Disponibile su Netflix l’assurdo cortometraggio The Rat Catcher di Wes Anderson, iconico regista già ampiamente apprezzato dal grande pubblico per film come Grand Budapest Hotel e attualmente al cinema con Asteroid City.
Girato come fosse una piccola pièce teatrale, The Rat Catcher (in italiano tradotto come Il derattizzatore) è il terzo dei quattro cortometraggi del regista texano ispirati alle brillanti opere di Roald Dahl, scrittore britannico prolifico specialmente nella letteratura per l’infanzia (Matilda, La fabbrica di cioccolato).
The Rat Catcher, la trama
La messinscena del corto segue le (il)logiche del teatro dell’assurdo, presentandoci i tre personaggi principali come fossero direttamente usciti dal racconto originale: Richard Ayoade (Submarine), il nostro narratore, rompe immediatamente la quarta parete (stile già ben collaudato da Anderson) per raccontare l’arrivo del grottesco derattizzatore, interpretato da Ralph Fiennes (Il paziente inglese), chiamato dal meccanico Claud (Rupert Friend, Homeland) per un’invasione di ratti. Il tutto all’interno di un set che non si preoccupa di nascondere la sua finzione, ma anzi la sottolinea.
Nei suoi 17 minuti, The Rat Catcher si diverte a sovvertire ogni regola di narrazione, soprattutto visiva. Se il cortometraggio parte come una copia carbone del suo “padre” letterario, dopo poco ci accorgiamo che il paradigma è cambiato: il copione non corrisponde più alle azioni sullo schermo, e pian piano il corto rivela i suoi artifici, come un’operetta teatrale messa in scena (volutamente) da dilettanti.
Non contento, Wes Anderson osa ancora di più, rovesciando i ruoli tra i personaggi e utilizzando persino l’animazione digitale. Il risultato è un effetto straniante e folle, seppur posato; come del resto è sempre stata la sua estetica.

Wes Anderson omaggia Roald Dahl
Insieme a La meravigliosa storia di Henry Sugar, Il cigno e Poison, The Rat Catcher completa la tetralogia di cortometraggi ispirati a Dahl, dopo quattordici anni dall’uscita di Fantastic Mr. Fox, basato sempre su un romanzo dello scrittore gallese.
L’approccio che Anderson utilizza nei confronti delle opere di Dahl è un puro omaggio non solo alla sua ricca produzione di storie, ma anche al suo modo stravagante di raccontarle.
Stando alle parole dello stesso regista:
Sono ugualmente interessato al modo in cui Dahl racconta la storia come lo sono della storia stessa […] Se lo faccio usando le sue parole, le sue descrizioni, allora forse so come farlo.
Il risultato finale è un cortometraggio delizioso, accattivante e bizzarro, in cui il divertimento sta proprio nel perdere qualsiasi contatto con le regole classiche della cinematografia. Vivamente consigliato.
Disponibile su Netflix.