Arriva all’Italian Film Festival Berlin il saggio di diploma del giovane autore al Centro Sperimentale di Cinematografia.
Il barbiere complottista dipinge con tragicomica ironia la paranoia dilagante di un uomo medio, un barbiere della periferia romana (il bravo Lucio Patanè). Dentro un mondo in cui il confine tra reale e irreale è quasi inesistente, il web diviene la cassa di risonanza dell’attuale incapacità di osservare ciò che ci circonda, vedendolo semplicemente per quello che è.
In uno studiolo, a cui arriviamo percorrendo con una sinuosa steadycam un piccolo appartamento popolare, un uomo in penombra è al pc: guarda con attenzione e serietà un video sull’intermittenza dei lampioni. A fine visione, aggiorna il suo pubblico virtuale con un video della sua rubrica La verità che non ci dicono (con tanto di sito web di rimando): perché le nostre città si sono fatte più buie? Sempre più lampioni sono spenti, e quei pochi accesi, lampeggiano. Sicuramente c’è in ballo qualcosa di grosso, e ci vogliono tenere all’oscuro. C’entrano forse i Cinesi, il 5G?
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La nuova alienazione
Il barbiere complottista e il suo protagonista, che nella gestione della propria ossessione assume la patina dell’idiota dostoevskiano, incarnano alla perfezione la solitudine dell’uomo semplice, che assorbe senza filtri un mondo virtuale (la rete) capace di amplificare paure, sospetti, fragilità. La propria inadeguatezza nello stare dentro una realtà sempre più incomprensibile, poco stimolante, insoddisfacente.
Il sarcasmo la fa da padrona: si sorride ma è un sorriso amarissimo, perché il barbiere è puro nella sua ossessione. Niente sarà capace di scalfirla, neppure una logica spiegazione. Il visivo resta saldo nella prospettiva di partenza: una ‘soggettiva’ capace di prendere possesso degli spazi che attraversa. Dall’intimità della casa all’asettico commissariato, dai personaggi che incrocia (tutti resi con grande verosimiglianza e sostanza), il nostro barbiere complottista vive dentro il proprio centro.
Il finale, ben costruito, rafforza l’illusoria redenzione: un martire per il popolo del web, ancora più determinato, perché legittimato dalla cecità degli altri, a creare una realtà parallela alla verità dell’essere.