Quando Le meraviglie vince a Cannes, Ermanno Olmi telefona alla cineasta e le dice che «qualunque cosa farà sarà un disastro. Perché desiderano scoprirla e dopo che l’avranno scoperta non vorranno più farlo». La regista racconta questo aneddoto durante un dialogo con gli studenti della scuola Holden, in un itinerario a zonzo e di scavo dentro percorso, approccio e film di una vera fuoriclasse del cinema di oggi.
Alice Rohrwacher nasce a Fiesole (Firenze) sul finire del 1981. Figlia di genitori tedeschi e sorella dell’attrice Alba Rohrwacher, cresce nella campagna ternana, dove il padre fa l’apicoltore. Si laurea in lettere a Torino. Successivamente, frequenta un Master in sceneggiatura e documentario presso la Municipal di Lisbona e un altro in tecniche narrative, sceneggiatura e drammaturgi alla Scuola Holden di Torino.
Il “prima” di Alice Rohrwacher
La sua esperienza con il cinema inizia dai documentari. Insieme a Pier Paolo Giarolo, gira e monta il documentario in bianco e nero Un piccolo spettacolo (2005), occupandosi anche di soggetto, sceneggiatura e fotografia. Si tratta della prima collaborazione con Carlo Cresto-Dina, fondatore di Tempesta e produttore di tutti i suoi film. La cinesta lo definisce come l’incontro che le ha cambiato la vita. La pellicola viene premiata alla Festa Internazionale del Cinema Documentario di Roma. Lavora, inoltre, con diversi registi teatrali quali Gabriele Vacis, Eleonora Moro, Valter Malosti e Francesco Micheli in qualità di drammaturga e musicista. Ha suonato la fisarmonica in un gruppo di rock balcanico e klezmer.
«Bisogna avere sempre un piano B per mantenere la mente libera» afferma Alice Rohrwacher, «e nessuna fretta». Se il montaggio è la parte più bella del film, la cineasta lo sa sin dal principio, avendo curato la messa in opera di Tradurre e Boygo di Pier Paolo Giarolo, Le Reseau di Luciana Fina, In tempo ma rubato di Giuseppe Baresi e Residuo Fisso di Mirta Morrone.
Il suo esordio come regista avviene nel 2006, quando dirige l’episodio La fiumara del film collettivo Checosamanca, una raccolta di storie brevi che racconta diverse realtà regionali. Il lungometraggio è stato presentato durante la prima edizione della Festa Internazionale del Cinema di Roma. Si tratta di un misto di civismo e responsabilità politica, in un gioco di specchi in grado di trasformare il modo in cui osservare il mondo.
Il cinema è politica, soprattutto nella messa in scena, come la poesia. Credo che laddove il cinema aiuti a pensare con la propria testa sia un luogo di risveglio. Il cinema ha un potere politico importantissimo soprattutto in un’epoca in cui siamo frustrati dalle immagini.
La poetica di Alice Rohrwacher
Essere e voler essere. Allenata alla verosimiglianza, ma anche consapevole ed esploratrice di altre prospettive possibili. In equilibrio raffinato tra l’iperrealismo di antica e pregiata matrice cinematografica e lo slancio immaginifico e fanciullesco. Uguale e sfuggente a se stessa, accurata nella resa e allegoricamente sempre di rottura, danzante in uno scenario senza tempo e dagli echi attualissimi.
La cifra identitaria di Alice Rohrwacher esplode nel cinema di finzione come culla e sperimentazione, perché abitare lo sguardo, e il corpo tutto, di un altro è stare al passo con la tradizione, superarla, e fare esercizio di empatia e collettività. È come entrare nelle cose con sicurezza, ma anche aprendosi alle storture «per vedere i mostri». Un’esperienza simile a quella che tutti sperimentiamo quando nel nostro universo abitudinario irrompe qualcosa di nuovo, prima spaventoso, poi accolto e attraversato. L’angolazione da cui guarda e racconta è quella del fuori, che del dentro conserva gli occhi, in uno sforzo di approdo a territori sconosciuti a sé e risaputi per altri, per svelare con giocosità inesattezze, imprudenze e imperfezioni di ogni parte coinvolta.
La pellicola come scelta cinematografica e filosofica
Gira rigorosamente in pellicola, «finché sarà possibile». La definisce una delle scoperte più sensazionali del Novecento. Aldiqua e in linea con la tradizione cinematografica, eppure inattuale come il cinema tutto, in primis per l’egemonia del digitale. Con pochissimi ciak, la sua filmografia insiste sulla sintesi con un uso sapiente del montaggio, che è sempre un regalo gradito allo spettatore. «È il percorso che scopre te», afferma Alice Rohrwacher. Non serve raschiare il fondo, meglio seguire il flusso, risalire o navigare le correnti, tenere bene a mente gli argini per poter allargare il petto e respirare meglio. Non bisogna insistere se le cose non accadono, la pellicola aiuta in questo senso, poiché ostacola il pieno controllo e apre all’ignoto, quel margine di non conoscenza che rende il percorso realistico e entusiasmante. Escluso il conflitto, che la cineasta ricerca o fa sobollire sul set, fondamentale quanto avere persone intorno in grado di proferire verità. Il suo cinema, inoltre, si nutre anche di altro, arte pittorica e letteratura, per non franare ed esaurirsi in se stesso, per trovare sempre nuova linfa.
«A questo serve il corpo: mi tocchi o non mi tocchi, mi abbracci o mi allontani. Il resto è per i pazzi», scrive Patrizia Cavalli. Lontana da ogni intento didascalico, la sua filmografia richiama la poesia che si fa elogio e lavoro sul corpo. Come memento mori, vedere l’anima sempre incarnata.
Ripercorriamo i suoi film, ricostruendo la sua carriera fin qui dal fortunato esordio fino all’opera più recente.
Corpo celeste (2011)
Nato con l’idea di un documentario sul catechismo in Calabria, Corpo celeste è diventato poi il suo primo lungometraggio. Alice Rohrwacher racconta che la versione iniziale della sceneggiatura era «piena di cose sentimentali», quando ti suggeriscono «di scrivere solo cose che accadono». È il Ministero che legge gli script e, nel caso di Corpo celeste, ebbe modo di saggiare qualcosa di diverso. Il film nasce da una frequentazione approfondita delle piccole comunità religiose di Reggio Calabria, dove la pellicola è girata. Ispirato all’opera omonima di Anna Maria Ortese, il film esordisce durante la Quinzaine des réalisateurs del Festival del cinema di Cannes dello stesso anno. Ottiene un successo di critica, anche grazie alla partecipazione a numerosi festival, fregiandosi di molti riconoscimenti tra cui il Nastro d’Argento come migliore regista esordiente.
Si tratta di un film drammatico, raccontato dalla prospettiva della tredicenne Marta. Dopo aver trascorso la sua infanzia in Svizzera, torna con la mamma e la sorella maggiore a Reggio Calabria, la città in cui è nata e che ricorda a malapena. Timida, introversa e alle prese con un corpo che cambia, si confronta presto con una realtà che crolla dinanzi alle sue domande. Con occhi fanciulleschi e anima antica, Marta tenta di dipingere il suo futuro in maniera indipendente, vagliando le contraddizioni del mondo degli adulti e le loro deboli convinzioni. Qui la recensione.
Alice Rohrwacher dirige Yle Vianello, Salvatore Cantalupo, Anita Caprioli e Paola Lavini in un’opera prima matura e sorprendente. Prodotta da Tempesta, JBA Production, Amka Films Productions, Rai Cinema, ARTE France Cinéma, RTSI e SRG SSR Idée Suisse. Il lungometraggio è disponibile su MUBI.
Le meraviglie (2014)
Premiato a Cannes con il Grand Prix Speciale della Giuria, Le meraviglie è un film di genere drammatico di stampo autobiografico. Impattante per la sua eco neorealista, ma anche fortemente staccato dalla realtà per il peculiare tratteggio dei personaggi.
Una folta famiglia di apicoltori vive nella campagna umbra insieme ad un’amica. Si prende cura delle api, dell’orto e dell’allevamento in un tempo dilatato, antico e distante dalle accelerazioni metropolitane. Le regole a cui il gruppo è asservito sono rigide e inaggirabili, rispondono tutti alla legge agricola, pura e altissima come ciò che rimane del mondo rurale. Quando irrompe Martin, un bambino affidato temporaneamente alla famiglia, così come la conduttrice televisiva Milly Catena, la più grande delle figlie, Gelsomina, inizia ad essere attratta dalle “meraviglie” che il diverso porta con sé. La televisione e il figlio maschio a lungo atteso saranno il viatico verso l’ignoto, il seducente altro che farà vacillare l’assetto generale della vita agreste, aprendo a nuovi possibili equilibri. Qui la recensione.
Alice Rohrwacher dirige un cast corale, composto da Alexandra Lungu, Alba Rohrwacher, Sam Louwyck, Sabine Timoteo, Agnese Graziani, Monica Bellucci,André Hennicke,Luis Huilca, Eva Lea Pace Morrow e Maris Stella Morrow. Prodotto da Tempesta, Amka Films, Pola Pandora Filmproduktion, Rai Cinema, il lungometraggio è disponibile su MUBI.
Lazzaro felice (2018)
Presentato in concorso al Festival del cinema di Cannes dove ha conquistato ex aequo il Prix du scénario, premio destinato alla miglior sceneggiatura, Lazzaro felice è un film drammatico, raccontato dal punto di vista di un giovane uomo, Lazzaro. Un esperimento riuscito di collaborazione artistica tra attori alla prima volta (54 contadini) ed altri che avevano già recitato. Il progetto è sorto velocemente, ma si è sedimentato a lungo. Emerge dal cilindro di Alice Rohrwacher chiuso e delicato come un bocciolo. Opera ambientata fuori dal tempo, narra di un passato senza nostalgia, dotato dunque di tutte potenzialità di trasformazione.
Si tratta della vicenda di un contadino alla soglia dei vent’anni, ingenuo al punto da sembrare sciocco, e della sua amicizia con Tancredi, aristocratico e con una fervida immaginazione. Dentro una società regolata ancora dalla mezzadria, il rapporto tra i due accompagnerà il percorso di crescita di Lazzaro e il disvelamento del Grande Inganno. Un legame che travalica i confini spaziali e temporali. Perché è rassicurante rimanere se stessi quando intorno tutto cambia. Felici come Lazzaro, con la sua leggerezza nello stare al mondo, stupiti e non stupidi. Una parabola sacra e profana sulla religione degli esseri umani. Qui la recensione
Gli interpreti principali sono: Adriano Tardiolo, Alba Rohrwacher, Nicoletta Braschi, Luca Chikovani e Tommaso Ragno. Prodotto da Tempesta, Rai Cinema, AMKA Films Productions, Ad Vitam Production, KNM, Pola Pandora Filmproduktions, RSI, Arte France Cinéma e ZDF. Il lungometraggio è disponibile su MUBI.
Omelia contadina (2020)
Presentato fuori concorso al Festival del cinema di Venezia, Omelia Contadina è un cortometraggio di JR e Alice Rohrwacher. Si tratta di un’opera eclettica e di matrice attivistica, che mette in campo una performance a sostegno dell’agricoltura tradizionale, contrastata dalle monoculture intensive e dall’agroindustria. Al confine tra Lazio e Umbria, una comunità di contadini si riunisce per celebrare il funerale dell’agricoltura. Qui la recensione.
Interpretato da Luciano Vergaro, Dario Sforza, Iris Pulvano, Emanuele La Barbera, Elisa Cortese e i contadini dell’Altopiano dell’Alfina. Prodotto da Social Animals. Il cortometraggio è disponibile su MUBI.
Quattro strade (2021)
Nel tentativo di raccontare l’isolamento da lockdown, Quattro strade di Alice Rohrwacher è un manifesto in chiave umanista di quei momenti vissuti agli angoli di un incrocio, cuore, polmoni e sguardi tra vicini di casa. Un ulteriore tentativo di messa a fuoco sui corpi per avvicinarli mediante il cinema. Qui la recensione.
Prodotto da Avventurosa, Laboratorio L’immagine Ritrovata. Il cortometraggio è disponibile su MUBI.
Futura (2021)
Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del 74° Festival del cinema di Cannes, Futura è un documentario a sei mani, diretto da Aliche Rohrwacher, Pietro Marcello e Francesco Munzi. Da nord a sud e viceversa, si tratta di un’opera collettiva che palpita di desideri, sogni, insicurezze e disincanto dei “divenienti”, i giovani che stanno approdando all’età adulta. I cineasti vestono i panni del fuori campo, con l’unico obiettivo di esplorare i pensieri dei ragazzi come testimonianza attiva. Un’inquietudine generazionale come archivio aperto al futuro, nonostante sia spesso ignorato. Qui la recensione.
Prodotto da Avventurosa, Rai Cinema, con il contributo del Ministero della Cultura e con il sostegno di Regione Veneto, Regione Lazio e Fondazione Sardegna Film Commission. Il documentario è disponibile su MUBI.
Le pupille (2022)
In un confronto sempre aperto con il formato breve e l’opera letteraria, Le Pupille di Alice Rohrwacher è un cortometraggio che trae ispirazione da una lettera scritta da Elsa Morante all’amico Goffredo Fofi nel 1971. Una storia natalizia al femminile, girata in pellicola Super 16 e 35mm, che parla di emancipazione e desiderio di libertà. Il corto è stato candidato agli Oscar 2023. Qui la recensione.
Tra gli interpreti principali spiccano Alba Rohrwacher e Valeria Bruni Tedeschi. Prodotto da Tempesta e Esperanto Filmoj del regista Alfonso Cuaron. Il cortometraggio è disponibile su Disney Plus.
La chimera (2023)
Presentato in concorso al Festival del cinema di Cannes 2023, La Chimera è un film di genere dramedy che chiude la trilogia di scavo nel passato iniziata con Le meraviglie. Il film, ambientato negli anni Ottanta nel’universo clandestino dei tombaroli, scoperchia un mondo ricco di tesori d’arte e un passato in accordo con la natura. L’opera rischiara un cinema senza catene e induce a ricercare l’invisibile, l’umanità bella dentro la devastazione. «Sembra un film mistico invece è avventuroso, goliardico» afferma Alice Rohrwacher. «Si parla delle peripezie di un gruppo di tombaroli, pieno di vitalità. Ma dietro al viaggio dei tanti personaggi c’è un’altra forza. Speriamo che guardando il film il pubblico possa alzare gli occhi al volo degli uccelli e chiedersi il significato di questa geografia misteriosa». Qui la recensione.
Il cast principale è composto da Josh O’Connor, Isabella Rossellini, Carol Duarte, Alba Rohrwacher e Vincenzo Nemolato. Prodotto da Tempesta, Rai Cinema, Ad Vitam e Amka Films Production. Disponibile nelle sale dal 23 novembre 2023.
Nuovi progetti di Alice Rohrwacher
Sono iniziate lo scorso anno le riprese della prima serie tv girata dalla regista e intitolata Ci sarà una volta (There Will Be a Time). Sviluppata con la Wildside, società del gruppo Fremantle, e Tempesta. Il progetto nasce da un’idea di Alice Rohrwacher, che ha scritto la sceneggiatura con Marco Pettenello. Le riprese sono iniziate nel 2022. Si tratta di un prodotto incentrato sull’universo dei cantastorie, «un’antologia del viaggio che, da una parte esplora il vasto mondo della fiaba italiana, dall’altra rivive la vita delle strade d’Italia alla fine degli anni 50».
La serialità è la formula adatta al contenuto, poiche la fiaba ha origine nell’oralità e si tramanda in raccoglimenti. Sempre nell’ottica di costruire un ponte tra passato e futuro e considerata l’ambientazione storica, l’avvenire sarà il destinatario all’altro capo del telefono.
Sono Diletta e qui puoi trovare altri miei articoli