É giorno. Fa freddo. Un uomo scende dall’auto, attraversa un cortile, s’imbuca in una struttura ed entra in una stanzetta, arredata con niente. Si sente una voce maschile fuori campo: ”Avrei potuto avere anche delle alternative, aspettare un treno, ma non avrei avuto il coraggio.”
Chi parla è Edoardo (Edoardo Sorgente) che, tra mille difficoltà, prova a raccontarsi a Francesco (Francesco Mandelli), il fratello che è andato a trovarlo. I due si annusano ed Edoardo, per sciogliere la tensione, dopo aver chiesto a Francesco della figlia, scopre che è separato da anni.
Dopo averci girato ancora un po’ intorno, Francesco, in maniera diretta, chiede al fratello perché non l’ha contattato prima di tentare il suicidio con un’ingestione massiccia di farmaci. Edoardo nicchia, si difende e, allora, Francesco, intuite le sue resistenze, per scuoterlo, gli comunica che parlerà con i medici e non andrà via fin quando non lo seguirà. Prende poi la chitarra e intona le strofe di una canzone che i due cantano insieme.
Francesco propone al fratello di affiancarlo nei suoi tour canori e aiutarlo a caricare e a scaricare gli strumenti, ma Edoardo, dopo aver sottolineato che è diverso da lui, lascia intendere che non lo seguirà. Il corto si chiude con Francesco che risale in auto e ricanta il brano che aveva accennato con il fratello.
Sarà certamente un caso, ma il tema del suicidio è stato oggetto recentemente di due opere toccanti e commoventi. Nel doc Svegliami a mezzanotte, Francesco Patierno racconta, in maniera disarmante, la lucidità con la quale una giovane giornalista, sposata “felicemente” e madre di una bambina, programma il proprio suicidio e, “miracolosamente”, sopravvive dopo un volo dal quarto piano.
Ne Il primo giorno della mia vita, Paolo Genovese mette in campo una sorta di angelo (Toni Servillo), che ha il dono di spostare all’indietro le lancette dell’orologio per chi sceglie di recedere dalla propria decisione di sopprimersi. Entrambe le opere sottolineano come sia difficile ridonare, a chi si sente spento dentro, quella carica vitale, quell’energia, per rimettersi in pista e affrontare le infinite battaglie quotidiane. Lo sa bene Pablo Solari, regista del corto, che non confeziona una vicenda a lieto fine, sdolcinata e trionfalistica, ma, realisticamente, lascia che i due fratelli si guardino negli occhi e prendano atto del loro differente stato d’animo; da un lato Edoardo, smarrito e spaesato, alla ricerca di un suo posto nel mondo, e dall’altro Francesco che, nonostante una vita affettiva scompaginata, è felice perché si nutre della propria musica.
Solari sposa un taglio teatrale, fa largo uso del campo-controcampo e ambienta, praticamente, la vicenda nella stanzetta dove è ricoverato Edoardo. Mandelli, in un ruolo drammatico, e convincente. Come spesso accade il titolo del corto resta oscuro e non rimanda all’atmosfera che si respira nell’opera. Il brano che cantano nel corto è Povero cuore di Matteo Mobrici e Maciste Dischi.
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Locandina del film