Die theorie von Allem (La teoria del tutto) è stato presentato in concorso all’80esima edizione del Festival del Cinema di Venezia.
Il film di Timm Kröger, co-sceneggiatore e regista, si cela allo spettatore, non si vuole far comprendere appieno. Resta ambiguo dietro a una facciata stilistica tipica dei film classici anni ‘30.
Die theorie von Allem: Sinossi
1962. Johannes partecipa a un convegno di fisica in un hotel tra le Alpi svizzere col suo relatore di dottorato. Si attende con impazienza l’intervento rivoluzionario di uno scienziato iraniano sul tema della meccanica quantistica, ma lui e la sua chiacchierata “teoria del tutto” tardano a farsi vedere.
Mentre gli invitati cercano di ingannare l’attesa con cene eleganti e uscite sugli sci, Johannes fa la conoscenza della pianista Karin, una misteriosa donna che sembra conoscerlo molto bene.
Quando un fisico tedesco viene ritrovato morto, un’inconsueta formazione di nuvole fa la sua comparsa nel cielo. Karin scompare senza lasciare traccia. Johannes comincia a credere che la soluzione a tutti questi enigmi possa nascondersi nelle profondità della montagna.
Die theorie von Allem: la recensione di Taxi Drivers
Qualsiasi siano le vostre aspettative prima della visione, sarete messi alla prova e quasi sicuramente smentiti.
Ciò che vediamo accadere sullo schermo è il passato di Johannes, dottorando in fisica che ha scelto per la sua tesi una teoria inusuale, che spiegherebbe l’esistenza di “universi paralleli”.
Questa teoria la si apprende durante i primi minuti del film, quello che sarebbe il presente. Una scena semplice ma che funge da importante chiave di lettura per tutta la pellicola, o per lo meno come bussola per non perdersi.
Infatti Die theorie von allem avanza in modo ambiguo, e non è semplice collegare i vari avvenimenti tra loro. Le domande affiorano ma le risposte non arrivano.
da sinistra: Jan Bülow, Hanns Zischler, Paul Wolff-Plottegg , Gottfried Breitfuss.
É uno dei quei film che non vuole farsi capire. Siamo in balia degli eventi come il protagonista, o forse di più, anche a causa del modo in cui procede la narrazione.
Lo stile infatti riprende fortemente quello dei classici in bianco e nero: lunghe inquadrature fisse, lenti carrelli, dissolvenze incrociate che mostrano lo scorrere del tempo, e una costante colonna sonora di archi e fiati.
Potrebbe sembrare un thriller hitchcockiano moderno. Tuttavia alla fine il mistero non viene risolto.
Durante la visione non è mai chiaro, e mai lo sarà, cosa è vero e cosa no. Anzi, si potrebbe sia smentire che confermare ogni cosa.
Conclusioni
Die theorie von allem è un film che sicuramente apprezzeranno in pochi, i più curiosi e resistenti, messi a dura prova da una pellicola che forse nasconde più di quello che sembra.
Una scena del film.
Indubbiamente è un titolo interessante, che rischia di essere dimenticato a causa dell’eccessiva lentezza e dei troppi enigmi.
In sala però è stata un’esperienza unica. Kröger è riuscito a creare un’atmosfera tesa e onirica, un cortocircuito densissimo per lo spettatore. Per chi riuscirà ad andare oltre la superficie dura e respingente, resterà un titolo impresso a lungo.