Anno: 2012
Durata: 150’
Genere: Drammatico
Nazionalità: Romania
Regia: Cristian Mungiu
Dopo essersi aggiudicato la Palma d’Oro nel 2007 con il suo secondo feature film 4 months, 3 weeks and 2 days, Cristian Mungiu ritorna sulla Croisette e convince la stampa con Beyond the hills (Dupa dealuri), film ispirato al romanzo ‘non-fiction’ Spovedanie la Tanacu (Deadly Confession) scritto dalla giornalista Tatiana Niculescu Bran. Nel 2005 una ragazza è morta per un presunto caso di esorcismo dopo poche settimane dal suo arrivo presso il monastero Tanacu in Romania. La giornalista ha seguito la vicenda e il processo contro il prete protagonista della storia (sospeso dall’ordine) per trarne un secondo libro intitolato Cartea Judecatorilor (The Book of the Judges).
La mano di Mungiu si fa quasi invisibile nel raccontare la storia di Alina (Cristina Flutur), una ragazza difficile e sola che si reca al monastero Tanacu per convincere l’amica Voichita (Cosmina Stratan) a tornare con lei in Germania. Le due ragazze erano molto vicine ai tempi dell’orfanotrofio, ma ora Voichita ha imboccato la strada della fede, è una novizia ortodossa. Per Alina l’unico affetto al mondo è incarnato da Voichita per la quale, ormai, esiste un solo amore possibile, quello di Dio. Alina soffre ed è agitata e, non riuscendo a comprendere i dettami della religione a cui nessuno riesce ad avvicinarla, si ribella. Le sue convulsioni vengono interpretate come un caso di possessione da cui solo la lettura continua di preghiere, l’acqua santa e il digiuno possono salvarla. E invece di liberarla dal male, il prete e le suore del monastero firmano la sua condanna a morte. Come ha spiegato il regista, Beyond the hills “è un film sull’amore e sulla libertà di coscienza e su come l’amore possa trasformare il bene e il male in concetti molto relativi. Gran parte degli errori di questo mondo sono stati commessi nel nome della fede e con l’assoluta convinzione che fossero commessi per una giusta causa”.
Mungiu ci pone dinanzi a questioni di ordine morale: fin dove è lecito spingersi in nome della fede? E ancora, seguire le regole alla lettera è davvero auspicabile e benefico? Alina è un’anima fragile annientata dagli schematismi di chi pretende di agire in nome di Dio, è una vittima consegnata al martirio (verrà, infine, incatenata e messa in croce per il suo presunto bene) perché i suoi dubbi non trovano la pazienza della spiegazione. 464 sono i peccati per la Chiesa Ortodossa che Alina è costretta a controllare nella sua lista d’azioni, e 0 sono i tentativi di tenderle la mano con umanità. Il punto della riflessione si spinge fino al cuore del concetto d’amore, dilaniato dal conflitto tra il buon senso istintivamente trainante verso l’aiuto del prossimo e l’atto benevolo controllato da regole rigide. Benché non esista una verità assoluta nell’interpretazione degli atti d’amore, spesso sono proprio le azioni compiute sotto il suo stendardo che finiscono col mistificare la bontà stessa delle intenzioni.
Senza alcuna severità giudicante, e quasi con compassione verso la limitatezza dell’agire umano, Mungiu mostra la fallacia del pensiero sorretto dalla fede cieca – qualsiasi sia la sua natura.
Francesca Vantaggiato