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‘Incontro di notte’: frammenti e dilemmi del vivere, preludio ai temi cari alla Cavani.

Il primo cortometraggio (1960) della grande regista italiana, Leone d’Oro alla Carriera a Venezia 80, proiettato come evento speciale alla 38. Settimana Internazionale della Critica.

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Un’edizione importante, l’80. della Biennale del Cinema di Venezia, che celebra non solo l’autorevole anniversario raggiunto, ma anche alcune personalità del cinema che ne hanno accompagnato la crescita. Fra queste, a pieno diritto, c’è Liliana Cavani, la regista originaria di Carpi, classe 1933, la quale, compiuti i 90 anni, continua a stupire ed a girare film, con lo sguardo lucido e originalissimo che ha contraddistinto il suo lavoro fin dagli anni Sessanta. Il Festival di Venezia le conferirà proprio quest’anno, non a caso, il Leone d’Oro alla Carriera, oltre a presentare nella sezione Fuori Concorso il suo nuovo film, L’ordine del tempo, attesissimo dal pubblico e dalla critica, liberamente ispirato al volume dello scrittore e fisico Carlo Rovelli (Adelphi, 2017).

Inoltre, la SIC Settimana Internazionale della Critica, giunta alla sua 38a edizione, ha inserito nel suo ricco programma, come raffinato omaggio alla Cavani ed alla sua lunghissima carriera, il primo cortometraggio da lei scritto e diretto, Incontro di Notte, realizzato dalla regista, ancora studentessa, nel biennio accademico del Centro Sperimentale di Cinematografia 1959-1961.

Il cortometraggio, della durata di 10 minuti, in bianco e nero – che sarà presentato prima delle proiezioni del film di apertura della SIC come evento speciale, Dieu est une femme (God is a woman),  di Andres Peyrot – già sembra contenere alcuni degli elementi che caratterizzeranno la poetica e l’estetica dell’autrice.

Incontro di Notte: due anime e il suono del tempo sospeso

Un singolare incontro, fuori dalla porta di un night club, quello fra un giovane uomo ubriaco (Romano Ghini) ed un musicista senegalese (Ababakar Samba), anche lui piuttosto ebbro, con ancora in mano la tromba con cui suona qualche nota malinconica: il loro avvicinarsi casuale, accomunati dal bere, dalla notte e da un’inquietudine passeggera ed esistenziale al tempo stesso, diventa più intimo quando il giovane italiano, che parla con aria sognante della moglie che lo attende, invita a casa sua il musicista e lo fa entrare in punta di piedi fin nella sua camera da letto, mostrando la bellezza della donna che dorme serenamente (l’attrice Annabella Incontrera). Quando la moglie si sveglia pian piano, il marito si volta verso la porta ma il musicista è scomparso e, dalla finestra, in lontananza, si ode il suono di una tromba solitaria.

La sospensione del tempo e la tensione creata fra i personaggi, pur in un intervallo così breve (i 10 minuti del cortometraggio), evidenziano già l’abilità della Cavani nel far crescere attese narrative e tensioni non necessariamente risolte o compiute, e la capacità di delineare protagonisti ambigui ed irrisolti, in perenne ricerca, tormentati, anticonformisti, sfuggenti alle definizioni e alle etichette. Proprio come Liliana Cavani, una regista visionaria e anticipatrice dei tempi, che ha saputo attraversare quasi un secolo di cinema e di storia con la stessa indomabile vitalità, umana ed artistica, degli inizi del suo percorso, negli anni Sessanta, quando essere una donna regista non era certo impresa facile, senza mai concedere nulla allo star system, mantenendo integra la sua voce di intellettuale indipendente.

Uno sguardo anti-dogmatico, non allineato, refrattario ai compromessi

“Con Venezia ho un grande legame – ha raccontato la regista in un’intervista all’ANSA – da quando vinsi nel 1965 con il documentario ‘Philippe Pétain: processo a Vichy’: non ritirai neppure il premio, ero in vacanza molto lontano e stavo bene dove ero. Ma sono molto felice e grata oggi alla Biennale di Venezia per la sorpresa bellissima del Leone alla Carriera”. L’artista, che ha ricevuto anche il David di Donatello alla Carriera nel 2012, ha partecipato molte altre volte al Festival di Venezia con film originali e inattesi, quali ‘Francesco d’Assisi’ (1966), ‘Galileo’ (1968), ‘I cannibali’ (1969), fino a ‘Il gioco di Ripley’ (2002) e ‘Clarisse’ (2012).

Il suo è sempre stato un pensiero anticonformista – ha affermato Alberto Barbera,  direttore della Mostra, parlando della Cavani e del Leone d’Oro conferitole dal Cda della Biennale, su sua proposta – libero da preconcetti ideologici e svincolato da condizionamenti di sorta, mosso dall’urgenza della ricerca continua di una verità celata nelle parti più nascoste e misteriose dell’animo umano, fino ai confini della spiritualità. I personaggi dei suoi film sono calati in un contesto storico che testimonia una tensione esistenziale verso il cambiamento, giovani che cercano risposte a quesiti importanti, soggetti complessi e problematici nei quali si riflette l’irrisolto conflitto fra individuo e società. Il suo è uno sguardo politico nel senso più alto del termine, anti-dogmatico, non allineato, coraggioso nell’affrontare anche i più impegnativi tabù, estraneo alle mode, refrattario ai compromessi e agli opportunismi produttivi, aperto invece a una fertile ambiguità nei confronti dei personaggi e delle situazioni messe in scena. Una feconda lezione che è insieme di estetica e di etica, da parte di una protagonista del nostro cinema, che ne definisce la perenne modernità”.

  • Anno: 1960
  • Durata: 10'
  • Distribuzione: CSC
  • Genere: Cortometraggio
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Liliana Cavani