Presentato alla Biennale Di Venezia nella sezione Orizzonti, Yurt è un film di Neir Thuna.
Nel cast Doğa Karakaş, Can Bartu Arslan, Ozan Çelik, Tansu Biçer, Didem Ellialtı, Orhan Güner, Işıltı Su Alyanak.
Biennale Cinema 2023 | Yurt (Dormitory) (labiennale.org)
Yurt la trama
1997, le tensioni tra turchi religiosi e laici sono in aumento. Il quattordicenne Ahmet viene mandato dal padre recentemente convertito, in un dormitorio islamico, uno “yurt”, per imparare i valori musulmani. Ahmet lavora duramente per essere il figlio perfetto. Non vuol contraddire il padre ma ha grande difficoltà ad adattarsi al dormitorio e a convivere fra i ragazzi dello Yurt. Non solo è costretto a subire le angherie del responsabile del dormitorio, ma si sente isolato anche nella sua scuola laica, dove nasconde la sua nuova casa ai suoi compagni di classe. Il suo unico conforto è un nuovo amico , Hakan, un ragazzo intelligente che sa come sopravvivere al dormitorio ma che nasconde un profondo dramma personale. Fra i due, provenienti da diversi contesti sociali, si instaura un rapporto di fratellanza e sincera complicità.
Intanto i Yurt sono sempre più visti come luoghi di diffusione dell’estremismo islamico e perciò spesso controllati dalla polizia e attaccati da manifestazioni anche violente. Ahmet si trova dunque a vivere tra due realtà, sostenuto unicamente dall’amore sincero della madre e del suo amico Hakan.
Yurt la recensione
Col suo claustrofobico bianco e nero Yurt si apre già con un conflitto: religioso, culturale, interiore. Le due vite di Ahmet mostrano nell’immediato la loro incompatibilità. Da una parte la Scuola, la lezione di inglese, il mondo moderno, l’apertura, dall’altra lo Yurt col suo portone di ingresso consunto, i corridoi angusti, i letti a castello e le vecchie scarpe accatastate. Il nuovo fa capolino con gli abiti eleganti di Amhet , le sue di calzature, lucide e pulite, il detersivo profumato comprato al supermarket. Nella prima parte il film di Thuna prosegue alternando momenti tratti dalle due realtà opposte vissute da Ahmet e mostrandole con occhio quasi poco più che da documentarista. Vediamo i due volti della società turca, e intuiamo quelle che sono le sensazioni di frustrazione vissute da Ahmet, ma inizialmente non assistiamo quai mai a sue vere prese di posizione . Traspare in lui uno stato di confusione generale, il tentativo di sforzarsi in ogni modo di comprendere il padre, le sue idee e convinzioni nonché il desiderio di preservare l’immagine infantile del loro legame.
Consapevolezza
In realtà Yurt si rivela ben presto un vero dramma, ma un dramma silenzioso. Vengono a galla torture fisiche e psicologiche, sotterranee indicibili violenze, forti disagi culturali, fanatismo esasperato, insanabili divari intergenerazionali e familiari.
Il film non si limita a mostrare soltanto il modo di vivere dello Yurt, ma trasmette soprattutto l’idea del conflitto tra Essere e Dovere, tra un Io già definito e l’imposizione all’abbandono del proprio passato, tra legge e inclinazione naturale.
Ahmet vive il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, scopre il valore dell’amicizia grazie ad Hakan e conosce l’Amore con l’arrivo di una nuova compagna di classe dalle fattezze angeliche. Ma ogni cosa appare come imprigionata, racchiusa fra le mura del dormitorio dove Amhet è costretto a ritornare ogni giorno, impossibilitato ma anche incapace di vivere le sue 4 stagioni.
Ribellione.
Cos’è la vita
senza l’amore
è solo un albero
che foglie non ha più
e s’alza il vento
un vento freddo
come le foglie
le speranze butta giù
Mi sento una farfalla
che sui fiori non vola più
che non vola più
che non vola più.
Una parvenza di libertà coincide con l’abbandono del Bianco e nero. Il colore, caldo, improvviso, galvanizzante, giunge a dare nuova vita ad Amhed e Hakan, mostra i loro occhi chiari e lucenti, i loro volti luminosi, i loro 14 anni.
Fuori dallo Yurt la farfalla blu spicca finalmente il volo con la voce roca di Nada che l’accompagna. Il mare li attende, afferra i loro sogni di fuga e ricchezza , il desiderio di riscatto di Hakan, la paura e insieme la voglia di voltare le spalle alle leggi e alla severità opprimente.
Il Paese dei balocchi è però solo un giro di giostra e mostra in breve tutta la sua inconsistenza. La favola finisce su una zattera , nel silenzio della notte che rivela dolorosa la realtà delle loro vite troppo lontane. Le persone non sono tutte uguali aveva imparato Ahmed appena arrivato allo Yurt e quello che per lui poteva essere solo un gesto di ribellione verso la famiglia rischia di provocare ad Hakan la perdita dell’unica casa che aveva.
Specchio di una società spaccata in due da profondi dissidi religiosi e culturali, la pellicola di Nerir Thuna è anche e soprattutto un film che sa raccontare un Addio: addio al Sogno, addio all’infanzia , addio all’innocenza.
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