‘L’expérience Zola’ di Gianluca Matarrese, l’amore tra palco e realtà
In un originale non-documentario, un'intensa storia d'amore s'intreccia con la messa in scena del romanzo di Zola innescando una riflessione sul confine tra realtà e finzione.
Quando reciti una scena d’amore con qualcuno, non ti viene mai il dubbio? È tutto qui, in una domanda sospesa tra innocenza e malizia, realtà e finzione, candore e seduzione, l’ultimo seduttivo film di Gianluca Matarrese, L’expérience Zola, evento speciale alle Giornate degli Autori al Festival di Venezia 80.
A porre il quesito, su cui si basa tanto lo sforzo concettuale del film quanto la sua potenza viscerale, è uno dei due protagonisti, l’attore Benoit, durante un provino con Anne, regista alle prese con l’adattamento teatrale de L’assommoir (L’ammazzatoio) di Émile Zola. Tutto vero, verissimo, praticamente falso: Anne Barbot, formatasi insieme a Matarrese alla École Internationale de Théâtre Jacques Lecoq, ha effettivamente lavorato alla trasposizione teatrale del romanzo dello scrittore francese. Proprio con Benoit (Dallongeville). Allora, l’idea: lavorare su quel dubbio. Laddove, cioè, il confine tra la finzione e il vero si fa poroso, si sfalda. Matarrese, infatti, intreccia la narrazione dei personaggi dello spettacolo con quella degli attori dietro le quinte. Il dramma di Zola e quello di Anne e Ben si mescolano nell’analogia dell’amore che trionfa e decade, che riempie e ferisce. Le battute del copione e le conversazioni intime, in un gioco di scatole cinesi (e ombre cinesi), fanno scivolare il quotidiano nella recitazione. Sta succedendo davvero? Poco importa, se fa male.
Esperienza ed esperimento, L’expérience Zola di Gianluca Matarrese è una riflessione sul confine tra verità e finzione ricca di riflessi di vita, in cui l’audacia intellettuale è bilanciata dalla carnalità della narrazione.
Il trailer de L’expérience Zola
L’expérience Zola è prodotto da Bellota Films e Stemal Entertainment. I produttori sono Dominique Barneaud e Donatella Palermo. Il Film è in sala Distribuito da Istituto Luce.
La trama de L’expérience Zola
Anne è una regista teatrale. Si è separata dal marito e sta cambiando casa. È spenta, senza desideri. Conosce Ben, vicino di casa servizievole e attore senza scritture. Lui la guarda con occhi appassionati, lei non vuole mai più legarsi a un uomo. Ma quando decide di mettere in scena L’Assommoir di Zola, è a lui che propone il ruolo di Coupeau, riservandosi quello di Gervaise. Man mano che la storia si sviluppa, il confine tra la vita reale e la rappresentazione teatrale si riduce sempre di più. Tra letture e prove, tra ricerca e studio, la realtà sfuma nella finzione e i due sembrano ripercorrere esattamente tutti i passaggi della storia di Coupeau e Gervaise, fino alla rovina.
Luci della ribalta (o ribaltare le luci)
La luce ci acceca. Faretti del teatro. L’incipit di L’experiénce Zola ci ricorda quanto sia facile oltrepassare il confine del reale: può bastare lo switch di un interruttore. Quando guardiamo Anne, ne siamo guardati. E siamo in due: i suoi occhi si rivolgono alla macchina da presa, al collega-regista di audiovisivi e narrazioni Gianluca Matarrese. Lo stile delle prime battute è quello delle interviste documentarie, campo che il giovane regista torinese, parigino d’adozione, conosce per esperienza e gloria. Con Fuori tutto, documentario su ascesa e dissesto finanziario della propria famiglia, era stato premiato al Festival di Torino (miglior film italiano). Proprio a Venezia, invece, La dernière séance era stato presentato alla Settimana Internazionale della Critica e aveva vinto il Queer Lion Award nel 2021. Larga circuitazione di prestigio hanno avuto anche Fashion Babylon (Hot Docs 2022 e oltre 20 festival internazionali) e Il posto (con Mattia Colombo, selezionato al Visions du Réel, ai David e ai Nastri). Ma L’expérience Zola, pur documentando, non è un documentario. Né inventando è una fiction. La sua ideale dichiarazione d’intenti è nelle lezioni che Anne fa ai giovani attori del suo atelier:
Per noi è importante indagare il reale e vedere come ci porta alla finzione.
O, come ancora si sente dire nel film, “nel mio caso la menzogna è dalla parte della verità”. Qui giace la sperimentazione del film: nella macchina da presa che trascorre inquieta negli animi dei personaggi e delle persone, fino a far dimenticare il formato filmico, né documentario, né fittivo (o entrambe). Annullate le prospettive codificate, restano ondate emozionali; in una lacrima di Anne, in un pugno sul tavolo di Benoit; sul palco, nella camera da letto; sotto il faretto, alla luce domestica dell’abat jour. È quello che in genere fanno le storie.
Ed io tra di voi
Meta-cinema, meta-narrazione o qualunque sia la meta, si può concordare sul fatto che esperimenti del genere non siano inediti. L’incastro di palco e realtà non può che far pensare a Synecdoche, New York (2008) di Charlie Kaufman. Ma per dirne una: persino l’ultimo di Moretti, Il sol dell’avvenire (2023), immaginato sul set di un film, è intriso di riflessioni liminari, tra arte e vita (con tanto di sberleffo di Nanni a Cassevetes). Il punto, però, è che bisogna cominciare a prendere atto di come Gianluca Matarrese sia diventato in poco tempo una delle voci artistiche più interessanti della propria generazione. Il palcoscenico delle Giornate degli Autori per L’expérience Zola è quanto mai appropriato. Perché di là del tema del film, l’espressione è fresca; il linguaggio è manipolato con controllo, eleganza, ma anche irriverenza. La camera a spalla si incolla ai corpi. I primi piani sono mobili e nervosi.
Anne e Benoit in una scena di L’expérience Zola
Alternando rapide sequenze e cancellando il contesto, il montaggio sempre acuto di Giorgia Villa (insieme allo stesso regista) produce un effetto spaesante: si è al teatro o a casa di Anne? Ovunque sia quel lì, chiunque siano Anne e Ben – che trasfigurano costantemente nei personaggi di Zola – noi ci siamo: tra di loro. Verità a prescindere, anche sotto la luce artificiale.
Un dramma ad arte
Ed ecco perché, si diceva, con tutte le ambizioni intellettuali che si propone, tra letteratura, teatro e cinema, come arte vera, L’expérience Zola è a suo modo bello da far male. C’è un indizio di genuinità – ma anche un segno artistico distintivo: scusate per il continuo rimescolamento – che chi conosce l’opera di Matarrese può facilmente cogliere a inizio film: come in altre opere precedenti, c’è un trasloco, un momento di passaggio. Anne vien fuori da un altro dramma amoroso e cambia casa. C’erano traslochi anche in Fuori tuttoe La dernière séance. Anche qui è un trascorrere sulla sutura, sul cambio di vita, sulla ferita non cicatrizzata. Per poi sdrucciolare sull’amore che rigenera e che uccide, un amore-ammazzatoio.
L’expérience Zola, Benoit si contorce nel dolore
È un nodo significativo del film, questo nodo alla gola da cui si è presi seguendo la storia di Anne e Ben, ma anche il loro travestimento da Gervaise e Coupeau. L’expérience Zola è un dramma tesissimo. L’intensità della scena in cui Anne e Ben provano per la prima volta un brano da L’assommoir è impressionante (pur impressionistico: un abbozzo, un accenno prolungato). Così anche la descrizione letteraria che Zola fa di Parigi, sovrimpressa a immagini della città contemporanea. In un ec-cesso di verità, Anne e Ben provano una scena nell’intimità domestica persino mentre lei è sulla tazza del water.
È dunque un continuo scarico di emozioni, in osmosi tra romanzo, palcoscenico e settima arte. Il cinema, cioè. Ma quale? Documentario o di finzione? Importa poco: specialista di suture e oltrepassamenti, Matarrese invita a passarci sopra. Molto meglio passare dentro, sembra dirci: nelle storie, fino alle viscere, dove nemmeno conta più se sia vero o falso. Applausi all’Autore, lo spettatore ringrazia dell’esperienza.
L'expérience Zola
Anno: 2023
Durata: 102'
Distribuzione: Luce Cinecittà
Genere: Sperimentale, drammatico
Nazionalita: Francia, Italia
Regia: Gianluca Matarrese
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