‘Incompiuta’ di Samira Guadagnuolo e Tiziano Doria
Tra i paesaggi di Venosa, in Basilicata, l'Incompiuta si erge come manufatto (film e opera architettonica) sperimentale e creativo sulla vita con le sue sottrazioni: consapevolezza, dolore, rinascita, morte.
Incompiuta è un corto di Samira Guadagnuolo e Tiziano Doria, da poco disponibile su MUBI. Si tratta di un’opera della durata di circa 20 minuti, un esperimento tra terra e cielo. L’umano e la natura si toccano, rarefacendosi, scoprendo la reciproca finetezza.
La pellicola in 16 mm è il risultato di una collaborazione artistica fra i due registi, confluita nella casa di produzione WARSHAD Film. Conosciuti in Italia e all’estero, hanno partecipato alla 55a Mostra internazionale del Nuovo cinema di Pesaro, a Fracto di Berlino (2019) e al Marienbad Film Festival in Repubblica ceca (2018). Vivono e lavorano a Milano.
Questo corto precede La zita (2021), un documentario sul Sud Italia, sui suoi molteplici mondi.
Incompiuta, la sinossi ufficiale
Distesa sotto al cielo, l’Incompiuta è spettatrice senza tempo della vita che accade intorno. Le sue mura aperte frullano la femminile voce della terra, riverberano il parlare quotidiano di frutta e fichi e quello della coscienza collettiva, anima del mondo, condensando la vertigine che viene quando andiamo al tempo arcaico della nostra fanciullezza. All’osservazione di luoghi e persone comuni si sovrappone una lettura della realtà assorta e simbolica che si sofferma sul tema della caduta del paradiso e riflette sulla condizione umana, precaria e dolorosa, sulla sua incolmabile solitudine, e sul suo destino di morte.
Incompiuta, perché girare in pellicola
Dalle parole di Samira Guadagnuolo:
il cinema restituisce la realtà nella sua interezza e ci permette di cercare un contatto diretto con quella “totalità” pervasa dei residui del pensiero selvaggio, alla ricerca di analogie e significati. I nostri lavori sono girati in pellicola perché, a differenza del digitale, la pellicola ha una parte di materia che si lega all’aspetto concettuale del nostro lavoro e ne restituisce la corporeità.
Si susseguono sequenze senza tempo che oscillano tra le immagini del raccolto, fruttuoso, dirompente e autonomo e le genti, nelle loro operazioni quotidiane. La regia indugia sulla “carne” di ciò che è oggetto di sguardo: fico, donna, edificio monumentale. La stessa voce che impasta il racconto non è letteralmente incarnata, ma vive, soffre, sale e scende al pari dell’andirivieni di materia umana e vegetale. Si sta accanto alla terra, dentro e fuori le sue leggi. Soprattutto all’esterno, come spettatori assorti e spauriti dinanzi alla vertigine che emanano le cose non umane. A guardare bene, luoghi, persone, frutti echeggiano insieme come anima mundi. Nell’orizzonte di solutudine che la coscienza collettiva porta con sé.
Ecco che tra i paesaggi di Venosa, in Basilicata, l’Incompiuta si erge come manufatto (film e opera architettonica) sperimentale e creativo sulla vita con le sue sottrazioni: consapevolezza, dolore, rinascita, morte.
Incompiuta, un’ode alla finitezza
Affascinante e suggestivo, il complesso dellaSantissima Trinità di Venosa è l’abbrivio e il mordente del racconto di Guadagnuolo/Doria. Riconosciuta come monumento nazionale già dalla fine del 1800, non-meta raggiunta continuamente da visitatori curiosi, non fu completata a causa delle difficili condizioni economiche dei monaci benedettini. Incompleta ma maestosa. Non finita eppure dotata di elementi architettonici indipendenti e preziosi, che la rendono un’opera dal valore eccelso.
In Vera gioia è vestita di dolore, Anna Maria Ortese scrive:
Anche quell’amarezza bisogna che passi nel filtro magico e diventi sensazione, ricordo splendente. È soprattutto sul dolore che bisogna lavorare per farne dolcezza.
In questo senso, Incompiuta è un’ode alla finitezza, come misura dello stare al mondo. Un memento mori sussurrato e atteso, sentito vibrante insieme alle cose della natura. L’unico varco, se possibile, al sacro come espressione di quello che si oppone alla vita, che tuttavia non ha opposti, oppure che non ci è dato sapere.
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