In “A passo d’uomo”, Pierre (Jean Dujardin), noto scrittore, una notte, ubriaco, per compiere una bravata, precipita al suolo dall’ottavo piano. Ricoverato in ospedale, risvegliatosi dal coma, giura a se stesso che, una volta guarito, attraverserà a piedi una gram fetta della Francia, fino a giungere al mare. Armato di zainetto e racchette, percorre da solo sentieri soleggiati e s’inerpica su rocce aspre e brulle. Lungo il percorso conosce Dylan (Dylan Robert), un giovane viandante. Incontra poi di Arnaud (Jonathan Zaccaï), amico di vecchia data e, prima di raggiungere la meta, rievoca la dolorosa perdita della madre con la sorella Celine (Izïa Higelin).

In “A passo d’uomo”, Pierre é un errante che cerca di riparare gli errori passati
L’erranza, come si evince dal suo etimo, contiene in sé sia l’errare, il commettere errori, che il vagare, il vagabondare. Ed è proprio da un “errore” dell’errante protagonista che si dipana il film del regista francese.
Una scelta coraggiosa quella di Imbert che, di fatto, per tutta la durata del film, punta la mdp sul solitario viandante che , sul suo taccuino, annota profonde riflessioni sul senso della vita.
“Alcuni uomini sperano di passare alla storia, ma alcuni di noi preferiscono scomparire nel paesaggio.”
E successivamente
“Ci sono due tipi d uomini, disse Napoleone; quelli che comandano e quelli che obbediscono. Oggi strizzando i calzini nel letto di un fiume fangoso, penso che l’imperatore abbia dimenticato un terzo tipo: gli uomini che scappano. Sire, gli avrei detto, scappare è comandare o almeno dire al destino che non ha alcun potere su di te.”
Imbert s’ispira all’omonimo romanzo di Sylvain Tesson (che compare nel film come figurante) e arricchisce la vicenda con la romantica storia di Pierre con Anna (Josephine Japy).
Molti i punti di contatto con Wild di Jean Marc Vallée (2014). Come il regista canadese, Imbert lascia che il maestoso e spoglio paesaggio faccia da cornice alla vicenda, ma, di fatto, punta a mettere a nudo il paesaggio “interno” del protagonista. Pierre non è un pellegrino e il suo viaggio non ha nulla di mistico, (non siamo, infatti, dalle parti del cammino di Santiago di Campostela) ma è un atto di espiazione, che ha come scopo quello di isolarsi dai clamori del mondo, per poter spazzare via i propri fantasmi e rimettere in ordine i cocci della propria vita. La scrittura filmica è piana. Imbert non punta all’avventura o ai colpi di scena e suggerisce che, per ritrovarsi, coraggiosamente, occorre stare da soli con se stessi.
Prodotto da Wanted Cinema sarà proiettato in anteprima il 30 settembre al Napoli Film Festival. Nelle sale dal 26 ottobre.
‘A passo d’uomo’ di Denis Imbert, ad ottobre nei cinema