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‘La terra dei santi’. Recensione del film su MUBI

Pellicola d'esordio di Fernando Muraca, il film basato sul romanzo 'Il cielo a metà' di Monica Zapelli d'oro è un affondo al femminile nel mondo della ndrangheta

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La terra dei santi

La terra dei santi è un film italiano del 2015 e di genere drammatico scritto da Monica Zapelli (sceneggiatrice di I cento passi) e diretto da Fernando Muraca. Si tratta dell’adattamento cinematografico della prima opera di Zapelli, Il cielo a metà, un racconto al femminile delle dinamiche ndranghetiste. Il film ha ottenuto il consenso di pubblico e critica alla XIII edizione del Magna Grecia Film Festival di Catanzaro.

Nel cast figurano: Valeria Solarino – Vittoria, Lorenza Indovina – Caterina, Ninni Bruschetta – Domenico Mercuri, Daniela Marra – Assunta, Tommaso Ragno – Alfredo Raso, Francesco Colella – Nando Caligiuri, Piero Calabrese – Giuseppe, Marco Aiello – Pasquale Raso e Giuseppe Vitale – Avvocato.

Le riprese si sono svolte in particolare a Manfredonia, in provincia di Foggia. Il film è prodotto da KINESIS FILM e DM COMMUNICATION, e realizzato con il contributo del Mibact e con il sostegno di Fondazione Apulia Film Commission. 

Disponibile su MUBI.

La terra dei santi, la trama

I greci ortodossi definivano la Calabria “La terra dei santi”. Due donne per rappresentarle tutte. Da un capo del filo, Vittoria (Valeria Solarino): un magistrato, una promotrice della giustizia. Integra e dall’emotività trattenuta. Assunta (Daniela Marra) è la vedova di uno ndranghetista. Radicata nel territorio, soldatessa senza armi, fedele e tenace al suo destino. È per devozione al “sangue” che accetta di sposare suo cognato Nando (Francesco Colella), al pari di sua sorella Caterina (Lorenza Indovina).

La terra dei santi

Daniela Marra (Assunta) in una scena del film

Vittoria ha la tempra per contrastare l’impalcatura patriarcale su cui apparentemente si regge il sistema. Desidera far crollare le relazioni, già fragili, con l’obiettivo di salvare le donne. Un passo dopo l’altro, eppure sembra tutto inutile: il nemico è più forte. Allora deve spingersi oltre, tentare una strada impervia, allontanare l’oggetto d’amore, il perno su cui si incastra l’asse volitivo delle donne: i loro figli. Assunta si troverà per la prima volta a scegliere tra la mancanza eterna – fare a meno delle sue creature – e l’innominabile, la vita oltre il crimine.

La terra dei santi, un esordio promettente

Dalle parole del regista:

è un film che scava dentro le radici antropologiche del fenomeno ‘ndrangheta. Non abbiamo cercato di raccontare i crimini che essa compie perché già ampiamente lo fanno i telegiornali e le fiction televisive, ma di chiederci perché è così forte. La ‘ndrangheta non è semplicemente una organizzazione che gestisce traffici illeciti, una associazione a delinquere. Essa muta infatti la ‘natura’ stessa delle persone che vi appartengono. Esse, giurando fedeltà alla cosiddetta famiglia, perdono il libero arbitrio, ciò che caratterizza la persona forse più dell’intelligenza e di altre facoltà superiori. Gli affiliati diventano soldati di una forza oscura e settaria che opprime e distrugge la speranza, la gioia di vivere in intere comunità.

La terra dei santi è un’opera prima dotata di una struttura narrativa fortemente identitaria. Il cast è scelto accuratamente, le dinamiche tra i personaggi contribuiscono a corroborare la tenuta drammaturgica della pellicola. La fotografia di Federico Annichiarico conferisce al racconto un valore simbolico che lo trascende. Si tratta della forma al servizio del contenuto, in particolar modo atta a sottolineare i contrasti che sempre animano il mondo della criminalità. La regia si muove sapientemente tra i registri narrativi, mescolando generi diversi, ma confermando l’impatto drammatico del lungometraggio. Con una durata che copre bene tutti i momenti topici, donando all’audience un film con un ritmo interessante. La colonna sonora di Valerio Vigilar insiste sull’oscurità e sulla vertigine delle storie narrate, incuneandosi nel film come elemento non verbale di grande utilità metaforica.

La terra dei santi, lo sguardo femminile

Parlare della “ndrangheta” attraverso le immagini è una sfida che molti autori stanno vagliando di recente. Privilengiando il leit motiv della cronoca o l’approccio character driven, con un focus particolare sui personaggi. Lo zoom sulle storie dei singoli risulta un’opzione di grande impatto in termini di coinvolgimento dello spettatore. Opere come Anime nere di Francesco Munzi, A Chiara di Jonas Carpignano o, tra i prodotti in serie, The Good Mothers  di Julian Jarrold ed Elisa Amoruso eBang Bang baby di Michele Alhaique, Margherita Ferri e Giuseppe Bonito, hanno avuto il potere di combinare realtà e immaginazione, grazie alla prospettiva al singolare. Lavori che privilegiano lo sguardo femminile per un’angolazione nuova, spesso sommersa, da cui osservare un fenomeno di altissima rilevanza culturale.

La terra dei santi

Daniele Marra e Lorenza Indovina in una scena del film

Donne, mogli, madri, piantate al suolo d’onore, ma dotate di ali. La cinepresa fa toccare con mano la frustrazione, il dolore, i sentimenti che pulsano nel racconto. I dialoghi bilanciano il vuoto di alternative, ma contribuiscono a rendere l’ineluttabilità dello stare dove si è, nel posto che non hanno scelto. Una recitazione condotta per esplosione di occhi, mani, espressioni fa riverberare le sorti di coloro che, senza scampo, cercano di affermare la propria identità.

È il volto della criminalità interiorizzato da queste donne, la “ndrangheta dal di dentro”, che colpisce cuore e sensi l’audience. Così, il fenomeno mafioso resta cornice amara del racconto con le sue incursioni nel centro, mentre la prospettiva personale delle protagoniste tiene in piedi la narrazione e la rende peculiare rispetto ai riferimenti di genere.

Sono Diletta e qui puoi trovare altri miei articoli

La terra dei santi

  • Anno: 2015
  • Durata: 1'29''
  • Distribuzione: MUBI
  • Genere: drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Fernando Muraca
  • Data di uscita: 26-March-2015