Il regista spagnolo Alberto Vázquez riconferma la propria originalità aggiudicandosi per la seconda volta il premio Goya al miglior film d’animazione, dopo il successo nel 2016 con Birdboy: The Forgotten Children con il suoUnicorn Wars. Il suo è decisamente uno stile unico e affascinante, figlio anche del lavoro di illustratore.
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La sinossi di Unicorn Wars
Da tempo perversa una terribile guerra che vede scontrarsi gli unicorni, protettori della foresta magica, e orsacchiotti, creature civilizzate che rivendicano la loro superiorità intellettuale e morale. Quest’ultimi si illudono che la foresta sia il Paradiso da cui sono stati cacciati. La realtà, invece, è ben diversa: il luogo ameno che reclamano è governato da crudeli leggi della natura e abitato, tra le altre creature, da scimmie grottesche che venerano una misteriosa “massa” cosciente.
Come per ogni orsacchiotto, i fratelli Azulín e Gordi sono chiamati all’addestramento militare.
Azulín può definirsi perfetto all’apparenza: bello, portato per la guerra e con un odio viscerale per gli unicorni. Ma le occhiaie che nasconde ogni sera col trucco non sono che un piccolo segreto di un labirinto di bugie in cui Azulín si è da anni perduto. La sua mente è un dedalo di insicurezze e rabbia repressa che sfoga con irruenza contro chiunque gli metta i bastoni fra le ruote.
Gordi, al suo opposto, è un orsacchiotto che con la guerra non ha nulla a che fare. La sua ingenuità permette al fratello di giocargli brutti scherzi, ma l’amore che prova nei suoi confronti, come per ogni creatura vivente, è più forte del male che anima ciò che lo circonda.
Le vite dei due fratelli cambieranno radicalmente quando il loro plotone sarà chiamato ad addentrarsi nella foresta magica che, come ogni elemento di questa storia, nasconde qualcosa di molto più macabro di quanto chiunque poteva aspettarsi.
Il linguaggio della violenza
Unicorn Wars è a tutti gli effetti un film di guerra, e si avvale di numerosi riferimenti a pellicole più celebri. Il personaggio di Caricias si rispecchia nel classico sergente che impartisce duri addestramenti e svalorizza gli elementi più deboli. Tuttavia, se nella prima parte del film il suo atteggiamento si associa facilmente a quello di Hartman di Full Metal Jacket, nella seconda scopriamo le fragilità e le paure di un sergente consapevole di star portando se stesso e il proprio plotone a morte certa. La violenza verbale lascia il posto a quella fisica, raggelando il sangue dello spettatore. Non ci aspetteremmo, infatti, di assistere a scene di sanguinose aggressioni, suicidi e addirittura atti di cannibalismo.
Ambientare una trama tanto violenta in un mondo che sembra uscito dall’immaginario di un bambino può nascondere molteplici significati che vanno oltre il gusto registico di Vázquez. Il risultato è in ogni caso qualcosa di tremendamente originale che si imprime nelle menti di chi guarda.
Unicorn Wars: una guerra santa
I want you for love army
Così recita il manifesto della propaganda che da anni permette il sostentamento dei generali e dell’esercito. Il riferimento è chiaro e non è l’unico. Dalle divise dei comandanti agli slogan che incitano all’odio verso il nemico, il rimando è certamente alla dittatura fascista, in particolare a quella franchista. Non solo: all’interno del film si parla apertamente di “guerra santa”, ossia quella portata avanti contro esseri considerati inferiori, gli unicorni. Figure fondamentali da questo punto di vista sono i personaggi del sergente Caricias e del prete, la cui relazione evolverà in un evitabile scontro quando la fede in un dio che non si mostra lascerà il posto all’istinto di sopravvivenza. Sarà proprio il prete a dimostrare più di tutti sangue freddo anche davanti alla morte, sinceramente convinto che anche la guerra faccia parte di un progetto divino.
Unicorn Wars si veste di un carattere anti-bellico che smaschera le ipocrisie di un sistema basato sul sacrificio dei più deboli. I piani dei generali vengono infatti sempre apertamente rivelati. Si parla di “effetti collaterali”, alludendo alla missione suicida affidata al plotone di Gordi e Azulín, o anche di “eroi dai piedi d’argilla”, figure create a tavolino per illudere i soldati semplici.
I rimandi alla Bibbia
Vázquez ha dichiarato di aver preso spunto da tre opere principali per il suo lavoro: Apocalypse Now, Bambi e la Bibbia. I fratelli Azulín e Gordi incarnano alla perfezione Caino e Abele, anche se Vázquez indaga più profondamente sulle motivazioni che muovono Azulín. I flashback che viviamo sono sempre e solo i suoi, colorati di un triste blu come la sua pelliccia, e approfondiscono il suo rapporto con la madre.
La piccola unicorno di cui seguiamo in parte le vicende fa di nome Maria. Una scelta più che azzeccata se si pensa al personaggio biblico, simbolo di innocenza e purezza, e al ruolo fondamentale che avrà invece l’animale nell’epilogo.
È poi nel “libro sacro” che viene tramandata la storia degli orsacchiotti, in una versione che li vede popolo eletto, cacciato ingiustamente dal Paradiso dagli invidiosi unicorni. Un fanatismo che ovviamente l’esercito usa a proprio vantaggio. Eppure non è questo a far credere ad Azulín di essere il prescelto, colui che governerà su tutti e riporterà Dio in Paradiso, ma è piuttosto manifestazione di un sentimento egoistico insito nella natura di ognuno.
La genesi del male
L’epilogo è ciò che mai lo spettatore si aspetterebbe, eppure non potrebbe risolversi in modo differente. Guerra, odio e morte sono il terreno fertile in cui il seme del male è stato piantato e il suo stesso nutrimento. A nulla di trascendente si può attribuire la colpa di un mondo governato dalla violenza e Vázquez non teme di puntare il dito su chi ipocritamente afferma di non avere responsabilità.
Il suo film è una critica alla guerra, alla religiosità bigotta e a chiunque permetta tutto questo.
L’innocenza strappata dalla crudeltà. Un avvertimento sulle apparenze che ingannano e le terribili conseguenze a cui portano.
Un epilogo che porterà a pensare: che ruolo ho io in tutto questo?