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‘The Witcher 3’ la recensione della seconda parte
Mentre la strega è impegnata a salvare la sua casa e impedire che le sue consorelle vengano uccise, lo strigo affronta Vilgefortz
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2 anni agoon
Dal 27 Luglio su Netflix è stata distribuita la seconda parte (cioè le ultime tre puntate) di The Witcher 3. Questa stagione, infatti, è stata divisa in prima e seconda parte, operazione analoga alla scorsa stagione estiva, la quale era stata caratterizzata dall’epica quarta stagione di Stranger Things.
Questa seconda parte è migliore rispetto alla precedente in termini di qualità visiva, CGI e in generale a livello di azione. Allo stesso tempo si tratta delle ultime battute di Henry Cavill, dal momento che nella quarta stagione il protagonista Geralt di Rivia sarà interpretato da Liam Hemsworth. La seconda parte di The Witcher 3 porta avanti la storia dei personaggi principali Geralt, Ciri e Yennefer nel continente.
Questi ultimi tre episodi sono molto diversi tra loro in termini di forma e contenuto.
Il trailer della seconda parte di The Witcher 3
Trama della seconda parte
Attenzione agli spoiler!
Nelle ultime tre puntate scoppia un conflitto tra i maghi ad Aretuza, architettato da Dijkstra (Graham, McTavish) e Filippa (Cassie Clare). Si scopre che gli esperimenti sulle giovani donne alle quali erano stati inflitti i ricordi di Ciri (Freya Allan) sono stati operati da Vilgefortz e non da Stregobor (Lars Mikkelsen), ingiustamente incolpato. Nel finale del sesto episodio Geralt viene ferito gravemente dal traditore Vilgefortz (Mahesh Jadu), mentre Ciri si ritrova catapultata nel deserto di Korath attraverso un portale.
Nel settimo episodio Yennefer (Anya Chalotra) decide di formare insieme a Tris e ad altre streghe un nuovo concilio dei maghi a seguito della battaglia che si è tenuta ad Aretuza. Geralt in fin di vita viene guarito e soccorso dall’arciera di Sodden e Jaskier (Joey Batey). Sempre nel penultimo episodio Ciri nel deserto si trova a lottare fisicamente e psicologicamente con le avversità del deserto. Nel finale di puntata sarà persuasa dall’uso della magia del fuoco che, come ben sappiamo attraverso il pazzo incendiario, lo stregone Stregobor, e non solo, è un tipo di magia proibita.
Nell’ultimo episodio Ciri viene aiutata dal gruppo dei Ratti. Yennefer insieme a Triss (Anna Shaffer) e Sabrina sta formando la loggia delle Maghe, un’organizzazione femminile che veglia sul continente. Infine il personaggio di Geralt rimesso in forze si mette alla ricerca di Ciri, convinto che si trovi già a Nilfgaard dall’imperatore Emhyr (Bart Edwards).
La perdita di identità della serie
La seconda parte della terza stagione è migliore rispetto alla prima in termini di intrattenimento. La battaglia di Aretuza dona più sapore e vivacità al racconto.
Il settimo episodio si differenzia in termini di maggiore introspezione nei confronti del personaggio di Ciri, ormai diventato sempre più centrale. Il maggior minutaggio nei suoi confronti è lì da vedere. Il problema della serie piuttosto risiede nella ricerca di un’introspezione maggiore che sacrifica il conflitto bellico dei videogiochi e anche la componente gore dei romanzi.
In seconda analisi, in campo televisivo, le prime due stagioni erano caratterizzate da un sottotesto interessante che accompagnava la narrazione. Nella prima stagione un tema preponderante era il male minore. Nella seconda stagione il tema era ancora più fine e ambizioso, ossia nella ricerca dei mostri dentro noi stessi. Ebbene in questa terza stagione si perde persino quel vago elemento di sottotesto che donava più carattere e identità alla serie. Al massimo in questa terza stagione si parla di famiglia, di riallacciarsi, dal momento che a inizio stagione, Yennefer, Geralt e Ciri sono legati indissolubilmente dal destino e fuggono assieme alle avversità del continente. Mentre nel finale si ritrovano separati a causa degli eventi. Però al contempo tale tema non è trattato così a fondo e non è neanche reso esplicito dai dialoghi come succedeva nelle scorse stagioni.
Wordbuilding fantasy non riuscito al meglio
Il confronto rispetto ad altri prodotti fantasy vede The Witcher perdere in merito al wordbuilding. Per aiutarci nella definzione possiamo ricorrere all’aiuto di Wikipedia:
La costruzione del mondo può essere completata prima dell’inizio della scrittura vera e propria o durante la stesura della storia. Anche se non esiste un unico metodo di worldbuilding, esistono delle leggi per costruire e presentare un’ambientazione in modo che risulti realistica sia per l’autore, sia per i fruitori della sua opera: essa deve risultare coerente con le proprie regole interne e quindi autosufficiente rispetto alla realtà esteriore.
Il wordbuilding deve essere coerente per tutta la narrazione. La costruzione degli spazi fisici deve mantenere una coerenza logica legata a fattori temporali e logistici. Per esempio nella prima stagione del Il trono di spade si mostrava come il viaggio da Grande inverno ad approdo del re fosse alquanto ostico, richiedendo giorni e giorni di cammino. Salvo poi vedere nella settima stagione il personaggio di Lord Varys trovarsi da una parte all’altra del continente in un batter d’occhio. Un errore non presente (per il momento) nel fantasy Netflix. Però (specialmente nell’ottavo episodio), quando Geralt si trova a Brokilon e Yennefer si sta avviando verso Nilfgaard e Ciri viene rapita dal deserto del Korath e poi salvata dal gruppo dei ratti, non si percepisce il senso di distanza tra i tre personaggi principali. Anche quando si parla dei regni di Redania e di Nilfgaard non si avverte la portata fisica e il potere di tali regni. Il concetto dei portali, introdotto sin dalla stagione 1, alimenta un senso di simultaneità, in cui si può viaggiare da un posto a un altro in un batter d’occhio.
Questo è un difetto minore che la serie si porta avanti sin dall’inizio. L’immersione del pubblico nel mondo fantasy di The Witcher avviene parzialmente.
The Witcher 3 seconda parte: tre episodi diversi tra di loro
In questa seconda parte di The Witcher 3 i tre episodi sono molto diversi tra loro. Se il sesto episodio è una resa dei conti finale (tra tradimenti, capovolgimenti di fronte, battaglie, schieramenti, azione e via dicendo), il settimo, invece, sembra un appello all’introspezione del personaggio di Ciri interpretata da Freya Allan. Nel setting e nel ritmo narrativo, il settimo episodio non solo si allontana dal passato della serie, ma si allaccia a una serie di letture crossmediali. Il vagabondare per il deserto e la tentazione dall’usare qualcosa di dannoso (la magia del fuoco) può ricordare i giorni nel deserto di Gesù.
Nell’immagine sottostante il personaggio di Falka persuade più e più volte Cirilla. Oppure in campo letterale e cinematografico le scene nel deserto possono ricordare Dune di Denis Villeneuve. Non solo nel setting, ma anche nel dilatare i tempi della narrazione, nei silenzi.
L’ottavo episodio invece, nella sua ampia durata di 65 minuti, non offre una risoluzione finale (come succedeva nell’ultima puntata della stagione 2). L’ultimo episodio abbraccia nuovamente la verbosità dei primi cinque episodi di questa terza stagione e difatti corrisponde a un cross per la quarta stagione. Il finale potrebbe deludere alcuni spettatori. Per di più il fatto che Geralt torni in forza attraverso l’acqua curativa a Brokilon non rilancia un ulteriore combattimento con il traditore Vilgefortz nei minuti finali.
La seconda parte di The Witcher 3 in sintesi, corrisponde a tre episodi diversissimi tra loro che non chiudono le linee narrative, ma anzi alimentano speculazione e dibattito in ottica futura.
Le ultime battute di Henry Cavill
Ci si domandava se nella seconda parte di The Witcher 3 si sarebbe assistito a una mutazione del personaggio di Geralt che potesse giustificare il recasting di Liam Hemsworth. In realtà non avviene nulla di tutto ciò. Trovandosi in un mondo fantasy si può facilmente giustificare tramite vari espedienti (esperimenti genetici, apertura di un portale, trasferimento di corpi) come succede nei videogiochi e nei romanzi il cambio dell’aspetto fisico. Eppure eventuali spiegazioni di cambiamenti fisici sono rimandate alla quarta stagione. O più semplicemente, nella quarta stagione il nuovo aspetto di Geralt non sarà giustificato, come se il volto fosse stato quello di Liam Hemsworth sin dall’inizio. Cosa difficile da credere viste le recenti dichiarazioni in merito, da parte del produttore esecutivo Tomek Baginski:
Abbiamo un piano molto, molto buono per introdurre il nostro nuovo Geralt e la nostra nuova visione di Geralt con Liam… Non mi addentro in queste idee perché sarebbe un enorme spoiler, [ma] è anche molto, molto vicino alle meta idee che sono profondamente radicate nei libri, specialmente nel libro cinque.
È molto fedele alla tradizione, dice Baginski. È molto vicino a ciò che è stato definito nei libri, e penso che questo cambiamento sarà abbastanza impeccabile. Saremo ansiosi di vedere come avverrà la transizione tra Cavill e Hemsworth. E siamo sicuri che i fan sono già al lavoro per analizzare la storia per vedere cosa potrebbe accadere.
La serie continuerà per altre due stagioni
La direttrice del Casting della serie Sophie Holland, ha dichiarato che la quarte e la quinta stagione di The Wicher saranno prodotte in Back to Back. In modo da effettuare le riprese in un tempo di nove mesi e avere già tutto pronto per la postprodzuione:
Stiamo per iniziare le riprese della quarta stagione con Liam Hemsworth e ci sarà un breve intervallo, per poi passare direttamente alla quinta stagione.
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L’addio di Cavill e cosa aspettarsi per il futuro
Con un senso di disappunto, purtroppo, l’attore protagonista abbandona il ruolo. Il disappunto non è dovuto alla sua buona interpretazione, ma in realtà a un malcontento dei fan per la serie. La piega fin troppo narrativa della terza stagione non è piaciuta troppo. Ci si aspettava una maggior introduzione della caccia selvaggia, che ha intrigato negli anni tanti videogiocatori. Persino nel finale della seconda stagione veniva anticipato questo elemento cruciale per la mitologia di The Witcher. Eppure salvo una scena di 4/5 minuti della prima parte di questa terza stagione della caccia selvaggia non si vede molto altro.
Anche il cambio del focus della serie, la perdita del mordente legato alla caccia dei mostri della prima stagione risultano più dei difetti e non dei punti di forza. In conclusione ci si aspetta un po’ più di vivacità nei dialoghi e nei combattimenti. Si spera di rivedere un gusto visivo per il gore e per qualche tinta macabra di splatter. Ma soprattutto ci si deve aspettare la venuta definitiva della caccia selvaggia dalla quarta stagione in poi.