Dall’80esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, arriva al cinema il particolare The BeastLa Bête(The Beast) di Bertrand Bonello, con Léa Seydoux e George MacKay. Siamo nell’ambito della fantascienza, dentro il quale la pellicola naviga rischiosamente, non riuscendo a mantenere lo stesso ritmo per tutti e 146 minuti di durata.
In sala dal 21 Novembre , Distribuzione I Wonder Pictures.
Liberamente ispirato allo scritto di Henry James, The Beast in the Jungle vanta una coppia di protagonisti inedita e affascinante, composta dalla francese Léa Seydoux e dal britannico George MacKay – che è andato a prendere il posto di Gaspard Ulliel, precedentemente selezionato per il ruolo e al quale il film è dedicato.
The Beast -La Bête | La trama
Gabrielle Monnier (Seydoux) sta facendo un provino da attrice. Il green screen permette di scoprirne le potenzialità espressive. La donna, si sta prestando, in realtà, a un esperimento, dal quale dovrebbe uscire “liberata” dalle emozioni. Queste ultime, infatti, sembrano essere ormai diventate un ostacolo piuttosto che un privilegio.
Bisogna scegliere tra lavoro ed emozioni.
La vediamo in tre epoche diverse – 1910, 2014, 2044 – mentre affronta questioni legate all’amore e ai sentimenti, oltre che alla quotidianità. Nel suo raggio d’azione gravita sempre un giovane uomo, di nome Louis (MacKay). Tra i due c’è senza dubbio qualcosa, ma fino all’ultimo tutto resterà sospeso. Soprattutto perché una terribile minaccia sembra gravare su Gabrielle…
Potenza visiva ma zero emozioni
La pellicola firmata da Bonello possiede una potenza visiva ineccepibile. Ciò che le manca, probabilmente, è l’umanità che avrebbe permesso allo spettatore medio di entrare nella storia. Vero pure che, la trama, nel suo essere, racconta di un universo dove le emozioni vengono accantonate. In tal senso, va notata una certa coerenza narratologica.
L’amore, cuore pulsante di La Bête, assume molteplici significati, dal desiderio alla morte, dalla rovina alla libertà. I protagonisti ne attraversano le fasi, mentre passano da un’epoca all’altra. Ovviamente, anche loro cambiano con il tempo, come se il loro bagaglio di esperienze si appesantisse fuori dallo schermo.
Liberi di interpretare
Più maturi, più esperti, più consapevoli, si rincontrano vestendo, ogni volta, panno differenti. Ma l’attrazione resta forte e inevitabile. E sempre fatale. Nonostante ci debba essere un significato profondo dietro le scelte di Bonello, forse ispirate dal testo letterario da cui prende spunto, l’interpretazione di ciascuno è libera di spaziare da un lato e dall’altro.
La bestia del titolo è una rappresentazione dell’amore? Siamo destinati a restare soli? Si può vivere senza emozioni? Di domande se ne accavallano tante, mentre vengono sollevate questioni su cui riflettere, quali l’intelligenza artificiale, la paura, il dramma della perdita. Se a un livello puramente superficiale La Bête può colpire per la sua struttura e per lo stile, andando a scavare tra le pieghe della narrazione si può trovare anche di più.
Posso far finta di aver paura.
Ma viene richiesto uno sforzo non indifferente al pubblico, lasciato un po’ in balia degli eventi e del loro succedersi in maniera non convenzionale. I salti temporali non aiutano, ma sono ben scanditi, peccato però che il ritmo ne subisca delle conseguenze, risultando alquanto piatto e andando a inficiare la fruizione.
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