‘Dario Argento Panico’ Intervista a Simone Scafidi
A Venezia80 il primo documentario sulla vita di Dario Argento. La leggenda dell’Horror italiano si racconta e il regista Simone Scafidi ci svela i retroscena.
Quest’anno, per la prima volta nella sua lunghissima e illustre carriera, Dario Argento ha calcato il tappeto rosso del più importante festival cinematografico italiano. A portare il maestro dell’horror al Festival del Cinema di Venezia non è stata una sua nuova opera, bensì il documentario del regista Simone Scafidi che ripercorre, con una narrazione emotiva e sagace, la sua vita spericolata.
Dario Argento Panico è un film che ‘fa giustizia’ portando al Lido le luci e soprattutto le tante ombre della carriera di uno dei registi più importanti del cinema italiano, colpevolmente ignorato dal principale palcoscenico del nostro Paese per troppo tempo. Di questo delicato compito si è fatto carico Simone Scafidi, già autore di un’altra biografia su un maestro dell’horror italiano, Fulci For Fake.
Di seguito i passaggi più importanti e stimolanti della conversazione avuta con il regista, dal rapporto con Dario Argento al futuro del cinema (non solo horror) italiano.
Dario Argento Panico: il momento giusto
Instaurare un rapporto con Dario Argento: com’è stato?
“Dario Argento è una persona molto disponibile. Si presta molto ai suoi fan e non si tira indietro quando si tratta di partecipare a un festival, anche minore. Conoscendolo ho poi scoperto una persona molto cordiale e spiritosa. Naturalmente essere protagonista di un film sulla propria storia è tutt’altra cosa. Devo dire però che è stato molto semplice convincerlo. Io e la produttrice Giada Mazzoleni abbiamo avuto un primo colloquio con lui a distanza e ci ha detto subito di sì, non ci conosceva ma ha capito che era un film ambizioso. Volevamo da subito raccontare l’uomo che è Argento, non solo il suo cinema, e credo sia stato questo a convincerlo”.
“Durante le riprese il rapporto fu molto piacevole, era sempre attento e disponibile, proponeva le sue idee e assecondava le nostre richieste. Il film inoltre ha avuto un periodo di riprese piuttosto lungo. Stare al passo con le agende degli intervistati, alcuni di loro molto famosi (Refn, Del Toro, Noé), non era semplice, ma questo periodo è stato molto utile per arricchire sempre di più il film, mentre lo si faceva”.
Si può dire che questo fosse il momento giusto per raccontare la sua storia?
“Una volta finito il film fu mandato al festival, gli chiesi se lo volesse vedere ma lui preferì aspettare la presentazione di Venezia. La sua fiducia è stata assoluta, non ci chiese mai di omettere nulla dal film nè di aggiungerlo, nonostante sia a tratti molto duro e intimo. Emergono le sue qualità ma anche le sue debolezze, quelle di un essere umano. Argento ha saputo costruire intorno a lui un personaggio ben preciso: quello del regista che lotta con i propri demoni interiori e li manifesta nelle sue opere e questo era l’unico modo per cercare di spiegare l’uomo che c’è dietro, che era poi l’ambizione di questo film”.
“Come dice Franco Ferrini, persone come Argento o Tim Burton senza il cinema sono uomini comuni. Dario Argento, e nel film lo dice, vuole essere amato e sa che il cinema è il mezzo con cui questo gli riesce, ma essere amati significa anche essere idolatrati, essere famosi. Verso la fine del film dice anche un’altra frase, cioè che fa i suoi film per fronteggiare le sue paure interiori. Sono due concetti opposti ma strettamente legati, le due facce del cinema e della persona di Dario Argento”
“Quindi, sì, questo film è arrivato al momento giusto. Su Argento è stato scritto e fatto tanto, ma un film del genere ancora non esisteva. Ci sono star internazionali di un’altra generazione che si sono ispirate a lui e ci sono altri con cui invece ha lavorato; poi c’è la sua famiglia. Penso che questo film, per lui, sia stato qualcosa che aspettava, un progetto che ha abbracciato con entusiasmo”
Dario Argento e il rapporto con la sua famiglia
Com’è stato invece entrare in contatto con la famiglia?
“La famiglia è importantissima per Argento. Dai genitori, fino alle sue figlie: Asia e Fiore sono persone molto diverse e nel ritrarle lo abbiamo voluto sottolineare. Fiore è molto a contatto col padre e appare quasi solo in dialogo con lui, mentre Asia è lontana. Come lei stessa ammette, è lo specchio del padre. Credo che Asia sia stata fenomenale nel sobbarcarsi il peso di raccontare a fondo quello che è stato il loro rapporto sia come padre e figlia, sia come regista e attrice. Non a caso a un certo punto del film Argento quasi scompare dalla scena e lei ne diventa protagonista, entra nel film e racconta delle cose tangibili, vere, estremamente intime”
“Nonostante tutto questo, Dario non ha mai fatto una piega durante la proiezione, anzi ha capito l’importanza di farsi raccontare per come è davvero, senza metterlo su un piedistallo come una sorta di divinità da idolatrare. Credo che a 83 anni avesse bisogno proprio di questo.”
Il regista Guillermo Del Toro in una scena di ‘Panico’
I capitoli della vita di Dario Argento
‘Il film si sofferma sulla persona mettendo in scena caratteristiche tematiche del suo mondo creativo: isolamento, sdoppiamento, panico…’. Com’è nata l’idea di questa divisione in ‘temi’ che richiamano le caratteristiche di Dario Argento e del suo cinema?
“In parte è stato tutto pensato sin da subito, siamo partiti dalle basi del documentario, talking heads, archivio, interviste… poi però, come è stato con Zanetti Story o Fulci For Fake, c’era bisogno di una chiave di volta e con Panico l’ho trovata nell’immagine che Argento ha creato intorno a lui. Abbiamo seguito Dario in un hotel dove va per scrivere il suo prossimo film perché è quello che fa davvero quando scrive. Allo stesso tempo, però, non volevo creare situazioni orrorifiche, non volevo scimmiottarlo in alcun modo, nulla in Panico tenta di ricalcare l’estetica di Argento”
“È curioso pensare che in questa edizione del festival di Venezia ci sono stati film di Polanski, Cavani, Allen… registi che hanno bene o male l’età di Argento, e nel film mi sono soffermato molto su questo aspetto della sua psiche: sa bene di non essere prolifico come un tempo ma continua ad avere dentro quel demone”.
“Tante cose quindi le avevamo bene in mente, altre sono cambiate in corso d’opera. Ad esempio la presenza di Cristina Marsillach, che reputo fondamentale nel film, non era nell’idea originale perché si vociferava non scorresse buon sangue tra i due dai tempi di Opera. Alla fine l’abbiamo chiamata e il suo apporto è stato unico, sono cose che non si possono prevedere”.
Tramandare il mito
Quanto è importante mantenere viva, anche grazie a prodotti come questo documentario, la memoria del lavoro fatto da Dario Argento? Può condizionare il cinema futuro?
“Paniconon è un film didattico ma emotivo. Non cambierà nulla nella percezione che il mondo ha del cinema di Argento, ma penso possa cambiarla per come il mondo ha sempre visto la sua persona, ed è questo lo scopo del film. Va detto poi che si tratta di una produzione inglese, non italiana; quindi in un certo senso è stato pensato come un film per il pubblico internazionale, che desse lustro al cinema italiano e di Argento in particolare”
“Per quanto riguarda la ‘memoria’ è un argomento complesso. Mi chiedo spesso quale sia il vero valore di un film. Il cinema italiano ha una storia importantissima, quello che è stato fatto negli anni ’60 e ’70 in Italia non lo cambierei per nient’altro, ma bisogna mettersi in testa che quel cinema non esisterà più. Dobbiamo fare qualcosa di nuovo e i grandi maestri possono ispirarci nelle idee ma non si può pensare di poterli replicare. Il cinema resta un qualcosa di ciclico e tornerà il nostro momento”
Vuoi mettere in gioco le tue competenze di marketing e data analysis? Il tuo momento è adesso!
Candidati per entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi Drivers