Tratto dal romanzo del 2007 di Jonas T. Bengtsson, Submarino è un film del 2010 che è stato in corso alla 60a edizione del Festival del cinema di Berlino. Il film di Thomas Vinterberg, disponibile su MUBI, tratta della vita di due fratelli che cercano di sopravvivere, a loro modo, alle difficoltà della vita.
Nei bassifondi di due vite
Submarino racconta di Nick (Jakob Cedergren) e suo fratello (Peter Plaugborg). I due vivono con la loro madre, un’alcolizzata, e un fratellino appena nato. Lei lascia i ragazzi soli, torna a casa a orari improbabili e trascura i figli. Nick, seppur giovane, mostra d’avere fin da subito un carattere forte e risoluto, come a sopperire alla mancanza di una figura genitoriale per suo fratello e per il neonato. A quest’ultimo saranno i due ragazzi, sotto iniziativa di Nick, a dargli un nome e, successivamente, un battesimo (casalingo).
Poi però il bambino muore improvvisamente lasciando nello sconforto i fratelli. Passano gli anni e i due perdono le tracce l’uno dell’altro. Tra prigione, droghe e problemi vari le loro vite proseguono distanti, salvo poi riunirsi brevemente per il funerale della madre.
Sentire lo sfinimento
Il film di Vinterberg è come un pugno nello stomaco. Ogni cosa cade a pezzi e ognuno dei personaggi di Submarino soffre portando nella mente il peso di questa consapevolezza. Dopo la parentesi giovanile iniziale, il film mostra per più o meno metà del minutaggio complessivo quella che è la vita di Nick, uscito da prigione nei tre mesi precedenti alle vicende raccontate. È una persona reduce da una relazione finita male, è pieno di rabbia e allo stesso tempo sfinito.
Lo si vede passeggiare in città ciondolando e ci si chiede se sia in procinto di un esaurimento nervoso, di una crisi di pianto, di rabbia o di tutte queste cose messe insieme. La sua faccia non rivela molto se non un dolore represso nascosto da una scorza scontrosa, che però a volte si rompe lasciando trasparire, in determinate situazioni e con determinate persone, dolcezza, empatia e fragilità.
I personaggi che circondano Nick sono anch’esse persone disagiate, a partire dal fratello della sua ex-compagna, che lui tenta di aiutare nonostante le sue palesi inclinazioni maniacali. Oppure anche la vicina di casa, separata, sola e con un figlio piccolo che non può vedere. La stessa stanza in cui vive l’uomo è piccola e claustrofobica, popolata da varie bottiglie di birra vuote sulla scrivania. Guardare Nick e l’ottima prestazione di Jakob Cedergren significa per forza di cose subire con lui, sentire il suo sfinimento verso la vita e il mondo.
Padre e figlio
Il fratello di Nick (che per tutta la durata del film rimane senza nome) invece ha un figlio piccolo di nome Martin, figlio avuto da una donna morta per un incidente stradale. Il personaggio di Peter Plaugborg viene trattato nella seconda parte del film, dopo aver mostrato la vita di Nick. Rispetto a suo fratello si mostra però, nonostante la responsabilità dell’avere un figlio da crescere, molto più autodistruttivo, tant’è che occasionalmente lascia il piccolo Martin da solo per andare nel bagno del suo appartamento a consumare dell’eroina. È un personaggio che oscilla tra la dipendenza verso la droga e l’amore per il giovane ragazzo.
Ma se in questa fase di Submarino si prova prevalentemente sconforto nel vedere un genitore vittima dei suoi demoni, è anche vero che il personaggio di Martin riesce in qualche modo a riequilibrare il tutto, rappresentando nel film quella purezza e innocenza che scarseggia così tanto nel mondo di Vinterberg.
Purezza e innocenza
Sono proprio i bambini durante il film a offrire dei fugaci momenti di respiro in cui poter ripristinare, seppur brevemente, una fiducia sia verso la società e sia verso il futuro, fiducia che Vinterberg tenta così tanto di abbattere. Questo lato positivo di Submarino si mostra già a partire dalle scene iniziali (quando i due fratelli sono giovani) nel momento in cui i ragazzi si mettono a ballare in assenza della madre, nel momento in cui scelgono il nome del bambino e infine quando lo battezzano. Oppure attraverso gli occhi di Nick quando conoscerà il figlio della sua vicina di casa o quando vedrà per la prima volta Martin.
Nick e suo fratello questa innocenza l’hanno persa e Vinterberg lo fa capire chiaramente quando mostra il cadavere del loro fratello più piccolo, un momento che simbolicamente rappresenta uno spartiacque, come a dire che da lì in poi si andrà sempre più giù, fino a toccare il fondo. I bambini in Submarino sono la speranza di qualcosa che può essere diverso, una speranza che è estranea ai personaggi adulti che al contrario sono condannati all’infelicità, alla sofferenza.
Lo sguardo di Vinterberg
Il film, come detto, è un pugno nello stomaco, a contribuire a questa generale atmosfera che non sembra voler concedere punti di appoggio c’è una fotografia fredda e cupa che decora il film per tutta la sua durata; l’unica eccezione a tale decisione stilistica la si può trovare citando ancora una volta la parentesi iniziale del film, nel momento in cui Nick e suo fratello, avvolti da delle lenzuola bianche, battezzano il loro fratellino.
La regia di Vinterberg invece non si lascia andare a particolari virtuosismi, ma racconta quello che deve raccontare in maniera semplice e senza filtri, focalizzandosi sui personaggi, sull’ambiente in cui vivono, restituendo in maniera realistica la rappresentazione di una realtà continuamente sul punto di crollare.
Per la terza volta: Submarino è un pugno nello stomaco dalla durata di quasi due ore, ma un pugno che ci si renderà conto esser necessario, perché c’è sempre bisogno di storie del genere, raccontate in questo modo, storie che possono sconvolgere.