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Rubriche

Mosaico Media Maggio-Giugno 2012: creature mostruose, fantascienza e cinema d’autore

Segnali dall’universo digitale. Rubrica a cura di Francesco Lomuscio

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Già qualche tempo fa, su queste pagine abbiamo avuto modo di parlare della preziosissima edizione limitata che Mosaico Media diffuse dell’interessante cofanetto Mondo di notte, costituito da tre dvd contenenti Mondo di notte (1959) di Luigi Vanzi, Mondo di notte n°2 (1961) e Mondo di notte n°3 (1963) di Gianni Proia.

Tre documentari che, volti a fornire una curiosa panoramica sui divertimenti cui ricorre la gente quando non batte il sole, tra ballerine, cantanti, spogliarelliste, lottatori, malati di gioco, spettacoli di geishe, teatri di varietà e sport pericolosi, identificavano, però, il loro tassello meno ingenuo e più audace nell’ultimo.

Tanto che Mosaico, con extra rappresentati da gallerie fotografiche varie e filmati sexy estrapolati dall’intera trilogia, lo ristampa singolarmente e corredato di fascetta tutta sua che recita: “Non crederete ai vostri occhi”.

Offrendo così l’opportunità, a chi aveva perso il cofanetto, di visionare non solo l’ennesimo campionario di striptease e balletti, ma anche scorribande di teddy boys e impressionanti immagini come quelle relative alla caccia alle renne, ai cacciatori di balene, alle rappresentazioni teatrali grandguignolesche e a un fachiro francese, impegnato a esibirsi perforando il suo corpo in ogni modo.

E non è l’unico titolo ripescato dal suo vecchio catalogo da Mosaico, che, con fascette tutte nuove, rimette in circolazione – in edizione limitata numerata – anche Il mostro dell’obitorio (1973) di Javier Aguirre e L’impero delle termiti giganti (1977) di Bert I. Gordon.

Interpretato dal compianto Paul Naschy (all’anagrafe Jacinto Molina), il primo vede il mitico licantropo della cinematografia iberica nei panni di Gotho, gobbo lavorante nell’obitorio di un ospedale, il quale, follemente innamorato di una paziente, non si rassegna neppure dinanzi alla sua morte, trafugandone il cadavere per portarlo a un medico radiato che sta studiando una tecnica finalizzata a resuscitare i defunti. Medico a cui procura anche altri corpi da dove prendere parti necessarie alla sua opera, mentre, tra decapitazioni e budella esposte, non manca neppure uno scontro tra Gotho e un branco di ratti; nel corso di una sequenza che Naschy – premiato al Festival del cinema fantastico di Parigi – affrontò direttamente, senza uso di controfigure, riportando diverse ferite.

Il secondo, invece, trasmesso non poche volte dalle emittenti televisive regionali e comprendente nel cast perfino Joan Collins, parte da una storia di H.G. Wells per raccontare – sotto la produzione di Samuel Z. Arkoff – la tragica avventura di un gruppo di possibili acquirenti che, in escursione su un’isola dove è prevista la realizzazione di un villaggio turistico, si trovano ad avere a che fare con gigantesche e pericolose formiche, così “ridotte” dal contatto con scorie radioattive abbandonate in mare.

Del resto, qui impegnato a tirare in ballo trashissime soggettive caleidoscopiche degli insettoni e, addirittura, un inaspettato risvolto socio-politico, dietro la macchina da presa abbiamo colui che, soprannominato Mr. B.I.G. giocando sulle iniziali del suo nome, in quanto spesso propenso a realizzare film su esseri enormi, include nel proprio curriculum I giganti invadono la Terra (1957) e Il cibo degli dei (1976).

Ma Mosaico provvede anche a rendere disponibili altri nuovi titoli fino a oggi del tutto inediti nell’ambito dell’home video tricolore digitale.

Infatti, recupera innanzitutto La cortina di bambù (1968) di Frank Telford, dimenticato lungometraggio di fantascienza che – conosciuto anche come Il mistero di Saturno – parte dal momento in cui, durante il normale collaudo di un nuovo aereo supersonico, un pilota viene pericolosamente avvicinato da un oggetto volante non identificato che sembrerebbe corrispondere a un ufo; per poi trovarsi a far parte di una missione interessata a un velivolo alieno a quanto pare caduto in Cina, sulle cui tracce si è messa anche una spedizione sovietica. Con la quale, tra l’altro, il gruppo si vede costretto a unire le forze per fronteggiare i violenti soldati cinesi, in evidente aria di fanta-allegoria relativa alla guerra fredda.

Poi, per la gioia degli amanti delle commedie sexy a stelle e strisce, sforna Le ragazze pon pon si scatenano (1974) di Barbara Peeters, che, nonostante il titolo italiano, non ha nulla a che vedere con Le ragazze pon pon (1974) di Jack Hill.

Trattasi di una produzione targata Corman le cui protagoniste sono tre giovani, bellissime e disinibite insegnanti (Candice Rialson, Pat Anderson e Rhonda Leigh Hopkins) appena arrivate in una scuola estiva della California, dove hanno modo di sfoggiare non solo i propri corpi, ma anche i loro cervelli. Perché, con il mitico DickGremlinsMiller incluso nel cast, tra fotografie osé e sequenze di sesso che rasentano la pornografia, c’è anche il tempo di scoprire un certo uso illecito dei fondi scolastici che vede coinvolto l’allenatore della squadra maschile di rugby.

E c’è il tempo anche di accontentare i fan dei kaiju eiga (film di mostri giapponesi) con Kinkong-L’impero dei draghi (1970), diretto da Noriaki Yuasa sotto pseudonimo Alan Kramer.

Un lungometraggio che, in realtà, non ha nulla a che vedere con lo scimmione più famoso della storia del cinema, ma rientra nella serie che vede protagonista la grossa tartaruga volante Gamera; qui impegnata a fronteggiare la pericolosa creatura preistorica Jiger, risvegliata da uno strano suono emesso da una statua incoscientemente prelevata dall’isola di Pasqua e dotata di pericolosissimi aculei e di un raggio costituito da onde ultrasoniche capaci di distruggere qualsiasi struttura molecolare. Mentre, tra navi annientate e immancabile campionario di edifici rasi al suolo, a supportare il mega-rettile dal guscio, forniti di un piccolo sommergibile, sono tre bambini (del resto, è a loro che si rivolge principalmente la tipologia di spettacolo).

Però, la label romana, oltre all’attenzione da sempre concessa alla celluloide di genere non ha nascosto, soprattutto in tempi recenti, un particolare interesse rivolto a un cinema facilmente rientrante nella categoria che i più tendono a definire ”d’autore”.

Cinema al cui interno possono essere tranquillamente classificati sia Ritorna il terzo uomo (1952) di Herbert Wilcox che I lautari (1973) di Emil Loteanu, seppur del tutto differenti l’uno dall’altro.

Al di là del titolo italiano e della presenza di Orson Welles, il primo dei due, girato in bianco e nero, non è un sequel de Il terzo uomo (1949) di Carol Reed, ma un giallo dal sapore hitchcockiano tratto dal romanzo L’ultima inchiesta di Trent di E.C. Bentley.

Ne è protagonista Michael Wilding nei panni di Philip Trent, il quale, chiamato a indagare sulla morte di un miliardario che sembrerebbe essersi suicidato, incontra la vedova dell’uomo e, in un crescendo d’indizi e testimonianze, sebbene la verità su quanto accaduto sia lontana viene anche a sapere che la donna aveva come amante il segretario del marito.

Il secondo, infine, co-produzione tra Unione Sovietica e Moldavia, vede in scena il violinista Toma Alistar alias Sergei Lunkevich, il quale, rimasto orfano di padre da bambino e facente parte di un gruppo di lautari, musicisti vagabondi senza meta e senza soldi in giro per le lande della Bessarabia (la Moldavia del periodo in cui in Russia regnavano ancora gli zar), è alla continua ricerca della zingara Ljanca, interpretata da Galina Vodnyatskaya e conosciuta in gioventù.

Una sofferta storia d’amore che, continuamente alternata tra passato e presente, non manca di sogni e allegre suonate, mentre ci porta a scoprire che la tanto desiderata ragazza è stata consegnata in sposa a un ricco individuo dai propri genitori, convinti che il sangue tzigano e quello moldavo non possano mescolarsi.

Insomma, ce ne è per tutti i gusti!

Francesco Lomuscio

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