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Giornate degli Autori

‘Il Popolo delle Donne’: un docu-film che aiuta a capire la violenza maschile contro le donne

Una vera e propria lezione della dott.ssa Marina Valcarenghi, alle Giornate degli Autori, spiega le cause storiche di violenze e femminicidi in relazione alla progressiva affermazione sociale delle donne.

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La XX edizione delle Giornate degli Autori di Venezia si è davvero impegnata quest’anno, e gliene va riconosciuto onore al merito, a promuovere ed attenzionare importanti tematiche legate alla parità di genere, all’empowerment femminile nel mondo del cinema, nonché ad ‘oggetti’ scottanti come quello della violenza  nei confronti delle donne, mediante incontri mirati, proiezioni dedicate e ospiti illustri, oltre che con numerose opere e interventi di registe donne in programma.

 Di particolare attualità e di notevole interesse, fra gli altri eventi, il film-documentario Il Popolo delle Donne (60’, Italia, 2023) del regista ravennate Yuri Ancarani (classe 1972, già noto per Atlantide), selezionato alla XX edizione delle Giornate degli Autori di Venezia e proiettato in una Sala Laguna sold-out, alla presenza del regista e dell’esperta, protagonista assoluta del documentario, la dottoressa Marina Valcarenghi, psicoterapeuta e psicoanalista, con un passato nel giornalismo e nella politica negli anni Sessanta e Settanta e con quarantacinque anni di lavoro clinico alle spalle. Fra le prime a lavorare come psicoanalista in carcere e a proporre la psicoanalisi come strumento terapeutico e risocializzante nei penitenziari di Opera e di Bollate a Milano, la Valcarenghi ha operato per dodici anni nei reparti di isolamento maschile, in gran parte con detenuti  sex-offenders, cioè persone condannate per reati di violenza sessuale.

Il ‘Popolo’ delle donne, quello che per ultimo ha raggiunto (e non ovunque) l’autonomia.

È lei a raccontarci cosa accade nelle relazioni psico-sociali della storia antica e recente fra uomini e donne, di una storia millenaria di soggezione e violenza nei confronti delle donne che non può in pochi decenni di emancipazione e conquiste (dagli anni Sessanta) far cambiare una mentalità maschile, familiare e patriarcale radicata e spesso anche inconscia: ci vuole tempo e l’alleanza degli uomini già amici ed alleati. Parla,  da psicoanalista e da donna, di cose che si conoscono ma non  fino in fondo, presenta casi clinici, approfondisce, spazia e affonda, toccando lo spettatore nel profondo, con un modo semplice, diretto e comprensibile a tutti nel raccontare fatti, frasi e modi di pensare che vorremmo fossero scomparsi per sempre e che fa male sapere quanto siano ancora vivi e diffusi.

Il docu-film è incentrato sul lungo racconto (una vera e propria lezione) della dottoressa Valcarenghi agli studenti dell’Università di Milano. Dalla sua narrazione emergono i principali ingredienti della costruzione della violenza fisica e psicologica nei confronti delle donne nella storia del nostro Paese, dell’attuale crisi dell’identità maschile e della necessità che anche le donne, dal canto loro, si comportino da combattenti, contrastando la violenza fin dal suo nascere (tante accettano molestie o primi segnali di violenza), prendendo consapevolezza della grande responsabilità che ciascuna donna ha verso se stessa, verso le altre  e verso le giovani generazioni, anche denunciando, laddove necessario sebbene difficilissimo, i casi ad esempio di violenza sessuale. Quello delle donne è il ‘popolo’ la cui autodeterminazione è giunta più tardi di tutti gli altri, anche dei neri d’America.

Per molte donne attraversare un processo per violenza sessuale è difficilissimo, con giudici che fanno domande specifiche sull’atto subito entrando in dettagli dolorosi davanti a tutti i convenuti: pure, secondo Valcarenghi, è qui che iniziano la rinascita, la risalita, l’elaborazione del fatto: le leggi ci sono, bisogna farle applicare,

Il ruolo di responsabilità delle donne nel respingere la violenza

Il discorso della Valcarenghi, inoltre, con prove scientifiche, empiriche e testimoniali, esplora ed evidenzia il rapporto fra la crescente affermazione sociale delle donne e l’aumento della violenza sessuale maschile. Quanto più il mondo delle donne, ancora inevitabilmente insicuro e spesso fragile di fronte all’uomo, al suo potere di affermarsi con la forza fisica e psicologica, viene tuttavia alla ribalta, tanto più si acuisce la violenza insofferente di una parte del mondo maschile, un fenomeno che sembra all’opposto di altre interpretazioni e riflessioni condotte anche in ambito scientifico. Ma non ci si deve stupire, perché è la paura l’emozione che domina i violenti e il movente principale della violenza. La paura di perdere terreno, potere e controllo sulla donna e di cederle il ruolo di comando da sempre in mani maschili. Dobbiamo riconoscere ‘quella’ paura.

Dall’esperienza del lavoro  clinico in carcere, ancora in corso, la Valcarenghi ha potuto raccogliere moltissimo materiale (tra cui testimonianze in tribunale e nei colloqui clinici) ed osservare come, nonostante le lotte per l’emancipazione e la progressiva conquista di autonomia economica e sociale, l’insicurezza femminile nei confronti degli uomini sopravviva, e come essa sia legata a doppio filo all’affermazione delle donne nella vita pubblica.

Il Popolo delle Donne è prodotto da Dugong Production, con il supporto di Comune di Milano, PAC Padiglione d’Arte Contemporanea e ACACIA – Associazione Amici Arte Contemporanea Italiana, e distribuito da Barz and Hippo.

Immagini, voci, ascolto e psicoanalisi

«È un film fatto sì di immagine, ma soprattutto di voce – racconta il regista . Ho passato molto tempo a Venezia per la lavorazione di Atlantide (suo film precedente n.d.r.) e ho avuto a che fare con ragazze e ragazzi minorenni. Lì è nata un’amicizia con Marina Valcarenghi, ottantenne psicoanalista milanese che da giovane organizzava, con il fratello, il Festival Popolare al Parco Lambro. Marina, che dirigeva la rivista «Re Nudo», ha lavorato sui diritti delle donne, portando nelle carceri di Opera e Bollate la psicanalisi, parlando con stupratori, assassini e studiando come pochi altri in Italia in tema della violenza di genere. Spesso durante i nostri incontri emergevano questi argomenti per niente facili anche solo da ascoltare, e dato che sono sempre stato interessato a muovermi in territori pericolosi, ho pensato di restituire questa sua conoscenza in un film che, a differenza di altri miei lavori, non riguarda tanto ‘un luogo’ ma un argomento.”

Yuri Ancarani è un video artista e film-maker italiano. I suoi lavori sono stati presentati in numerose mostre e musei nazionali e internazionali, tra cui: PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano,  MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, Kunstverein Hannover, Castello di Rivoli, Manifesta 12 (Palermo), Kunsthalle Basel, Biennale di Venezia, CAC Centre d’Art Contemporain Genève, Centre Pompidou, Hammer Museum (Los Angeles), Palais de Tokyo (Parigi). I suoi film sono stati selezionati in numerose manifestazioni, tra cui: Festival di Locarno, Viennale, Mostra del Cinema di Venezia, Festival di Rotterdam, IDFA di Amsterdam. Ha inoltre ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui: Premio speciale della giuria CINÉ+ (Cineasti del presente a Locarno), cinque nomination per Cinema Eye Honors, Museum of Moving Image (New York); Grand Prix in Lab Competition al Festival di Clermont Ferrand. Nel 2022 è stato finalista con Atlantide per il miglior documentario ai David di Donatello.

 

  • Anno: 2023
  • Durata: 60'
  • Distribuzione: Barz and Hippo
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Yuri Ancarani

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