Clemency è il secondo lungometraggio della regista Chinoye Chukwu che vede come interpreti Alfre Woodard, Richard Shiff, Danielle Brooks, Aldis Hodge, in streaming su Netflix.
Nel 2019, il film ha vinto il Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival. Chinoye Chukwu è la prima regista donna di colore a ricevere questo prestigioso riconoscimento.
Trama del film
Clemency racconta la storia di Bernadine Williams, l’integerrima direttrice di un carcere, la cui visione del mondo viene sconvolta durante quella che dovrebbe essere una esecuzione di routine (ai danni del detenuto Victor Jimenez) e che si trasforma in un’agonia senza fine.
A questo si aggiunge anche la battaglia mediatica che viene fatta per un altro detenuto. Anthony Woods è stato condannato a morte per aver commesso un omicidio ai danni di un agente di polizia. Probabilmente, anzi, quasi sicuramente, Anthony è innocente e non ha mai sparato al poliziotto, viste le varie ricostruzioni che vengono fatte. Questi due avvenimenti porteranno Bernadine a mettere in discussione la sua morale e, forse per la prima volta, rivalutare quella che è la legge più infame che possa avere uno stato, la pena di morte.
La pensione come via di fuga
Il focus di Clemency è, dunque, sviscerare un argomento molto caro al cinema mainstream, soprattutto quello americano. In questo film, però, il punto di vista si concentra sulla direttrice del carcere che diventa mera esecutrice della condanna, aspettando (o sperando) un contrordine che venga dall’alto.
Il tema del film, invece, non è la pena di morte, ma la perdita della speranza, che la regista declina attraverso questo argomento.
In Clemency si sente spesso la parola “pensione”. In pensione vuole andarci Marty, l’avvocato di Anthony Woods, ben interpretato da Richard Shiff che restituisce solamente con i suoi occhi la perdita della speranza verso quello che sarà il suo ultimo caso. Vuole andarci il cappellano, che dopo aver fatto “gridare e sbraitare” centinaia di detenuti condannati a morte, decide di ritirarsi a vita privata. Non vuole andarci, però, Bernadine, nonostante le richieste del marito. Bernadine, infatti, appare come una direttrice fredda e distaccata, ma porterà dentro la sua vita privata i demoni che non riesce a esorcizzare. Bernadine dice che il suo carcere ha uno scopo rieducativo, fondamentale per la società, ma poi afferma che non si può cambiare il mondo. La dua figura è quella più affascinante, perché la più contraddittoria e la più incoerente.
Una professionista integerrima, fortemente legata alle procedure, ma allo stesso tempo idealista e vogliosa di giustizia.
Per tutti loro, la pensione indica il fatto di non avere più voglia di combattere, o molto semplicemente, di non averne più le forze. La pensione vuol dire non avere più a che fare con una legge criminale come questa e gettare la spugna.
La disillusione di Anthony
Infine, a perdere la speranza, c’è Anthony Woods, il condannato a morte, colui che una speranza (sotto sotto) sa di non averla mai avuta.
Anthony vuole lottare e soprattutto lottano coloro che stanno fuori a protestare per lui, ma si rende conto di essere inerme. L’unico modo che ha di lottare, allora, è quello di farsi giustizia da solo. Anthony prova a togliersi la vita e non dare questa soddisfazione allo stato, il quale, in modo ipocrita, interviene salvandolo dalla morte, entrando in una spirale di paradosso che fa riflettere.
Anthony lotta stando in silenzio, facendo aumentare i sensi di colpa in Bernadine. Alla fine, però, il detenuto lancia il suo grido di disperazione che apre uno squarcio nel cuore dell’integerrima e, apparentemente, fredda e distaccata direttrice del carcere che gli darà la morte.
