Conversation

‘Feliz Navidad’ conversazione con Greta Scarano alla regia del suo primo corto

‘Feliz Navidad’ è il sorprendente esordio alla regia di Greta Scarano

Published

on

L’esordio alla regia di Greta Scarano arriva con il corto Feliz Navidad. Il film, prodotto da Groenlandia e già presentato alla Festa del Cinema di Roma, è anche al Saturnia Film Festival.

Il corto di Greta Scarano

L’eccezionalità del contesto che aspetta i due protagonisti, ovvero la presentazione di Giulia alla famiglia di Lorenzo la sera di Natale, è reso da una sequenza a metà strada tra la commedia e il cinema horror. L’ululato notturno che accompagna l’avvicinarsi del momento e la reticenza dei personaggi inquadrati di spalle, e dunque sottratti alla vista dello spettatore, sembrano voler rifletter le ansie della ragazza.

Sì, assolutamente. Il cinema horror mi ha molto influenzato, soprattutto da adolescente. È sempre stato un genere che mi ha attirato è che da attrice avrei voluto affrontare. In realtà nella composizione delle inquadrature sono stata molto istintiva, avendo come obiettivo quello di far emergere una certa inquietudine. La stranezza viene fuori dal fatto di voler guardare la famiglia di Lorenzo con gli occhi della protagonista, cercando comunque di raccontare anche gli altri personaggi. Questa doppia prospettiva mi ricorda la sensazione di fascino e paura suscitatami dalle favole della mia infanzia. È uno stato d’animo che mi attira molto.

Sempre nella prima scena mi è piaciuto molto il modo in cui ci fai conoscere i personaggi. Mentre Lorenzo, in linea con il suo carattere leggero e pacioso, cammina dritto per la sua strada accontentandosi del quadro che sta davanti ai suoi occhi, Giulia continua a voltarsi indietro, spinta dal bisogno di andare oltre il visibile. 

È proprio così. Sono sempre molto felice quando sento che le immagini arrivano nella maniera giusta. In questo caso sentirlo da un esperto come te è ancora più appagante. Come attrice mi capita spesso di incontrare persone intelligenti e sensibili che davanti a una scena scoprono cose di cui io stessa non ero consapevole. Da regista è successo un po’ lo stesso. A Benedetta Cimatti avevo chiesto di raccontare l’ansia del suo personaggio rispetto alla possibilità che qualcosa potesse andare male, ma tu sei andato oltre, interpretando il suo guardarsi alle spalle come un’inclinazione caratteriale. Non l’avevo mai vista così e ora che me lo dici la trovo una posizione sensata. Riassume al meglio il significato delle azioni poste in essere dal personaggio. D’altronde è il suo stato d’animo a far sì che quanto le succede appaia strano e minaccioso.

È un po’ lo stesso principio enunciato da Travis Bickle in Taxi Driver: Più pensi di stare male e più stai male.

Assolutamente. È il suo modo di percepire le cose a renderle tali. Giulia le vede con animo inquieto e così diventano. Se fosse stata predisposta con un’attitudine diversa le cose sarebbero state più semplici. La tombolata di famiglia che in sé è una cosa bellissima, lei la vive molto male, influenzata com’è da quello stato d’animo. Guarda con sospetto tutto ciò che la circonda.

Immagini e influenze

Il senso delle immagini procede in maniera coerente con la narrazione del film senza per questo appesantirla. Succede così con la decisione di sfocare l’immagine in cui Lorenzo sta per suonare il campanello di casa annunciando la sua presenza. Si tratta di uno scarto impercettibile, ma decisivo perché segnala l’entrata della storia in un’altra dimensione. Nel momento in cui Giulia entra in quella casa tutto assume un tono surreale. 

Bravo! È assolutamente così. L’uscio di casa è come una sorta di portale che catapulta la storia in un’altra dimensione. Il principio con cui ho girato è stato quello di trasmettere leggerezza e divertimento in maniera naturale, cercando di assecondare in maniera spontanea punto di vista e gusti che mi appartengono.

Senza essere troppo intellettuale. Quando ho rivisto il corto ci ho trovato tanto della famiglia Addams, film che ha accompagnato la mia infanzia e di cui mi piaceva il fatto che, agli occhi di tutti, i membri della famiglia fossero strani e che, nonostante quello che poteva apparire all’esterno, loro si amassero tantissimo. Più di recente, a influenzare il mio immaginario è stato Get Out, altro film in cui la particolarità del tono risulta decisiva. Leggendo la sceneggiatura di Feliz Navidad chi mi stava accanto mi ha messo in guardia sul registro da adottare. Mi dicevano “occhio al tono perché è molto strano”. In realtà non l’ho mai sentito così. Cioè per me era tutto giusto. Sapevo come renderlo perché l’avevo concepito io.

A proposito della famiglia Addams, in Feliz Navidad i tuoi sono mostri a metà strada tra quelli dei film horror e certi personaggi al di sopra delle righe presenti nelle commedie di Sordi, Risi e Monicelli.

Per me i mostri come li chiami tu sintetizzano la diversità che può essere spaventosa a secondo di come la guardi. In realtà per me rappresentano un’enorme ricchezza. La famiglia di Lorenzo vive il Natale in maniera genuina e originale perché crede ancora nelle favole. Quella “diversità” permette loro di amarsi sinceramente spingendo Giulia a unirsi a loro prendendo il meglio da quella situazione. Con questo non volevo dare nessun messaggio, ma fare qualcosa che mi appagava come regista ma anche come spettatrice.

La messa in scena nel corto di Greta Scarano

Parlavamo prima della sospensione temporale che si respira all’interno della casa. A renderla tale è anche il modo in cui l’hai messa in scena, con l’uso del carrello in spazi molto stretti e con i colori caldi utilizzati in contrasto con la sostanziale ambiguità dei personaggi.

Ho lavorato in maniera istintiva e con grande spontaneità. Il corto è un’arma a doppio taglio che però ho vissuto in maniera positiva perché la sua sintesi in qualche modo mi si addice. Le immagini sono andate di pari passo con la scrittura.

Con il tempo sono diventate la stessa cosa, tanto da pensare di non aver scritto un testo, ma immagini derivate da quello che vedevo.

Peraltro nel film sviluppi un paradosso narrativo derivato dal fatto che lei invade lo spazio altrui, entrando nella vita intima di persone sconosciute per poi subire lo stesso trattamento. Nel primo caso a essere raccontata è una dimensione di tipo spaziale, nel secondo quella interiore e psicologica.

Giusto. Inizialmente è la madre a sentirsi invasa, trovandosi nella posizione di dover capire il carattere della fidanzata del figlio. In qualche modo ha qualcosa da ridire sul fatto che Giulia abbia portato dei regali nonostante lei avesse detto chiaramente di non portare nulla. Quello è un atto di insubordinazione che la madre nota subito. A parte questo, la tua è assolutamente un’ottima analisi rispetto all’invasione dello spazio e dello spirito. I personaggi invadono in maniera reciproca perché comunque i membri della famiglia si aprono e questo permette a Giulia di liberarsi dalle sue paure.

Il casting

In Feliz Navidad hai utilizzato interpreti con cui avevi già lavorato come attrice. Pensi che nel futuro potrebbe essere questa la tua modalità di procedere come regista nella selezione del cast, un po’ come succede nelle grandi compagnie teatrali?

O come usa fare Aki Kaurismaki. Non so risponderti. Sicuramente mi piace l’idea di creare un sovra mondo che sappia raccontarmi. Se avere a che fare con attori che conosco può aiutare a crearlo perché no? Di certo è qualcosa che mi affascina.

Simone Liberati con cui a partire da Suburra hai condiviso più volte il set l’hai impiegato in una parte in controtendenza rispetto alle sue prime interpretazioni. In Feliz Navidad il suo è un ruolo quasi naïf. 

Simone è un attore con il quale ho amato lavorare. Nel corso del film dice una battuta che nessuno nota ma che a me fa morire dal ridere.

È quel momento in cui si trova in cucina con il padre e con Giulia a parlare dell’arrivo di Babbo Natale. A un certo punto Giulia si arrende all’evidenza chiedendo ironicamente se scenderà dal camino e il fidanzato non capendo che è una freddura le risponde: Ma non hai visto che è acceso? Lo dice in un modo talmente assurdo che a me diverte da morire. D’altronde nel corto Simone è buffissimo. Gli voglio molto bene e penso sia un grandissimo attore. Lo stesso si può dire degli altri attori e del cast tecnico. Mi rendo conto che i molti anni di carriera mi hanno permesso di conoscere professionisti strepitosi che mi hanno reso questo esordio molto più facile di quanto di solito capita.

I richiami del corto di Greta Scarano

Tornando alla messa in scena, anche per la scelta di utilizzare riprese molto strette la casa risulta piena di oggetti e accessori che sembrano soffocare la protagonista restituendone il senso di angoscia da lei vissuto. 

Essendo un corto avevamo mezzi limitati, ma la scenografia è stata realizzata da un grandissimo scenografo, Andrea Castorina, capace di ricreare il senso della scrittura attraverso la coerenza della scenografia. La stessa cosa è successa con il direttore della fotografia, Ivan Casalgrandi. Tutti si sono messi al servizio della storia. Come regista ho vissuto un’esperienza diversa dal solito. Da attrice sei sempre un po’ “avvitata” nel tuo mondo. Da regista ti devi relazionare con tutti sul set e fare squadra diventa necessario altrimenti non vai da nessuna parte.

La presenza di una doppia realtà all’interno della storia è coerente con la poesia di Dino Buzzati a cui fa riferimento la nonna di Lorenzo interpretata da Sandra Milo. Peraltro nel corto suggelli il suo significato nella sequenza del doppio incontro: quello con Babbo Natale che Giulia aiuta a vestirsi nel bagno e subito dopo con la nonna, sorta di fata turchina che attraverso le parole di Buzzati annuncia l’esistenza di un’altra realtà, invisibile e favolosa. 

Sono una grande fan di Buzzati e sono stata molto influenzata dalla sua letteratura. La scelta di una chiusa che lo vede protagonista per me è stata un colpo di fortuna perché quella poesia rappresenta totalmente il corto.

Il finale mi ha ricordato la chiusa di Eyes Wide Shut. Anche il film di Kubrick è ambientato tutto in una notte; anche quello si svolge durante il periodo natalizio e anche lì i protagonisti preferiscono dimenticare i loro dubbi per accettare la realtà così com’è, facendo finta che nulla sia successo. 

Ecco, vedi anche questo è qualcosa di inconscio che tu mi fai notare e in cui mi riconosco a posteriori. I film di Kubrick mi hanno molto influenzata nella vita e dunque è probabile che tutto questo sia emerso inconsciamente all’interno della storia. Eyes Wide Shut intrattiene in maniera perturbante e quel tipo di cinema per me è incredibilmente potente e affascinante.

Gli interpreti

Dicevamo che con Benedetta Cimatti avevi già lavorato in Circeo. Nel corto è bravissima a incarnare le paure del suo personaggio, entrando in dialettica con l’ambiguità di chi le sta davanti. Era la prima volta che dovevi dirigere una tua collega. Penso che per te sia stato un passaggio a cui hai dedicato particolare attenzione. 

Benedetta l’ho notata subito per la sua carica di empatia e umanità perfettamente bilanciata con una particolare levità nel dire le battute, come se fosse sempre su un crinale tra essere profonda ed essere eterea. In questo favorita dal suo incarnato diafano. Il tutto le conferisce qualcosa di alieno che a me piaceva tantissimo, perché comunque la famiglia di Lorenzo è molto mediterranea, con caratteri assai marcati. Lei invece con il suo accento del nord risulta fin da subito in contrasto con il resto del contesto. Pur essendo attaccata alla realtà Benedetta riesce sempre a essere sollevata da terra. Questo suo essere un po’ irraggiungibile era perfetto per me e per il corto. In quella famiglia sono tutti un po’ strani, ma in qualche modo lei è sia eterea che rigorosamente razionale e questo la fa percepire subito come un’intrusa. Per me Benedetta rappresentava un po’ questo. Dirigerla è stato bello e divertente. Non abbiamo fatto molte prove. Nei corti c’è sempre poco tempo però ci siamo trovati benissimo con lei e con il resto del gruppo. Abbiamo avuto solo tre giorni per girarlo, ma l’atmosfera è stata ultra divertente, anche se io avevo continuamente l’angoscia di non finire in tempo.

Greta Scarano oltre il corto Feliz Navidad

Parliamo del cinema che ti piace. 

I titoli sono tantissimi. Un film che mi ha influenzato è stato 2001: Odissea nello spazio. Avevo 15 anni e vederne la versione restaurata mi ha permesso di aprire gli occhi su un mondo che non conoscevo. Mi piacciono tantissimi i film di Tarantino, ma mi sento molto distante dal suo modo di girare. Amo Woody Allen. Oggi come oggi un regista che mi piace tantissimo è Mike Mills, quello di Beginners. Ma anche Ulrich Seidl, Joachim Trier, Ostlund e Baumbach.

Non dimentico Jane Champion di cui ho amato Bright Star. Da ragazzina poi guardavo solo film di Dario Argento per cui conosco a memoria Profondo Rosso e L’uccello dalle piume di Cristallo.

A proposito di influenze in Suburra il tuo personaggio e quello di Borghi sembrano un omaggio ai replicanti di Blade Runner

Giusto, anche quello è un film con cui sono cresciuta.

Exit mobile version