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Locarno Film Festival

A Locarno 76 il Pardo d’onore a Harmony Korine e ‘Gummo’ ritrovato

Il Festival svizzero conferisce il riconoscimento alla carriera al regista statunitense, spiazzante maestro del cinema indie e sperimentatore dell’audiovisivo, proiettando due film rappresentativi

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La 76a edizione del Locarno Film Festival accoglie nel lustro Harmony Korine (1973), rivoluzionario ex enfant prodige del cinema americano e autore di un cinema anarchico, controverso e stralunato; gli si conferisce il Pardo d’onore Manor, già attribuito in passato, tra gli altri, a due ispiratori del regista, come Jean-Luc Godard e Werner Herzog, quest’ultimo fautore di Korine fin dall’uscita di Gummo, lungometraggio d’esordio. Un talento poliedrico che ha navigato anche tra altri linguaggi multimediali e artistici come il videoclip, la pubblicità, la pittura, la fotografia, imprimendo sempre il suo stile inconfondibile, obliquo e radicale.

Oltre alla cerimonia di premiazione, Locarno 76 ha permesso di riscoprire il suo estro libero e anticonformista con la proiezione di due film selezionati e presentati al pubblico in sala proprio dallo stesso cineasta: Gummo (1997), ancora troppo misconosciuto in Italia, e Spring Breakers (2013) con James Franco e Selena Gomez, il suo maggior successo di cui ricorre quest’anno il decimo anniversario dalla sua scandalosa uscita che ne rese ben presto una pellicola di culto.

Un cineasta in assonanza con la natura del Festival

Così l’accorato pubblico della maestosa Piazza Grande decreta il suo omaggio al regista di Spring Breakers, con il premio alla carriera, consegnatogli da un ospite a sorpresa, l’amico fraterno Gaspar Noé, altro alfiere del cinema visionario e disturbante. Sul palco il direttore artistico del Festival, Giona A. Nazzaro, introduce il Pardo d’onore, riconoscimento decretato a personalità “capaci di spingere i territori del cinema oltre l’ordinario” , con tali parole:

Ci sono registi che girano solo film seguendo le regole stabilite e poi ci sono personalità come Harmony Korine che inventano con ciascun film nuovi mondi. Questo è quello che pensiamo debba essere il cinema indipendente: creativo, audace, all’avanguardia, sovversivo, anticipatore, al servizio di altri territori inventivi. E in questo Harmony Korine è stato una stella polare.

Il regista, sorridente ed emozionato, che sul volto maturo conserva ancora lo sguardo brillante e sornione del ventenne dirompente che fu, commenta:

Ogni giorno in cui giro film, mi sveglio al mattino e penso come lottare per lavorare al meglio: è importante sapere che qualche volta è la finzione stessa a produrre l’arte. Ero un ragazzino quando ho cominciato a girare dopo la scuola superiore, ho dedicato tutta la mia vita a questo e apprezzo molto essere qui ora con questo riconoscimento, mi fa sentire ancora così giovane, almeno relativamente.

 

‘Gummo’,  Nietzsche tra i bassifondi

La precocissima carriera di Korine prende avvio con una pellicola imprescindibile nella storia del cinema indipendente a stelle e strisce, Kids (1995) di Larry Clark, di cui fu sceneggiatore, affresco crudamente realistico e allucinato della generazione X nel sottobosco alternativo di New York, tra tossicodipendenza e sesso promiscuo.

Con Gummo (1997) si affacciò con corrosiva intraprendenza come aspirante autore nella produzione a basso budget: una pellicola dal taglio sperimentale, grezzo, diretto, su gruppi di adolescenti annoiati e problematici della middle class nell’America più profonda e operaia. Ancora una volta un’opera che sconvolse critica e spettatori per le azioni amorali dei suoi protagonisti, come uccidere gatti randagi (rigorosamente con fittizi effetti di scena, N.d. R.), sniffare colla, far prostituire una ragazza disabile, ricevere sgradite avances da un adulto.

Cinema antinarrativo, sporco e sbieco, non conciliante ma mai gratuitamente provocatorio o morbosamente licenzioso, Gummo esamina in posizione interessata e trattenuta la tragicità del vivere nelle derive nichiliste di fine millennio, nel serpeggiante malessere inestricabile di una gioventù senza orientamento genitoriale, nella noia esistenziale senza giustificazioni in appello.

Nella semidistrutta città di Xenia in Ohio, dove è ambientato il film a seguito di un tornado che ha inondato la città con rifiuti materiali e derelitti sociali, Korine scova il grottesco nella bizzarria, la genuinità nel disordine, la verità nell’improvvisazione, l’iconoclastia nell’anormalità, ma anche la tenerezza e l’umorismo non complici nell’innocenza dei suoi protagonisti senza direttive, appiattiti dall’eterno ritorno del nulla.

L’indipendenza regna sovrana

All’uscita di Gummo (presentato alla Settimana internazionale della critica alla Mostra di Venezia, con menzione speciale al premio FIPRESCI) a lungo i recensori si sono prodigati nel rintracciare riferimenti ad altri film e influenze autoriali, additando Diane Arbus, John Cassavetes, Gus Van Sant (altro estimatore del debuttante Korine), ma, come ha dichiarato lo stesso regista, Gummo fu girato all’insegna dell’originalità più emancipata, aprendo altri orizzonti produttivi e maneggiando un linguaggio antihollywoodiano di non classicità. E già il titolo inconsueto è un omaggio alla devianza dal sistema, perché Gummo fu uno dei fratelli Marx che prestò si disunì al gruppo comico per intraprendere altre strade professionali.

Riprese video sgranate, montaggio frantumato, scrittura centrifuga: la poetica della rottura dell’artificio e quella del divagante (come la vita stessa) esplodono nella loro sincera purezza sullo schermo, grazie anche a collaborazioni fidate, tra cui una compagine di interpreti dai volti inediti di irregolare e nascosta bellezza, la presenza ispiratrice dell’emblema del cinema indie Chloë Sevigny (qui agli esordi del suo sodalizio professionale e sentimentale con Korine) e una colonna musicale avvolgente ed eclettica, dal pop al black metal passando per il grindcore.

Un ribelle su tavola a rotelle

Alla conversazione con il pubblico presso il Forum Spazio Cinema moderata da Manlio Gomarasca e Gaspar Noé,  Harmony Korine, che mantiene intatta la sua battuta educatamente sarcastica e si presenta all’incontro in outfit godardiano (occhiali da sole e sigaro), commenta così Gummo:

Il film ha un valore simbolico con il tornado che rappresenta il disagio dei ragazzi; ho scelto la città di Xenia, anche se le riprese si sono svolte a Nashville, perché quell’evento atmosferico colpì veramente il luogo e per un gruppo locale di skateboarders [sport da sempre venerato, N. d. R.] che mi piacevano. Per quel film è stato necessario scegliere attori non professionisti perché erano più in linea con la natura dell’opera. Per quanto riguarda lo scandalo con cui è stato accolto, confesso di non amare i gatti (ride)!

Locarno Film Festival / Ti-Press

‘Julien Donkey-Boy’ e l’insurrezione in bikini

Il film successivo è Julien Donkey-Boy del 1999, una pellicola girata con la tecnica del gruppo danese Dogma 95, sulla vicenda di un ragazzo schizofrenico interpretato da Ewan Bremner, che vive con una sorella (Chloë Sevigny) e con il padre (Werner Herzog).

Korine durante la conversazione ne specifica l’ideazione e il suo rapporto con l’analogico:

Ho trovato divertente lo stile di ripresa di Dogma 95, mi sento allineato con Thomas Vinterberg e Lars von Trier, ho dialogato con loro. È stato un esperimento, ho rotto alcune regole girando in MiniDv, per poi trasferire il girato in 16mm e quindi ulteriormente in 35 mm. Adoro lavorare con ogni formato, con le polaroid e con i video, è come avere in mano strumenti differenti.

Riguardo invece al suo film più discusso e conosciuto negli ultimi anni, Spring Breakers, che segue le avventure vacanziere di inizio primavera di quattro ragazze tra sballo e follia, spiega:

In America le spring breaks in Florida sono dei veri e propri riti di passaggio per i sedicenni e i diciassettenni. Mi piaceva l’accostamento delle due parole nel titolo. Appena ho iniziato a immaginare le avventure di queste ragazze in costume ho preso l’aereo e sono andato subito a scrivere in Florida il soggetto. È stato poi naturale definire i ruoli dei personaggi imbevuti di questa cultura pop. Per me Spring Breakers è uno sviluppo del linguaggio attraverso il pop.

Le New Waves di Korine

Harmony Korine non è stato solo un cantore underground di maverick e alienazione al cinema. Il suo contributo a tutte le diramazioni del cinema e in generale alle declinazioni tuttora esplorabili dell’audiovisivo si è espresso anche in altri campi: ha tradotto la sua visione inconfondibile nei video musicali dei Sonic Youth, di Cat Power, Will Oldham e Rihanna, ha scritto un testo per Bjork e Lana Del Rey, realizzato film pubblicitari che sono tra i migliori esempi di Fashion Film nell’era digitale, come quello realizzato per Gucci Cruise 2020, dove la collezione del fashion designer Alessandro Michele viene messa in scena con una lussuosa festa circense di freaks.

Ed è quanto mai atteso il nuovo film che presenterà fuori concorso alla prossima Mostra di Venezia, Aggro Dr1ft. Come ha specificato Giona A. Nazzaro, direttore artistico del Locarno Film Festival,

offrire il Pardo d’onore a Korine significa celebrare le forme infinite del cinema.

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