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In Sala

Il pescatore di sogni

I presupposti c’erano tutti. Poteva essere una buona pellicola, senza pretese, leggera con intelligenza e british humor. Eppure qualcosa deve sempre andare storto. Sembrerebbe esserci in atto un preciso piano per cui nulla di quest’epoca debba essere consegnato ai posteri senza il timore (o la garanzia) di essere presi per il culo

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Anno: 2012

Distribuzione: M2 Pictures

Durata: 112’

Genere: Commedia

Nazionalità: Regno Unito

Regia: Lasse Hallström

 

I presupposti c’erano tutti. Poteva essere una buona pellicola, senza pretese, leggera con intelligenza e british humor. Eppure qualcosa deve sempre andare storto. A quanto pare è un segno di questi tempi. Sembrerebbe esserci in atto un preciso piano per cui nulla di quest’epoca debba essere consegnato ai posteri senza il timore (o la garanzia) di essere presi per il culo. Allora, Il pescatore di sogni è la storia di Fred Jones (Ewan McGregor), uno scienziato che lavora per conto del Ministero della pesca e dell’agricoltura britannico e che viene interpellato da Harriet Chetwode-Talbot (Emily Blunt), rappresentante di uno sceicco yemenita (Amr Waked) con lo scopo di convincerlo a prestare la sua consulenza per intraprendere un progetto curioso: la pesca al salmone nello Yemen. In un primo momento il dottor Fred cercherà comicamente, con battute brillanti, piacevolissime di scoraggiare i suoi interlocutori nel perseguire il progetto, ma il suo matrimonio in crisi e la determinazione dello sceicco faranno scattare in lui qualcosa che lo porterà ad accettare e lavorare al fianco dell’affascinante signorina Chetwode-Talbot.

Il film si divide nettamente in due parti e la cesura è facilmente individuabile. La prima parte vede gli attori impegnati in un’ottima prova di commedia fresca e sfavillante: a tratti la sensazione è quella di trovarsi di fronte a una rivisitazione di commedia leggera hollywoodiana, con McGregor che fa pensare a un timido Gregory Peck, e con tutte quelle situazioni tipiche da “filmettino (ma) di un certo livello”. Tutto sembra essere al posto giusto: la cinica portavoce del primo ministro britannico (Kristin Scott Thomas) a caccia di buone notizie dal Medio Oriente, per ammansire l’opinione pubblica dopo il bombardamento di una moschea in Afghanistan (fatto strano e positivo in una commediola del genere, no?), lo sceicco che sembra felicemente appartenere a uno stadio evolutivo di livello superiore a quello delle scimmie del Mekong. Finalmente tutto sembra quadrare. E poi c’è Emily Blunt, bellissima, che interpreta un ruolo da donna risoluta, in grado di non irritare neanche un misogino presente in sala. Bene. Molto bene. Lentamente si introducono elementi che fanno tremare pericolosamente il sopracciglio sinistro: c’è aria di islamisti cocciuti che accusano lo sceicco di aver tradito il loro dio. E la pellicola precipita nella minaccia di un attentato contro lo sceicco Sampei.

L’attentato ci sarà, e verrà sventato nel peggiore dei modi: durante una battuta di pesca Ewan McGregor, fiutando il pericolo, con un rapido gesto colpirà al volto l’attentatore in gonnella con la sua canna da pesca. No, non ci siamo capiti, non con la canna, ma con la lenza, con l’amo, con un lancio alla distanza di almeno un isolato. Provare a spiegarlo è imbarazzante. E ci si chiede perché? Perché da quel momento il film deve diventare un mix di commedia rosa drammatico-sentimentale con implicazioni ittico-islamiche? Perché? Dispiace, perché stava venendo su un bel lavoretto. Per metà film si rideva pure, ma poi qualche sceneggiatore (quello di The millionaire, per intenderci) sotto acido (o peperonata, fate voi) ha deciso che il buon lavoro non s’ha(vea) da fare.

Riccardo Cammalleri


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