Anno: 2012
Durata: 127’
Genere: Drammatico
Nazionalità: Francia/Germania/Austria
Distribuzione: Teodora Film
Regia: Michael Haneke
L’amore senile che si consuma nel tempo è il tema affrontato dalla Palma d’Oro 2009 Michael Haneke (Il nastro bianco) in Amour (Love), già annoverabile nella lista dei favoriti in questa 65esima edizione festivaliera. Il regista austriaco porta sul grande schermo di Cannes Jean-Louis Trintignant e Emmanuelle Riva, una coppia di insegnanti di musica in pensione la cui vita viene sconvolta dall’improvvisa malattia della donna, e Isabelle Huppert (protagonista dell’altro film in concorso In Another Country del coreano Hong Sang-Soo) nel ruolo della figlia lontana assorbita dalla propria vita.
Georges e Anne sono due ottantenni affiatati e attivi, escono per ascoltare i concerti degli allievi che hanno iniziato alla musica e si guardano ancora con gli stessi occhi di un tempo. La solidità della loro vita insieme subisce un cambiamento irreversibile quando Anne scopre di essere malata e, benché Georges si dedichi a lei con tutte le sue energie, niente può arrestare l’agire del tempo che corrode corpo e spirito.
Il settantenne Haneke sviscera con una forza narrativa tanto potente quanto penetrante tutta la sofferenza fisica e morale che si prova quando si invecchia. Amour è l’atto d’amore messo alla prova dall’avanzare dell’età e dalle complicazioni che esso comporta, è un ritratto intimo e doloroso dell’esistenza che si spegne. Questo film è una descrizione semplice della vecchiaia che con ferocia logora i tessuti, il pensiero e lo spirito delle sue vittime e degli affetti stretti intorno ad esse. Georges è un corpo debole che chiama a raccolta tutte le forze che gli restano per sostenere la persona a cui ha dedicato la sua vita, una donna colta e brillante ora annientata da una malattia che la rende ogni giorno sempre più inerme, quasi fosse una bambina. Isabelle Huppert resta in secondo piano nel dramma d’amore interpretato dalla superba coppia Riva-Trintignant che ha segnato il ritorno dell’attore francese negli ambienti cinematografici a distanza di dieci anni dall’ultima prova.
Georges e Anne sono due personaggi che non chiedono pietà, neanche all’apice della criticità, continuano ad affermarsi nell’unione che li lega fino a quando le circostanze non sbilanciano in modo insostenibile la reciprocità del sostegno. Non è facile aggiungere nuovi capitoli alle storie d’amore narrate attraverso il grande schermo, forse l’innovazione è più rintracciabile nel modo e nella forma che nel contenuto. Haneke, invece, indaga il senso profondo dell’amore da una prospettiva nuova e autentica, si incammina sul viale del tramonto catturando gli affanni di un percorso che finisce nella miseria più sconsolante.
Con un colpo d’autore, Haneke circoscrive l’azione nell’ambiente chiuso e asfittico di una casa, scrivendo un dramma da camera dove la crudeltà della malattia è più insopportabile della morte stessa. L’avanzare del malanno di Anne e la conseguente chiusura di Georges in un mondo isolato e compresso coincidono infatti con la limitatezza dei luoghi di scena, l’appartamento simbolo dell’oppressione fisica e psicologica che si abbatte sull’anziana coppia.
Francesca Vantaggiato