Al Giffoni Film Festival Come le tartarughe l’esordio alla regia di Monica Dugo . La pellicola era stata presentata all’interno della sezione Biennale College Cinema, alla 79 Mostra d’arte cinematografica di Venezia.
Il film sarà al Cinema con Cloud 9 dal 24 Agosto.
Nel cast Monica Dugo, Romana Maggiora Vergano, Edoardo Boschetti, Angelo Libri, Sandra Collodel.
Come le tartarughe la trama
Daniele, Lisa, Sveva e Paolo, una famiglia borghese apparentemente perfetta in una bella casa nel centro storico di Roma.
Un giorno il marito svuota l’armadio e se ne va. L’armadio vuoto diventa, per Lisa, il luogo ideale dove rifugiarsi e risolvere la separazione. Sveva, la figlia sedicenne, fa di tutto per farla uscire, non accettando il bizzarro comportamento della madre e l’inspiegabile assenza per lei, del padre. Daniele non tornerà a casa, ma Lisa potrà, grazie all’amore dei suoi figli e ad una ritrovata forza, fare il primo passo per superare il dolore.
La recensione
Monica Dugo immagina, scrive e interpreta la storia di una donna in cerca di rifugio. Rifugio dal suo essere madre e moglie, dai ruoli imposti dalla famiglia e dalle convenzioni.
L’armadio è il luogo in cui nascondersi, scelto da Lisa per un motivo ben preciso. Un oggetto simbolico già fin dalle prime scene del film, condiviso da tutti i membri di una famiglia che sembra fare un grande sforzo per trascinare il vivere quotidiano.
La colazione consumata insieme in apparente serenità domestica, il tran tran del lavoro, lo sport e le attività pomeridiane, gli ‘incastri’ di una vita che proclama di voler essere ‘normale’.
La polvere nascosta sotto il tappeto si solleva però all’improvviso mostrandone l’azione disturbante e lo spettro della Depressione si fa spazio annullando il resto. La fuga del padre destabilizza in una maniera più complessa di quanto possa sembrare.
Il rifugio nell’armadio diventa da una parte fuga dal dolore e dall’incapacità di affrontarlo dall’altra la risposta al fallimento personale e ai sensi di colpa. L’elaborazione del trauma si consuma in un luogo insolito , ‘guscio’ ovattato da cui poter prendere le distanze dal dolore, con un buon lavoro sull’analisi intimista del personaggio femminile centrale del film.
Lisa sceglie di affrontare a modo suo il dolore e la sua vita, prendendo una strada alquanto controcorrente nella società materiale e realistica del mondo di oggi. In lei ritroviamo però aspetti infantili sia nei confronti della madre, a cui stacca sempre il telefono, sia nel modo di fare verso i figli. Lei sa che loro hanno bisogno di lei, ma non sembra interessarle e preferisce rinchiudersi nel suo mondo ristretto.
Un mondo onirico
Il mio film è partito con un’immagine: un armadio vuoto. È questa la parte surreale – Monica Dugo
E per un po’ ci convinciamo di questo aspetto onirico della storia, con Lisa all’interno dell’armadio che mostra davvero quasi le sembianze di una tartaruga. Peccato però che alla fine la sceneggiatrice abbia preferito creare una storia lineare e ‘normale’ che troppo bruscamente si allontana dalla Favola intelligente proposta all’inizio.
Sveva è l’unico personaggio che possiede un vero tratto narrativo mentre sia Lisa che il marito (di cui conosciamo ben poco) restano appena abbozzati. Un universo popolato da personaggi interessanti ma appena accennati e non analizzati fino in fondo. Stupisce comunque l’idea portata dal film e lo strumento utilizzato per trasmetterla. Il guscio di protezione può essere solo un luogo di transito e la risposta al dramma alla fine è sempre solo una: ‘nessun uomo è un’isola e occorre riaprire le porte (ante) alla famiglia e all’amore.
Blanca 2Le anticipazioni al Giffoni Film Festival