Homeland, film di Bruno Gascon, è in concorso al Lucca Film Festival nella sezione lungometraggi. Il film, terzo lavoro del regista portoghese, è stato proiettato al festival presso il Cinema Centrale di Lucca.
Homeland : la trama
In un mondo distopico, vige un regime dittatoriale in cui ogni movimento è controllato e chiunque combatta per la libertà è segnato e condannato all’espatrio.
Il protagonista, Rocky, il cui vero nome, lo scopriamo solo alla fine, è Mário, vive in una comunità di espatriati e divide la stanza con Ismael. I due, senza saperlo, condividono i fantasmi di un passato comune.
Rocky, ex insegnante che faceva parte di una rete per aiutare la clandestinità, convive con il senso di colpa di aver abbandonato un ragazzo colpito dalla polizia del regime, la SSP.
Ismael, allo stesso modo, ha il rimorso di aver causato la morte di un amico ferito che lo stava aiutando a fuggire.
Gli espatriati, considerati parassiti, sono ridotti alla condizione di schiavi sottomessi, lavoratori a buon mercato e bersagli di odio e rabbia da parte di chi li considera diversi e indegni di vivere.
Odio e rabbia che devono affrontare quotidianamente.
Un gruppo estremista fedele al regime, chiamato SSK, infatti, si impone in città con paura e violenza: ogni sera tra le strade risuona l’allarme del coprifuoco, e loro, a calci e pugni, sono pronti a far rispettare la legge vigente.
Ma Rocky ed Ismael, stanchi di una vita che non possono vivere, decidono di reagire e ribellarsi. La scelta è tra la libertà e la morte. E le due cose, in questo mondo, forse coincidono.
Il diritto alla libertà
Quando la dittatura è un dato di fatto, la rivoluzione diviene un diritto. Con questa citazione di Victor Hugo si apre Homeland di Bruno Gascon, che nel suo film analizza la condizione umana e la lotta per la libertà.
Le immagini d’archivio iniziali, in bianco e nero, riassumono la forza e le conseguenze del potere nella storia del Novecento.
Controllo sulle masse, dominio assoluto sono tutto ciò che ogni dittatore esistito, ed esistente, ha desiderato e avuto. Bruno Gascon riflette su un sistema soffocante e opprimente dando vita a quello che lui stesso definisce una distopia realistica.
La Seconda guerra mondiale è finita e tutti pensano che la libertà sia arrivata. Così, però, non è, perché viene istituita una dittatura mondiale.
Il controllo di chi è al comando, quasi incorporeo ma sempre vigile e in allerta, è evidente nella presenza di bandiere innalzate, voci metalliche, braccia tese, milizie speciali e fasce al braccio che marchiano e schedano.
Elementi che tutti conosciamo e releghiamo al passato. Ma che Bruno Gascon ipotizza come un pericolo, a volte nemmeno troppo lontano, per il presente e per il futuro. E che il regista vuole ricordare per evitare che gli errori passati si ripetano. Homeland sviluppa una storia di obbedienza, di ideologie contrastanti e di sottomissione. Da una parte le SSK, che, come burattini senza fili, attuano un potere che viene dall’alto, ma che loro stessi sembrano non avere sulle loro vite private. Dall’altra, persone come Rocky e Ismael, che delle loro vite invece sono stati del tutto privati, a cui tutto è stato preso e rubato. Ma a cui non si può portare via persino l’anima.
E per questo combattono e insorgono nella speranza di una libertà che forse non spetterà loro, ma almeno a chi dopo di loro arriverà.