‘Effetto notte’ di Truffaut, capolavoro che svela la magia del cinema

Effetto notte,  appassionato inno alla Settima Arte, premiato nel ’74 con l’Oscar come miglior film straniero, compie 50 anni.

Trama

Negli studi “La Victorine” di Nizza, il regista Ferrand (François Truffaut) sta realizzando il film Vi presento Pamela. Sul set, la classica sarabanda di attori, fonici, tecnici delle luci, truccatori, costumisti che chiedono continuamente al regista cosa fare. Sullo sfondo, le vicende umane e personali dei componenti del cast.

Julie Baker (Jacqueline Bisset) é Pamela; reduce da un esaurimento nervoso, ha recentemente sposato lo psichiatra che l’aveva in cura; l’attore che interpreta Alphonse (Jean-Pierre Léaud) è fidanzato con Liliane (Dani), segretaria di produzione; Séverine (Valentina Cortese), una luminosa carriera alle spalle, è fin troppo svagata e, quando è sul set, dimentica sistematicamente le battute. Un serie di imprevisti rischia di bloccare le riprese.

Julie, dopo essere andata a letto con il capriccioso e infantile Alphonse, ha una crisi di nervi e vuole abbandonare il set. Liliane pianta Alphonse e fugge via con uno stuntman. Alexandre (Jean-Pierre Aumont), uno dei protagonisti, muore in un incidente. Nonostante i mille imprevisti, il regista riuscirà a terminare le riprese del film.

Truffaut svela la magia del cinema

Con Effetto notte, Truffaut svela quella magia che rende possibile la realizzazione di un film. Non a caso, il titolo originale del film (La nuit americane) rimanda a una tecnica utilizzata al cinema per simulare una ripresa notturna, girata di giorno. Più che giocare sul doppio piano della finzione e della realtà o puntare a svelare i trucchi e gli espedienti utilizzati per le riprese di un film, al grande regista parigino interessa narrare le storie che s’intrecciano sul set. Gli attori e gli altri componenti della troupe, sono descritti, infatti, come creature fragili, piene di dubbi e incertezze e con una vita affettiva alle spalle spesso deludente e insoddisfacente. La magia del cinema travalica però le vicende personali e, non a caso, Truffaut lascia che Liliane, durante una delle pause della lavorazione del film, esclami:

“Io per un film potrei piantare un uomo ma per un uomo non pianterei mai un film.”

Come l’ineguagliabile 8 ½. di Federico Fellini, anche Truffaut in Effetto notte mostra un regista che guida una troupe durante la lavorazione di un film. Truffaut non sposa le atmosfere oniriche e sognanti del regista riminese e dona al film un tocco che ha il sapore della commedia. Se pure non manchino mille intoppi, Truffaut, nei panni di Ferrand, non è mai confuso o indeciso come Guido Anselmi, il regista del capolavoro felliniano. Ferrand, infatti, non si abbatte, non perde mai le staffe, corre a rincuorare e a coccolare le attrici, perennemente sull’orlo di una crisi di nervi, e fronteggia, senza esitazioni, ostacoli e imprevisti. Truffaut gli donerà, in tutto il film solo questo attimo di esitazione:

“La lavorazione di un film assomiglia al percorso di una diligenza nel Far West. All’inizio uno spera di fare un bel viaggio, poi comincia a domandarsi se arriverà a destinazione.”

Con Effetto notte, film corale, impaginato come una sorta di documentario, Truffaut rende omaggio a Citizien Kane di Orson Welles, dedica il film alle sorelle Dorothy e Lillian Gish, dive del cinema muto, ma s’ispira, soprattutto, alla canzone “Moi, j’ aime le musica hall” nella quale Charles Trenet elenca, con garbo e ironia, tutti i cantanti in voga al tempo. Jean Pierre Leaud (che per tutto il film continuerà a ripetere: “Le donne sono delle maghe?”), è, come sempre, strepitoso. Nel cast Alexandra Stewart.

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