‘Anna’: la chiave per capire l’antitesi tra sviluppo e progresso
Un film che condensa con sorprendente naturalezza anime diverse e complesse, ma anche e soprattutto il ritratto di una donna dall'animo indomito che non accetta di farsi comprare . In sala dal 6 giugno
Dopo le Notti Veneziane delle Giornate degli Autori 2023, e il Festival del cinema di Poretta Terme arriva al cinema Anna, lungometraggio diretto da Marco Amenta e scritto insieme a Anna Mittone e Niccolò Stazzi, con la collaborazione di Tania Pedroni. Il film è prodotto da Eurofilm con Rai Cinema.
Distribuisce dal 6 Giugno Fandango.
PREMI
Mostra del Cinema di Venezia 2023 – Giornate degli Autori – Premio FEDIC
Festival del Cinema Mediterraneo di Montpellier – Premio del Pubblico
Porretta Terme film festival – Premio della Critica e del Pubblico
Lo Spiraglio Film Festival – Premio Miglior Film
Bella, selvaggia e magnetica come la natura incontaminata della sua Sardegna, Anna vive al ritmo del respiro della terra. Una terra che cura le sue ferite e nutre la sua anima. Le esperienze difficili che ha attraversato l’hanno segnata, ma non piegata. E oggi Anna è una donna libera che non vuole più avere paura. Nell’angolo remoto dell’isola dove gestisce la piccola fattoria che era del padre, il tempo sembra essersi fermato e la presenza di Anna con la sua energia erotica e il suo coraggioso rifiuto delle convenzioni ha la potenza di una mina pronta a esplodere. Quella terra aspra la protegge, fino al giorno in cui sarà lei a doverla proteggere dai mostri meccanici che vogliono violentarla. Salvare la bellezza e preservare la sua libertà si fondono nella battaglia di Anna, imponendole scelte difficili e rinunce dolorose. Perché niente può comprare il rispetto di se stessi e delle proprie convinzioni.
Identità e territorio
Era il 1973, cinquant’anni fa esatti, quando Pier Paolo Pasolini in un articolo inserito poi negli Scritti corsari sottolineava la necessità di operare una distinzione tra sviluppo e progresso. Due termini chiave del dibattito contemporaneo, fenomeni antitetici e talvolta inconciliabili, ma spesso considerati erroneamente sinonimi. Se il progresso ha come fine il benessere sociale a lungo termine, lo sviluppo è spesso frutto di logiche meramente economiche, cinicamente pragmatiche, figlie di un capitalismo feroce e disumanizzante. Il film di Marco Amenta, ispirato a una storia vera, introietta questa visione attraverso la lotta di Anna per salvare se stessa, la propria terra e le proprie radici da una società italo-francese che a suon di colate di cemento e di macchinari fragorosi minaccia il territorio e la cultura a esso legata.
Il progetto del nuovo albergo è avventato, irrispettoso, aggressivo e figlio della prepotenza del più forte verso il più debole. Un’espressione di quel “genocidio culturale” descritto da Pasolini, da parte di un capitalismo che distrugge identità e culture. Il cantiere viene mostrato da Amenta in modo quasi orrorifico, come un mostro in espansione che aggredisce la vita di Anna, serrandola sino a insinuarsi nei suoi spazi privati e persino nei sogni, durante notti sempre più minacciose e angosciose. Questa pulsione è integrata da uno dei topoi più importanti del western: il controllo sulla terra e il suo utilizzo, il tentativo del più grande di strapparla al più piccolo (pensiamo a Il cavaliere della valle solitaria, C’era una volta il West, I compari e non solo) e il contrasto tra la natura e una modernità che si fa strada con la violenza. Una suggestione alimentata dal rapporto simbiotico che lega la protagonista e il territorio della Sardegna, tanto che il suo respiro sembra fondersi con il rumore del vento e del mare e il corpo sembra nutrirsi del contatto con la terra.
Il racconto e una lotta dall’afflato così trasversale vengono condensati in una storia fortemente personale, che si esprime attraverso il volto di Anna e la sua ricerca di libertà. Dopo un passato che riemerge da stralci di conversazione e che rimane con vividi segni sul suo corpo, la protagonista non è più disposta ad accettare nessun tipo di briglia, compromesso o violazione e si oppone con feroce determinazione alla violenza che le viene perpetrata e che subdolamente penetra nella società stessa, svelandone storture e paradossi.
Anna è un film che riesce con sorprendente naturalezza e coesione a congiungere anime diverse e complesse, attorno alla protagonista interpretata ottimamente da Rose Aste e a un racconto che si nutre dei rapporti tra identità e territorio, tra passato e presente. Ma è anche, e soprattutto, il ritratto di una donna dall’animo indomito, che vive liberamente a contatto con la propria terra e le proprie origini e che non accetta di farsi comprare. Una donna che chiede rispetto e che lottando per i propri interessi lotta anche per scardinare una società maschilista.