Anno: 2012
Distribuzione: Bim Distribuzione
Durata: 129′
Genere: Drammatico
Nazionalità: Francia/Spagna
Regia: Benicio Del Toro/Pablo Trapero/Julio Medem/Elia Suleiman/Gaspar Noé/Juan Carlos Tabio/Laurent Cantet
La nota azienda produttrice del rum Avana Club ha finanziato, in collaborazione con due partner, la produzione di questo film che si compone di sette storie, curate dallo scrittore cubano Leonardo Padura. Lo scopo dell’operazione è quello di dare un’immagine della Cuba del 2011, senza nascondere le contraddizioni di una società in perenne crisi economica. Nei sette racconti vediamo la prostituzione diffusa, le inefficienze dello stato e le difficoltà di sbarcare il lunario, ma anche l’inventiva, il coraggio e la collaboratività dei cubani. E rispetto all’obiettivo dichiarato si può affermare che i sette registi siano riusciti a raggiungerlo, sebbene la struttura a capitoli non facilita la drammaturgia complessiva del film.
Il racconto del regista cubano Juan Carlos Tabio, Dulce amargo, è quello che riesce a rendere con più immediatezza il clima del paese, con personaggi che si fanno amare anche per le loro contraddizioni e la loro incapacità di essere eroi puri. Elia Suleiman realizza il suo cortometraggio in perfetto stile Suleiman, interpretando se stesso e portando sulla scena la sua netta scelta di campo, che sia l’ANP palestinese o il governo di Castro, ma sempre con stupore, malinconia e dubbiosità, come di chi si senta costretto dagli eventi a forzare la sua natura mite, solitaria e scettica. Laurent Cantet racconta una storia tipicamente cubana, mostrando la capacità del popolo di reagire agli eventi e di cooperare nelle emergenze (che non mancano mai). Da segnalare, oltre all’esordio (non disprezzabile) di Benicio del Toro alla regia, la presenza, come attore, del regista serbo Emir Kusturica che interpreta, benissimo, se stesso, in una bella storia di amicizia, fatta di piccoli gesti e di poche parole.
Il product placement del rum cubano è chiaro e tondo, anche se non viene quasi mai proposto come bevanda “salvifica” ed è, anzi, spesso associato a situazioni non piacevoli. Ma si deve pur sempre tener conto che l’azienda che lo produce è per metà di proprietà dello stato cubano che ha più interesse a far conoscere il proprio paese ed attrarre turismo piuttosto che esaltare il consumo smodato di alcol. E la libertà di espressione di cui sembrano aver goduto i registi fa emergere un quadro di Cuba fatto di chiaroscuri, senza santi né eroi ma con tanta umanità che fa davvero venir voglia di andarci su quell’isola abitata da uomini e donne che soffrono per la loro indigenza e certamente desiderano il nostro livello dei consumi, ma lo reputano un motivo ancora insufficiente per perdere il diritto ad autodeterminarsi.
Pasquale D’Aiello