African Dreamers – cinque storie vere è il titolo di un docu-film realizzato da sette diversi autori riuniti nel collettivo Hic Sunt Leones. Il docu-film, nato come progetto crowdfunding, racconta le storie di cinque donne africane, tra loro molte diverse ma riunite dalla medesima amara sofferenza: Wangare, Grace, Deborah, Marveille e Mariam. Il lungometraggio ripercorre la loro storia personale, il loro rapporto con le famiglie e il contesto di provenienza. Ma soprattutto si cerca di ricostruire anche quello che è il loro presente, poiché è un racconto in divenire: non si propone un vero e proprio lieto fine, ma una fievole speranza. Il collettivo le ha seguite per ben tre anni tra Tanzania, Kenia e Costa d’Avorio e ne ha restituito dei piacevoli e magnetici ritratti.
African Dreamers era in programma per il 2020 ma la prima nazionale è stata poi annullata causa pandemia Covid-19. È stato poi proposto definitivamente nel 2023 sulla piattaforma Rai Play e nel contesto del RomAfrica Film Festival (manifestazione svoltasi dal 14 al 16 luglio presso la Casa del Cinema a Roma).
La storia produttiva di questo docu-film ci propone quel bisogno di narrativa finalizzato alla restituzione di una porzione del reale. Persone che vogliono raccontare l’Africa perché appassionate e consapevoli di quanto tali questioni vengano percepite come lontane dall’occhio cieco del privilegiato europeo.
Gli autori del docu-film lo hanno chiaramente specificato:
“Vogliamo farvi immaginare l’Africa che non immaginate. Questa è la nostra la missione. Quell’Africa di cui non sentiamo la voce, nemmeno un flebile respiro, sulle nostre quotidiane cronache. Noi sette abbiamo deciso che quelle cronache, semplici storie di coraggio e di libertà diventino le nostre e le vostre storie”.
Le tematiche di African Dreamers: le diverse sfumature della sofferenza
La narrazione si svolge mediante l’intersecarsi delle singole storie. Queste, infatti, non vengono presentate come unità singole e/o legate solo dal contesto geografico, bensì come un’unica porzione di realtà. Le donne non si conoscono, eppure sembra quasi che dialoghino in primis tra loro e non solo con il pubblico, volendo comunicare la medesima sofferenza.
La scelta di queste cinque diverse protagoniste è interessante perché ciò ha permesso di toccare argomenti differenti. Si narra, infatti, della delicata questione della mutilazione genitale femminile, pratica purtroppo ancora messa in atto e promossa dai padri di famiglia. Si problematizza la tematica della prostituzione che inizia sin dalla tenera età. Viene toccato il problema dell’istruzione, tanto desiderata da molti ma privilegio di pochi. African Dreamers, insomma, indaga differenti questioni (non solo quelle elencate, ma tante altre). La varietà e la scelta di sondare la parte emotiva delle donne tramite le loro stesse parole permette allo spettatore di legarsi e incuriosirsi, spingendolo a un’intensa ricerca post-film. Non sempre i tecnicismi e i ritratti prettamente socio-politici funzionano: talvolta, è necessario privilegiare l’aspetto umano per incuriosire.
Ciò che emerge molto chiaramente è che l’Africa è una realtà tanto bella quanto anche complessa e senza pietà, ma lo è ancor di più se si è donne. È in questo che il pubblico femminile può identificarsi: la lotta per l’emancipazione viene combattuta ogni giorno da donne di culture e origini diverse.
È dunque fondamentale conoscersi e ascoltarsi: il femminismo non può essere definito tale se non comprende ogni sfumatura dell’esser donna.
“Tutte le ragazze africane devono diventare donne e poter sognare“, è così che inizia il lungometraggio, e il pubblico (femminile e non) è pronto ad accogliere e a far proprio questo desiderio.
