Presentata al festival Visioni dal mondo la pellicola Return to Raqqa, diretta da Albert Solé e Raul Cuevas, rappresenta un chiaro atto di denuncia col fine di preservare non solo la figura professione del giornalista di frontiera ma l’intero nobile concetto di libertà di stampa.
L’opera prodotta da Minima Film è di chiaro stampo documentaristico e storico, in grado di inquadrare il dramma personale di Marc Marginedas, nel dramma collettivo della sanguinosa guerra civile siriana.
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Sinossi di Return to Raqqa
Il documentario segue la storia del giornalista spagnolo Marc Marginedas, rapito dallo Stato Islamico in Siria. Il reporter è uno dei diciannove giornalisti sequestrati dal gruppo terroristico nel 2013 ed è stato tenuto prigioniero per sei mesi prima di essere rilasciato.
Attraverso la storia di Marginedas, Return to Raqqa getta luce sui pericoli dei giornalisti che realizzano reportage dalle zone di conflitto e sui loro sacrifici alla ricerca della verità.
Si denuncia e ci si interroga sul ruolo dei governi e delle organizzazioni internazionali nel proteggere i giornalisti e nel garantire il loro ritorno a casa in sicurezza.
Le macerie di Raqqa
Tra partecipazione e rappresentazione…
Dal punto di visto critico, rifacendosi alla famosa classificazione di Bill Nichols (un celebre critico cinematografico americano), Retun to Raqqa si pone a metà tra un film e un documentario di carattere rappresentativo e partecipativo.
Le pellicole che rientrano nella prima modalità sono caratterizzate dalla predominanza dello sguardo soggettivo del protagonista e del regista, a conferma di ciò si pensi alle suggestive sequenze animante, realizzate da Oyeme! Studio.
Tramite l’elemento animato si ricostruiscono i duri giorni di prigionia di Marginedas, accompagnato dalle fotografie inerenti alla sua infanzia, mostrate all’inizio.
Tramite documenti, testimonianze e ricordi personali, Albert Solé e Raul Cuevas creano un profondo legame empatico tra il protagonista e lo spettatore. Per mezzo delle macchina da presa infatti siamo in grado di sentire e vivere ogni particolare del suo tragico sequestro, come se quest’ultima si sostituisse al suo sguardo.
Ma sarebbe riduttivo parlare di Return to Raqqa unicamente in questi termini, poiché nello svolgimento delle interviste Marginedas non si limita a porre domande ma molto spesso partecipa al dialogo orientandosi verso lo scambio culturale.
Ad esempio la conversazione, avvenuta dentro un campo profughi, con alcuni rifugiati sulla fede musulmana e le sue “devianze” ricorda il noto cine vérité di Rouch e Morin. Grazie alla suo spirito da giornalista Marginedas riesce a essere un protagonista più che attivo. Egli, non solo cattura la realtà, ma partecipa valorizzando l’intera esperienza documentaria.
Il carattere più descrittivo è invece affidato al commento fuori campo, di cui la cronaca non risponde a criteri di oggettività assoluta, ma risulta un elemento imprescindibile per l’aurea empatica che caratterizza l’intera opera.
Al contrario, la suggestiva colonna sonora di Martí Palma, orna il film completando la sua essenza drammatica.
Uno sguardo plurale
Lo svolgimento narrativo invece è una crasi composta da due linee narrative. La prima racconta il nuovo viaggio Marginedas in cui ritorna nei luoghi del suo rapimento. La seconda invece è narrata dalle testimonianze dirette dei suoi collaboratori e degli altri ostaggi, anch’essi giornalisti.
Tramite i racconti dei suoi colleghi ci viene illustrata una situazione emotivamente impattante, a discapito dell’oggettività del racconto viene posta fin troppo in secondo piano in alcune sequenze. Ad esempio, i carnefici dello Stato islamico vengono rappresentati in maniera semplicistica, come fossero gli antagonisti di un’opera di finzione.
Pecche emotive a parte, i due poli narrativi compongono una dialettica in cui abbiamo la possibilità di analizzare la figura di Marginedas da varie angolazione sia interne che esterne.
Conclusioni su Return to Raqqa
Return to Raqqa è un un documentario tanto complesso quanto affascinante, in grado di veicolare un forte messaggio di denuncia, in cui gli aspetti più emotivi sono comunque accompagnati da una solida descrizione di carattere giornalistico. Degne di nota risultano la modalità con cui Marginedas si interfaccia e partecipa alla realtà circostante e le affascinanti sequenze animante.
Possiamo considerare l’opera di Albert Solé e Raul Cuevas come un affascinante grido di speranza, grazie al quale la settima arte assume il suo legittimo ruolo sociale e politico, senza tralasciare la sua naturale essenza emotiva.
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