Suntan di Argyris Papadimitropoulos è uscito nelle sale italiane, come primo appuntamento della rassegna Greek Weird Wave 10, dedicata ad alcuni registi rappresentativi della New Wave greca. Lanthimos e non solo.
È un piccolo film perché parla di gente comune, ma si fa grande nel diventare tragedia, nella sua rappresentazione, nel farla maturare piano piano fino ad esplodere. Un delirio amoroso come pochi, in un contesto di sventatezza, a preannunciare il dramma.
Suntan è distribuito da Trent Film.
Suntan La trama ufficiale
Per il quarantenne Kostis, la vita è scivolata via senza lasciare traccia. Medico di una minuscola isola, Kostis trascorre da solo un triste inverno. Quando arriva l’estate, però, l’isola si trasforma in un fiorente luogo di vacanza selvaggio con spiagge per nudisti e feste piene di follia ed eccesso. Quando Kostis incontra la bella ventenne Anna, si innamora di lei e fa di tutto per impressionarla, trascorrendo il suo tempo tra alcol, feste e momenti intimi con lei e il suo gruppo di scatenati amici. Ciò che inizia come una riscoperta della sua giovinezza perduta, però, si trasforma lentamente in un’ossessione, poiché Kostis è disposto a fare di tutto per tenersi Anna.
Makis Papadimitriou e Elli Tringou in ‘Suntan’
Suntan. Inverno: un’infelicità senza desideri
L’incipit di Suntan è costruito tutto sul viso di Kostis (Makis Papadimitriou), sul quale s’insisterà molto anche in seguito. È serio, serissimo, quasi imbronciato, nel traghetto che lo porta ad Antiparos. Alle sue spalle, come non lo riguardasse, la panoramica riflessa dell’isola di approdo. L’arrivo. L’ingresso nella casa modesta in cui sembra troppo faticoso persino accendere la luce.
Lo accoglie un triste alberello di Natale, simbolo di quelle che saranno le sue giornate invernali, fatte di cibi precotti, di ore in ambulatorio vissute senza passione e di soste in osteria senza leggerezza.
Kostis porta con sé, nello sguardo e nella postura, negli atteggiamenti schivi, tutto il fallimento dei suoi quarant’anni, reso benissimo dalla poca luce dell’esordio. Eppure i paesani sembrano volergli bene. Eppure, questa prima parte del racconto sembra la più riuscita, per la presentazione di un personaggio che non si fa amare, ma capire, almeno sì.
Estate: la sfrenatezza
Il primo sorriso di Kostis lo si vede quando incontra Anna (Elli Tringou) e i suoi amici. Le scene si fanno improvvisamente luminose; al tempo speso in luoghi chiusi si sostituisce quello della spiaggia, ai corpi anziani dei pazienti quelli perfetti dei giovani nudisti. Tra loro, Kostis si muove impacciato, in un fisico non bello, i cui difetti sono accentuati dal confronto.
Anna però gli dà quel briciolo di considerazione che lui, abituato a non essere visto, amplifica. Il gruppo lo accetta e poco importa se come mascotte o perché paga le birre, o, peggio ancora, perché è buffo vedere un medico serio che improvvisamente perde il controllo. Per noi, invece, che ne abbiamo visto la prima versione, non c’è niente di divertente.
Con mano sicura, e la lucidità tipica di certo cinema greco, Papadimitropoulos segue la caduta del protagonista senza difese, tralasciando volutamente di costruirgli alcuna protezione. Kostis precipita nell’amore, nel gioco, nell’incoscienza, nell’alcool, nel sesso (più osservato che vissuto), in esperienze che non sono le sue e non potrebbero mai diventarlo.
Un altro da sé, eccessivo
Un solo riferimento temporale, quasi all’inizio del film, ci dice che la storia va da dicembre 2014 all’estate successiva. Quindi inizia due anni prima l’uscita del film, in Grecia. Chissà per quali misteri della distribuzione esce soltanto ora in Italia!
Durante l’esordio, il telegiornale (sempre nella casa buia di Kostis) ci dice che sono nati i gemelli del principe Alberto di Monaco, quindi si può facilmente ricostruire la data. Per il resto, l’isola godereccia sembrerebbe ferma a certi modelli degli anni Settanta; addirittura superarli. I comportamenti di Anna e dei suoi amici sono talmente sopra le righe da confonderci. Sempre impegnati nel groviglio dei corpi, nel bere e nella compulsione del divertimento, che quasi non sembrano veri.
Secondo noi, il regista greco ha voluto calcare la mano sul lato opposto del sentire quotidiano di Kostis. Kostis non incontra solo la gioventù che si è negato, la spensieratezza, ma un’ostentazione di libertà da rasentare l’incoscienza. Per questo perde la testa.
Per questo forse il tempo sembra sospeso, perché il dramma ripete i miti greci (e universali) nei modelli dionisiaci ed apollinei, nelle figure del senior e del puer aeternus. Ci vuole una grande maturità perché le due parti trovino una possibile integrazione. E non è il caso di Kostis.
Monday di Argyris Papadimitropoulos
Certo è che anche i protagonisti di Monday (2020), film Netflix dello stesso regista, che non sono ventenni, vengono spesso rappresentati in situazioni di perdita di controllo. Il sesso non è mai solo suggerito, le ubriacature sono frequenti, così come l’ottundimento, la fuga dal nucleo della propria nevrosi.
Mickey (Sebastian Stan) e Chloe (Denise Gough) sono due americani quarantenni che si incontrano ad Atene. Il colpo di fulmine e la notte passata insieme fanno sì che Chloe annulli la sua partenza per gli Stati Uniti. Presto vanno a convivere, dovendo affrontare tutte le difficoltà, inevitabili anche quando l’attrazione è così forte.
Il film inizia con un eccesso e con un eccesso termina. I due (neanche tanto ragazzini) si fanno sorprendere dalla polizia sulla spiaggia, nudi, per ripetere poi una simile intemperanza, aggravata dalla droga, verso la fine della narrazione. Allora è vero che i personaggi di Argyris Papadimitropoulos amano esagerare?
Non ne siamo sicuri: sarà uno stimolo per vedere altri film del regista greco.