Parteciperà al concorso dedicato ai documentari del Ortigia Film Festival, L’avamposto di Edoardo Morabito, al Cinema con Cinecittà Luce, racconta una realtà incredibilmente affascinante, dalla quale dipende il futuro dell’umanità intera.
Il film nasce come una sorta di omaggio alla figura di Christopher Clark, verso il quale l’autore sembra avere un debito di riconoscenza, oltre che una stima e un affetto profondi. Nel corso dei quasi 90 minuti di durata, lo spettatore viene immerso in un universo altro, magico e simbolico, che altro non è se non la foresta amazzonica.
L’avamposto | La trama del documentario
Christopher Clark era un uomo come tanti, almeno all’inizio della sua esistenza. Scozzese di origini, trovò nella foresta amazzonica e nei popoli del posto ciò che possiamo abitualmente chiamare casa. E proprio quella casa divenne la sua causa. Dopo aver tirato su un vero e proprio “avamposto del progresso“, modello di una società ideale, Chris decise di dedicare la sua vita alla salvaguardia e al benessere di quel luogo.
Inutile sottolineare quanto fosse cruciale la sua “crociata”, cominciata alla giovane età di 23 anni, quando cambiò radicalmente tutte le sue abitudini, oltre che l’indirizzo di residenza. Impegnato a rendere gli abitanti quali i guardiani della foresta, modificando anche le loro di abitudini, e a far sì che il governo riconoscesse Xixuau una riserva permanente, l’uomo veniva definito un eco guerriero. Durante la sua lotta, tentò di coinvolgere persino i Pink Floyd, per un concerto di beneficenza…
Questa è la musica perfetta per cercare di salvare l’Amazzonia.
Passione al servizio della foresta amazzonica
Sebbene si ponga come un classico documentario, L’avamposto si compone, in realtà, di varie sfumature. E lo rendono un’opera piena di passione, di slancio e di insegnamenti utili a tutti. La questione ambientale è al centro della storia. Ma, nel sottolinearne l’importanza, viene fuori anche una descrizione precisa di un mondo che ci è stato donato e che stiamo, purtroppo, distruggendo.
Attraverso la voce e i ricordi di Chris, si viene condotti alla scoperta di ciò che significa vivere nella foresta amazzonica. E si percepisce, al tempo stesso, l’importanza di proteggerne l’equilibrio e l’ecosistema. Se l’acqua del fiume può togliere la sete e i caimani si aggirano indisturbati senza aggredire gli uomini, è davvero possibile immaginare quel luogo come un paradiso in Terra. O, meglio, come un’immensa biblioteca, dalle stanze infinite, impossibile da conoscere per intero.
Siamo condannati alla civiltà.
Ecco, allora, che la rabbia di Chris si fa sentire. Quando racconta dei due giorni che lui e gli indigeni hanno impiegato per spegnere un incendio. Il fuoco che brucia e che rade al suolo fa parte della Natura, ma non se qualcuno va di proposito a gettare fiammiferi accesi.
Tra sogni e ideali
Al suo secondo film, Morabito racconta qualcosa di molto personale. Un rapporto sincero e indelebile con colui che, prima di diventare un amico, era un modello di riferimento, una fonte di ispirazione. Con la macchina da presa, ha seguito Chris durante il suo incredibile progetto: coinvolgere i Pink Floyd per un concerto dove si sarebbero riuniti e avrebbero fatto in modo di raccogliere soldi per l’Amazzonia.
Le varie tappe portano protagonisti e spettatori a comprendere i rischi, le dinamiche, l’importanza di una simile idea. Idea che va a sostenere un ideale. Di ostacoli nella vita se ne incontrano sempre tanti, ma il modo in cui si tenta di superarli è ciò che ci definisce. Ne sapeva qualcosa Chris, così come Edoardo e come chiunque abbia creduto in (e seguito) un sogno.