentro di noi.
La bella estate
Vado a ritroso nei titoli ai quali hai preso parte. Di recente sei stato al cinema con La bella estate di Laura Luchetti. A differenza di Nata per te lì sei in un contesto completamente diverso. Siamo nella Torino del 1938, quindi parliamo di un film ambientato in un’epoca precisa e distante. Com’è stato passare da un passato, che oltretutto è un passato difficile sotto tanti punti di vista, a un presente che sa quasi di futuro da quanto è contemporaneo?
La cosa divertente è che La bella estate e Nata per te sono due progetti che ho girato uno di seguito all’altro. Per me fare dei progetti così diversi (perché quelli che interpreto sono due personaggi molto diversi), non solo per l’ambientazione e per il tipo di storia, ma anche nella natura degli esseri umani ai quali presto il volto, è stata una cosa bellissima. Al tempo stesso, però, essendo successo tutto così velocemente, quasi non c’è stato neanche il tempo di pensare.
Con La bella estate, prima di girare, c’era stato un periodo di workshop in cui noi attori abbiamo lavorato insieme come cast con la regista Laura Luchetti a Roma. È stato un workshop di una settimana che ci ha permesso di esplorare i personaggi a fondo, sotto tutti gli aspetti, dall’osservare come camminavano i personaggi in quegli anni a quali erano gli oggetti che utilizzavano e come cambiava il modo di gesticolare, di parlare. Abbiamo avuto modo di sperimentare perché abbiamo fatto incontrare personaggi che nel libro non si incontrano.
In generale mi sono divertito molto a interpretare due personaggi così diversi. Guido è impetuoso nei confronti delle donne nel libro e così anche nel film. Ma abbiamo cercato di far capire che dietro questa durezza si nascondeva una grande sensibilità e insicurezza. Lorenzo è l’opposto da questo punto di vista.
Quindi è stato bello poter interpretare due personaggi agli antipodi. E mi piacerebbe che questo potesse guidarmi nei miei prossimi lavori: discostarmi dall’ultima cosa che ho fatto. Sono ance contento che i film escano in un breve lasso di tempo.
Produzioni internazionali
Nella tua carriera, però, hai anche sperimentato produzioni internazionali. Tra queste, tanto per citarne, una I Medici. Non posso, quindi, non chiederti cosa significa recitare accanto a nomi importanti e, appunto, internazionali del cinema e soprattutto com’è stato l’approccio con la recitazione in lingua.
I Medici, innanzitutto, è stato il mio primo lavoro professionale, ero fresco di accademia dopo il diploma nel 2015. È stata la mia prima esperienza su un set e su un set del genere, internazionale. Sicuramente è stato un vero e proprio battesimo di fuoco (il primo giorno sul set stavo male!).
Per quanto riguarda il discorso della lingua, il fatto di lavorare in inglese è qualcosa che mi ha sempre affascinato ed è una cosa che seguirò e che mi stimola. Fortunatamente ho sempre saputo abbastanza bene l’inglese fin da piccolo, sono predisposto a imparare le lingue straniere. E recitare in inglese lo trovo liberatorio perché riesco a non sentirmi e a farmi influenzare. Il fatto di recitare in un’altra lingua che non è mai stata la mia lingua mi facilita il lavoro e mi rende più libero. Tutte le parole in italiano per me hanno un significato anche se io non glielo attribuisco. Qualunque parola italiana, anche se io non lo so, ha un significato nella mia testa. In inglese (o comunque in una lingua straniera) questa cosa non c’è.
Comunque sono stato abbastanza fortunato, dal momento che ho preso parte a varie produzioni internazionali. Dopo I Medici c’è stata anche The Little Drummer Girl che è stata una delle esperienze più belle che ho fatto perché lavorare con qualcuno come Park Chan-Wook è straordinario così come confrontarmi con attori del calibro di Michael Shannon, Alexander Skarsgård e Florence Pugh. Vorrei continuare a lavorare in lingua.
Poi da lì le produzioni internazionali sono proseguite con, per esempio, House of Gucci. Anche se, a tal proposito, devo dire che, nonostante io sia accreditato nel film e nonostante abbia inserito il titolo nel curriculum perché effettivamente ho preso parte al progetto, in realtà la mia scena non c’è perché è stata tagliata.
Alessandro Piavani tra i protagonisti di Blocco 181
Questi titoli mi danno la possibilità di farti un’altra domanda che si collega a un altro progetto del quale fai parte. Sei uno dei protagonisti della serie Sky Blocco 181. Lì interpreti Ludo, alle prese oltre che, in qualche modo, con la criminalità, anche con un triangolo amoroso. Volevo, quindi, chiederti com’è stato prestare il volto a un personaggio come quello di Ludo che mi sembra incarni più personaggi in uno, con un carattere stravagante ed esuberante, e cosa significa sviluppare un personaggio seriale, crescendo in qualche modo con lui?
Mi piace questa cosa che dici perché è vera. Intanto sì, tutti i progetti seriali prima di Blocco 181 non li avevo vissuti da protagonista e non mi avevano dato la possibilità di esplorare un personaggio così a lungo. Interpretare Ludo è stato, è e sarà bellissimo e anche difficile al tempo stesso. Su una serie il tempo è molto più dilatato e spalmato e puoi esplorare il personaggio per tanto tempo. Questo, secondo me, è qualcosa di interessante anche come attore. Per esempio, alla fine delle riprese della prima stagione, parlando con Laura Osma (Bea nella serie, ndr), intorno a dicembre 2021, le ho detto “sto capendo adesso il mio personaggio”.
Ludo è un personaggio che ha una moltitudine dentro e, anche se non posso dirti niente della seconda stagione, ti posso assicurare che succedono ancora più cose rispetto alla prima: è un bell’arco di personaggio. Ci sono davvero tante cose da esplorare che spero arriveranno al pubblico e che le saprà apprezzare.
Uno dei primi titoli di Alessandro Piavani
Uno dei primi titoli ai quali hai preso parte è Saremo giovani e bellissimi. Qui hai il ruolo di protagonista, insieme a Barbora Bobulova. Un ruolo non semplice che, però, ti ha dato modo non solo di farti conoscere, ma anche di dimostrare una grande capacità che va oltre il recitare: cantare e suonare. Erano tue passioni già da prima? Com’è stato unire questi talenti?
Prima di tutto devo dire che l’occasione di imparare qualcosa di nuovo è una delle cose più belle del nostro mestiere. E quindi quando si è presentata l’occasione di fare un film del genere, che è un po’ un musical, in qualche modo ho approfittato.
Nelle canzoni mie e di Barbora la voce è la nostra, siamo noi a cantare e suonare, anche grazie alla magia del cinema. Prima di questo film suonavo solo l’ukulele (e uno dei provini che ho fatto è stato quello in cui suonavo proprio l’ukulele). Da dopo il film, però, ho imparato a suonare la chitarra. E dopo queste cose rimangono: adesso la strimpello. La cosa bella è anche lo scoprirsi adatti a fare determinate cose. Per esempio, per The Little Drummer Girl ho preso la patente per la moto.
Da figlio a padre. Si può dire che con i titoli ai quali hai partecipato hai già avuto modo di incarnare ruoli così diversi eppure così vicini e provare a immaginarti in tanti ruoli. In Saremo giovani e bellissimi sei il figlio, in parte ribelle in parte che fa da padre alla madre stessa. In Nata per te sei alle prese con la possibilità di diventare padre. Sembra quasi che ci sia una crescita dei tuoi personaggi.
Pensa quanto si può cambiare in 6 anni! Ma spero di essere ancora figlio per un po’ (ride, ndr). Questa è la cosa bella del nostro mestiere: scoprirci ogni volta in forme diverse. Ogni volta sono forme diverse, ma hanno una loro verità.
Nuovi ruoli e nuovi progetti
Visto che hai avuto tutti questi ruoli così diversi, ce n’è uno che ti piacerebbe interpretare e che ti manca all’appello?
Me ne mancano tantissimi ancora. Alcuni dicono “non dire ad alta voce i tuoi piani se non vuoi che Dio ne rida”.
Mi sto rendendo conto, però, che sono sempre più interessato a lavorare con dei creativi, con chi vede in me qualcosa che io non riesco ancora a vedere. Più cinema faccio e più mi rendo conto che è la cosa che mi interessa. Io credo che il cinema sia il mezzo del regista o della regista, non dell’attore. Noi siamo, insieme a tutti gli altri compartimenti del film, ingranaggio di questa macchina che risponde della visione del regista. Mi piacerebbe lavorare con qualcuno che abbia un’idea chiara e qualcosa da dire e che veda in me qualcosa che questa idea può renderla viva.
Progetti futuri?
A breve uscirà un film al quale ho preso parte con un piccolo ruolo e che sarà presentato alla Festa del cinema di Roma. Il film è di Antonio Albanese e si intitola Cento domeniche. E poi ci sono un paio di altre cose, ma ancora top secret.
Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli