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Conversation

‘La Bella Estate’ conversazione con Laura Luchetti

La scoperta del corpo femminile e del mondo sensuale sono al centro de La Bella Estate con cui Laura Luchetti continua a raccontare la poesia della gioventù

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laura luchetti la bella estate

Da un racconto di Cesare Pavese La Bella Estate racconta l’educazione sentimentale di una ragazza che diventa donna attraverso la scoperta del proprio corpo. Del film abbiamo parlato con la regista Laura Luchetti. 

Presentato in anteprima mondiale al Festival del cinema di Locarno e dal 24 Agosto nelle sale italiane, La bella estate è il nuovo film di Laura Luchetti, distribuito da Lucky Red. Realizzato con il contributo della Torino Film Commission. 

Crediti: foto di Laura Luchetti

La bella estate di Laura Luchetti

Come in Fiore Gemello anche ne La Bella Estate continui a esplorare l’universo giovanile attraverso un altro viaggio alla scoperta di se stessi e del mondo.

In questo caso a essere messa a fuoco è la ricerca di una ragazza e del suo desiderio. Declinato al femminile, il desiderio è stato poco raccontato dal cinema nonostante si tratti di una caratteristica universale. Pavese lo narra in maniera sublime, facendoti vedere il mondo come lo può guardare una ragazza giovanissima. Nel libro Ginia ha sedici anni mentre noi l’abbiamo pensata un po’ più grande. Il film racconta la scoperta di sé e di questo corpo che inizia a farsi avanti con i suoi desideri, in una realtà di uomini predatori. Una compagine, quella maschile, descritta da Pavese con una ferocia che ho cercato di smussare per renderla meno dura. A rimanere inalterata invece è la visione degli uomini schiavi del proprio ruolo e dunque pronti a diventare predatori quando la realtà gliene offre la possibilità.

In questo senso l’incontro con il corpo maschile cessa di essere il terminale del discorso amoroso nel momento in cui Ginia, dopo averne fatto esperienza, lo esclude dalla sua vita per ricongiungersi con la sua metà femminile.

Infatti questa non è una storia d’amore, ma di un processo di innamoramento. Quello che succederà alle ragazze quando usciranno dal bosco dove si sono rincontrate mi piace lasciarlo allo stato d’animo dello spettatore. L’ultima sequenza pone delle domande che danno a ognuno la possibilità di immaginare quel futuro. In un mondo con delle norme molto specifiche la ragazza si innamora di Guido fino a quando, dopo aver fatto l’amore, capisce che in qualche maniera ha tradito i propri sentimenti. Ne La Bella Estate c’è anche il racconto della cosiddetta “prima volta” che abbiamo descritto senza i soliti romanticismi, esasperando attraverso l’assenza del suono il movimento meccanico dei corpi che si sbattono uno con l’altro. Mi ha fatto piacere sapere che molte donne vi si sono riconosciute: anche loro come Ginia costrette a prendere atto di una realtà molto meno poetica di quanto si aspettavano.

Non a caso l’immagine successiva all’amplesso tra Ginia e Guido vede la protagonista, ancora sdraiata sul letto, entrare in empatia con la solitudine dell’insetto posato sulla parete del muro mentre il ragazzo intento a dipingere è già passato oltre.

Esatto, è proprio così.

L’inizio del film

C’è una scena a inizio film che rischia di passare inosservata nonostante sia una premessa fondamentale per il continuo della storia. Mi riferisco al primo piano del manichino, corpo neutro a cui il film attraverso Ginia cercherà di dare forma. In questo caso il collegamento con il corpo di Ginia è più che evidente.

Sei l’unico ad essertene accorto e mi fa molto piacere perché, come dicevi, si tratta di una premessa fondamentale per poter leggere il film in profondità. Peraltro facciamo riferimento a un “corpo” che lei veste da sola e di nascosto con gli avanzi di stoffa, dunque a un’azione di lì a poco destinata a ripetersi nel suo viaggio di scoperta personale.

Anche il fatto di posare come modella va in direzione di una consapevolezza ricercata nella corrispondenza tra lo sguardo degli altri e quello proprio. In questo senso La bella estate mi ha ricordato Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson per il modo in cui i protagonisti sublimano l’eros e per il rapporto tra il corpo e i suoi simulacri. 

Mi fai un grande complimento. Nel corso del film lo sguardo degli altri si confronta con quello di Ginia. A chi le chiede se lavora come modella lei risponde che fa anche cartamodelli. Non a caso l’umiliazione si verifica quando uno dei pittori, dopo averne spiato il corpo nudo, la apostrofa dicendole: “anche tu sei diventata una modella”. Come a dire che anche lei alla fine è stata posseduta, diventando una creazione di altri. A me interessava far vedere i cambiamenti del corpo di Ginia perché in una donna sono molto più evidenti che negli uomini. Quello di Ginia è un corpo prorompente che io cerco di far spiccare in uno specchio più piccolo del normale e in una vasca che non riesce a contenerne la figura. D’altronde tutti vogliamo essere visti: le foto sui social lo testimoniano. La rappresentazione non è un problema solo femminile ma universale. Sulla predominanza dello sguardo hai così ragione che durante la lavorazione avevamo addirittura pensato di intitolare il film Lo sguardo di Ginia.

Le immagini ne La bella estate di Laura Luchetti

Raccontando l’ineffabile al tuo lungometraggio non era sufficiente la messinscena classica tipica del film in costume. Tu riesci ad andare oltre, assegnando alle immagini il compito di raccontare i non detti. In tale ottica La Bella Estate è un film molto cinematografico.

È assai difficile tradurre per immagini un romanzo di Pavese. Non è un caso che nessuno ci abbia provato tranne Michelangelo Antonioni con Le amiche. I suoi racconti sono fatti di sensazioni, emozioni, evocazioni. Spesso la trama lascia il posto a un continuo gioco di sguardi per cui la difficoltà è stata quella di dargli un’ossatura. L’atelier, per esempio, non è presente nel libro. Si dice che Ginia vi lavora ma non viene mai esplorato mentre a me serviva farlo per parlare della crescita della protagonista e della sua caduta.

L’atelier con le sue vetrate d’epoca è il luogo della luce, quello della storia ufficiale e della omologazione sociale. A differenza dello studio dei pittori, chiuso verso il mondo esterno e scarsamente illuminato, come deve essere il luogo della perdizione, spazio proibito di cui non si deve neanche parlare. A separarli è il lago, con il suo paesaggio naturale pronto ad accogliere l’epifania di Amelia, ovvero di colei che è destinata a far entrare in conflitto i due mondi. Rispetto alla compostezza lacustre che ne caratterizza l’inizio, il film procede con una progressiva frammentazione visiva e del montaggio, utile a testimoniare il deragliamento di Ginia.

La crescita è anche deragliamento. Soprattutto quando si è ragazzi è necessario perdersi per poi ritrovarsi. Lei e il fratello sono molto giovani in una città dalle mille trappole e questo fa sì che si debbano smarrire per poi ricongiungersi. Lo sviluppo del loro rapporto è una mia licenza poetica. Nel libro Severino è molto severo mentre il film ce lo mostra ombroso, ma presente, preoccupato per le sorti della sorella di cui capisce prima degli altri il travaglio. Sarà lui a dirle che nonostante la mancanza di Amelia deve andare avanti evitando di restare nel dolore. Le storie tra fratello e sorella sono poco raccontate mentre a me piaceva esplorare il mondo di questi due ragazzi che vengono dalla campagna e che hanno due visioni diverse della città.

Città e campagna

La dialettica tra città e campagna appartiene da sempre alla poetica di Pavese. All’interno di questa c’è quella che, attraverso la comunità dei pittori e, in particolare, dello studio in cui li vediamo dipingere, contrappone la società ufficiale a quella alternativa, in un periodo in cui la storia d’Italia doveva fare i conti con il potere del regime fascista.

Avevamo in mente un’idea classica di quello studio poi quando ho visto il palazzo dove abbiamo girato mi sono detta che i pittori erano degli squatter ante litteram, capaci di occupare quello spazio senza chiedere il permesso a nessuno. Lo studio è così diventato una sorta di antro, polveroso e buio come lo sono i luoghi dimenticati.

La sequenza che introduce il personaggio di Amelia è per certi versi simile – a cominciare dal paesaggio naturale – a quella in cui il personaggio di Monica Bellucci irrompe nella vita della protagonista in Le Meraviglie di Alice Rohrwacher. Vestite di bianco e precedute da una liturgia di persone entrambe sono destinate a portare a galla tensioni da tempo represse.

Nel libro Ginia e Amelia si incontrano in una balera mentre a me interessava rappresentare una natura foriera di pericoli. Amelia appare in perfetta armonia con quel contesto ed è questo che cattura lo sguardo di Ginia, ignara che la ragazza sia un animale di città.

Le due protagoniste

La prima scena che le vede insieme all’interno del bar è significativa dell’esclusività del loro rapporto. Separate dal resto degli avventori e inginocchiate sotto il bancone del locale Ginia e Amelia dichiarano da subito l’esclusività del loro rapporto.

Hai descritto così bene il significato di quell’immagine che non devo aggiungere altro.

Anche la differenza tra i corpi delle due attrici racconta il rapporto tra i loro personaggi. Il corpo minuto di Yile Yara Vianello trova in quello più alto e vistoso di Deva Cassel un’accoglienza e una protezione che è un po’ il tratto principale del loro rapporto.

Sì, mi piaceva molto vedere come Ginia si arrampicasse sul corpo di Amelia. Mi sembrava una gestualità rivelatrice del sentimento che prendeva forma dentro di lei.   

Volevo tornare per un attimo sulla scena dell’amplesso tra Ginia e Guido. L’improvvisa assenza di suono segna un momento di cesura della storia, significando che dopo quel momento la realtà per la ragazza non sarà più come prima.

Per molte donne la prima volta è stata tutt’altro che bella. Al termine della proiezione molte si sono riconosciute nella condizione di Ginia. L’Hollywood Report ha scritto che per una volta il film non ha venduto una versione caramellata di quell’esperienza. La Bella Estate la racconta come davvero è, oltre a dirci di come Ginia esca delusa da quella esperienza.

Il ballo

La scena del ballo tiene fede alla scrittura di Pavese. Anche tu infatti riesci a raccontare il mondo delle due ragazze attraverso le sensazioni che scaturiscono dal contatto dei corpi. La mdp le isola dal resto del mondo assecondando la sinuosità delle loro figure. Senza bisogno di proferire parola la sequenza è esplicativa del loro amore.

Quel momento rappresenta la scena d’amore che non c’è nel film. Racconta di un mondo sospeso, reale o forse soltanto desiderato in cui si dicono delle cose che possono sentire solo loro due. Di fatto sono in mezzo alla balera, ma è come se non fossero più lì. In quella rappresentazione è significativo l’utilizzo della musica, pensata da Francesco Cerasi, autore della splendida colonna sonora, come se quella fosse la voce di Ginia. In generale la musica è stata creata per raccontare i non detti della protagonista per cui non è un caso se fino a tre quarti della storia si sente solo un piano e dopo c’è addirittura un’orchestra. Il crescendo emotivo di Ginia trova corrispondenza nell’andamento del tono musicale.

Subito dopo attraverso un montaggio frammentato interrompi la linearità narrativa con una serie di salti spazio temporali in cui la discontinuità delle immagini corrisponde allo stato d’animo di Ginia, sgomenta della complicità tra Amelia e il suo accompagnatore.

Lì anche il suono è importante perché il rumore delle macchine da cucire che aumenta con l’immagine di Ginia sedute sulle scale rappresenta lo smarrimento e il dolore della ragazza. La delusione di non poter dare seguito al suo amore per Amelia si confronta con la necessità dell’amica di doversi affidare al dottore che la dovrà curare.

laura luchetti la bella estate

Una scena molto poetica è quella in cui le due ragazze si baciano rimanendo in bilico su un tronco d’albero appoggiato a terra. In quell’immagine riesci a condensare l’esistenza delle protagoniste, in bilico tra il prima e il dopo della loro vita.

Loro sono proprio così, Ginia abituata a vivere in campagna e dunque a suo agio nella natura, Amelia molto meno. La vediamo fare fatica a salire sull’albero ma insieme e un p0′ alla volta riescono a trovare il loro equilibrio.

Vari livelli

La Bella Estate racconta Ginia attraverso diversi livelli di percezione. Uno di questi sicuramente è quello che riguarda il suo rapporto con il lavoro. Anche quest’ultimo come la musica va di pari passo con la condizione della ragazza. Così se la scoperta di sé trova corrispondenza nel riconoscimento del suo talento creativo, altrettanto capita nel momento in cui la ragazza è costretta a rinunciare ai suoi sogni. Sul piano formale il ritorno all’orine e alla normalità è cristallizzato dalla scena in cui la vediamo declassata a donna delle pulizie, intenta a mettere a posto ciò che gli altri hanno lasciato fuori posto.

La tua è una ricostruzione davvero bella. Peraltro in quel frangente c’è un passaggio molto veloce ma significativo in cui Ginia ritrova la mantella del vestito che le era stato commissionata all’inizio del film. Lei la piega e la mette via, a significare la necessità di ritornare sui propri passi, mettendo ordine alla propria vita.

Il film ci parla anche attraverso dettagli come può essere il colore degli abiti. In questo senso a fare da cornice al percorso esistenziale di Amelia è il bianco dei vestiti che gli fai indossare all’inizio e alla fine della storia, tratteggiandone una purezza che la società non le riconosce.

Come le donne di oggi Amelia è condannata ad apparire più forte di quello che è. Nonostante la vita non sia così semplice la vediamo pronta a reagire con energia agli ostacoli che le si pongono davanti. Il suo personaggio l’abbiamo raccontato in maniera subliminale, senza rivelare molto del suo presente. Di fatto avevo una scena in cui Ginia l’andava a trovare scoprendo che viveva in una casa poverissima ma ho preferito non metterla per non raccontare troppo.

Hai ricostruito il cote della Torino del 1938 alternando campi lunghi ad altri molto stretti, privilegiando architetture d’epoca bellissime ma poco conosciute come l’Ospedale Militare di Torino dove hai ricostruito l’atelier di moda in cui lavora Ginia.

Sono davvero sorpresa che tu lo abbia riconosciuto. A me serviva un luogo fatto di vetro e metallo perché volevo lavorare sulle trasparenze della città. Quando la location manager me lo ha fatto scoprire mi è sembrato di vedere Ginia correre dentro quel tubo di vetro. Da quel momento l’ospedale con la sua struttura architettonica è diventato parte integrante della storia. Sono davvero contenta della mia scelta e penso che dopo di me anche altri useranno la sua scenografia.

Il cast de La bella estate di Laura Luchetti

In un cast di giovanissimi tutti molto bravi spicca, nella parte di Ginia,Yile Yara Vianello. A lei affidavi una parte non semplice in cui gli sguardi e il corpo avevano il compito di raccontare quello che le parole non potevano dire.

Yile è un’attrice di formidabile naturalezza, abituata a stare a contatto con il suo corpo e con la natura che da sempre fa parte del suo background personale. Con lei abbiamo fatto un lavoro minuzioso sul body language: sul suo modo di camminare e spostare la testa e di accavallare le gambe perché prima di me era stata abituata a recitare personaggi molto simili a lei mentre ne La Bella Estate doveva diventare una donna di un’altra epoca senza ricorrere ad alcuna scimmiottatura. È andata a scuola di cucito e, insieme a Deva, a quella di danza per interpretare al meglio la scena del ballo. Con lei e gli altri ragazzi abbiamo lavorato su reazioni che non sono state messe in scena ma che li hanno aiutati a fare gruppo e a capire il romanzo. Così facendo Yile si è completamente trasformata portando in scena la naturalezza del suo essere selvaggia.

Peraltro è molto brava a dare forma al senso di scoperta e allo smarrimento che si ha di fronte alla scoperta della propria femminilità.

A me piaceva parlare del desiderio femminile e del desiderio delle donne di essere amate che per anni sono stati considerati come qualcosa di cui vergognarsi. Ginia è molto libera come lo sono i personaggi del libro di Pavese che racconta di ragazzini di sedici anni liberi di stare fuori casa anche di notte. Da parte mia c’è stata la volontà di mettere in scena lo scioglimento del pregiudizio di Ginia nei confronti di se stessa. Di guardare altri nudi per capire meglio il proprio. Per questo motivo nelle immagini non c’è voyeurismo né sfruttamento del corpo femminile.

Deva Cassel aveva un ruolo che faceva da tramite tra lo sguardo di Ginia e quello degli altri. Come hai accennato la sua è una presenza concreta, ma anche eterea.

Il suo era un personaggio molto complicato e molto moderno poiché lei è una donna che cerca di essere se stessa, con le proprie fragilità, e al tempo stesso di mostrarsi dura anche nelle situazioni più complicate. Nel libro di Pavese è spesso nuda e vittima dello sguardo maschile mentre, essendo il mio un racconto di trasformazione, l’ho mostrata sempre coperta. Deva è una ragazza giovanissima, ma molto intelligente, sempre in ascolto e pronta a imparare. È stato bello lavorare con lei.   

La Bella Estate di Laura Luchetti

  • Anno: 2023
  • Durata: 111'
  • Distribuzione: Lucky Red
  • Genere: drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Laura Luchetti
  • Data di uscita: 24-August-2023