‘Caccia al killer: Ted Bundy’. Sul serial killer più famoso d’America
Daniel Farrands avvia la doppietta di thriller biografici con un film sul noto serial killer statunitense Ted Bundy, con Chad Michael Murray nel ruolo del protagonista. Disponibile su Sky e NOW TV dal 10 agosto 2023
Caccia al killer: Ted Bundy (Ted Bundy: American Boogeywoman nella versione originale) è un film di genere thriller/crime del 2021 diretto da Daniel Farrands. Il film anticipa la doppietta cinematografica del regista sui serial killer americani. Seguirà, nello stesso anno, Caccia al killer: Monster, sulla giovinezza di Aileen Wuornos, la donna condannata e giustiziata per 7 omicidi nel 2002.
Questo primo capitolo è incentrato sulla storia – e il profilo – di Ted Bundy, l’uomo più temuto e ricercato dell’America degli anni ’80. Sulle tracce dell’omicida ci sono due detective: Kathleen McChesney per conto della polizia di Seattle e Robert Ressler, agente dell’FBI che ha coniato il termine “serial killer”.
Chad Michael Murray interpreta Ted Bundy, Holland Roden è l’intrepida poliziotta e Jake Hays è il giovane profiler del governo. Nel cast sono presenti molte giovani attrici nelle vesti delle vittime del killer. La pellicola è prodotta da 1428 Films in collaborazione con Green Light Pictures.
Caccia al killer: Ted Bundy è disponibile su Sky e NOW TV dal 10 agosto 2023.
Caccia al killer: Ted Bundy, la trama
Ted Bundy (Chad Michael Murray) è un uomo affascinante e misterioso. Nella prima scena lo vediamo all’opera, mentre cerca di predare una delle sue vittime. Ricercato in più di uno Stato, il killer sembra il volto umano dell’America degli anni ’80: decadente, isolata, fragile.
Dai plurimi disagi psichici ed incapace di fermarsi, l’omicida lascia dietro di sé numerose piste. In taluni, fortunati casi non riesce nei suoi intenti e le vittime sopravvivono. Agguerritissima e tenace, la poliziotta Kathleen McChesney (Holland Roden), motivata da un dolore di radice familiare, non si dà pace. Vuole trovarlo a tutti i costi. L’affianca l’agente alle prime armi Robert Ressler (Jake Hays), in una caccia all’uomo senza precedenti.
Caccia al killer: Ted Bundy, la recensione del film
Il film di Daniel Farrands è il ritratto di un serial killer in azione. Come abbiamo scritto per il secondo capitolo sui “mostri” d’America, la pellicola si inserisce appieno in una scia che combina i generi crime, thriller e biografico. La scelta di focalizzare il racconto su un solo personaggio, le cui vicende si basano su fatti reali, e di farlo interpretare al brillante Chad Michael Murray, sa essere un escamotage riuscito, per quanto prevedibile, di creare appeal per lo spettatore che si accinge a visionarlo.
La storia di Ted Bundy è pressoché conosciuta, infatti il lungometraggio non intende sondarla. L’attenzione è rivolta ai pensieri e al modo di agire di un uomo dai connotati personologici agghiaccianti, senza tuttavia alcun tentativo di tracciare un profilo psicologico del killer. La voce fuori campo di Bundy, probabilmente resoconto delle sue confessioni, contribuisce a sottolineare la natura morbosa dei suoi istinti, ma non aggiunge molto al racconto. Anzi, lo sfibra dell’atmosfera inquietante che, invece, sa aggiungere adeguatamente l’interpretazione di Chad Michael Murray.
Chad Michael Murray in una scena del film.
L’assassino avvicina le sue vittime, spesso le segue per studiare il momento migliore per intervenire, le attira con l’inganno e poi imperversa sui loro corpi. Ha rivelato di aver ucciso 30 donne, la polizia sospetta che ne abbia assissinate oltre 100. Nel film assistiamo ad un omicidio dopo l’altro. Nonostante i telegiornali e le iniziative collettive volte ad instillare prudenza nei concittadini, Ted Bundy si muove indisturbato a mietere martiri. L’incedere della pellicola insiste su questo schema, probabilmente per alimentare il senso di angoscia nello spettatore. Eppure quello che emerge è un’insistenza didascalica, a tratti voyeuristica, di un’angolazione narrativa affrontata a sufficienza sin dall’inizio. Il concetto di serialità omicida, coniato dall’agente Robert Ressler, è in ogni caso reso a dovere.
Sullo stile di Daniel Farrands
Che piaccia o meno, lo stile di Daniel Farrands è riconoscibile quanto folkloristico. L’utilizzo della traccia sonora, il posizionamento della cinepresa, il gioco di luci e ombre che va a creare sembrano scolastici, ma funzionano. La pellicola è disseminata di scene in cui si sta con il fiato sospeso od anche di piccoli jumpscares che strizzano l’occhio all’horror.
Eppure, le variazioni artistiche operate nel tessuto narrativo fanno vacillare la tenuta complessiva del racconto. Si tratta di un rischio probabile quando si decide di agire in libertà su materia vissuta e già ampiamente raccontata. Questo è visibile ad “occhio nudo” soprattutto a chi conosce o si è documentato sulla storia, che non faticherà a rinvenire numerose incongruenze. La scelta, inoltre, di inserire nella trama un’eroina è quantomeno bizzarra, se non di dubbio gradimento. Pareggiare i conti sulle quote “rosa” della vicenda? Fornire allo spettatore un ritratto femminile di successo, che controbilanci le numerose vittime di Buddy? La scelta di questo stravolgimento della storia vera rimane un assoluto mistero.
Conclusioni
Bundy fu giustiziato sulla sedia elettrica nel braccio della morte di Raiford (Florida) nel gennaio del 1989. Prima di iniziare, affermò: «dite alla mia famiglia e ai miei amici che gli ho voluto bene». In molte interviste ha fatto intendere che considerasse gli omicidi come i suoi casi di successo. Finora, la sua storia ha ispirato 9 film.
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