fbpx
Connect with us

Prime Video Film

‘Manhattan’ : il giorno e la notte di Allen

Nella filmografia di Woody Allen il suo "Manhattan" ha un posto particolare. La decadenza culturale di una città combacia con il placetelling d'amore sulla metropoli americana.

Pubblicato

il

Manhattan

Scritto, diretto e interpretato da Woody Allen, l’opera chiude il cerchio anni 70’ del regista, ed è prodotta da Charles H. Joffe. Al soggetto, Allen lavorò assieme allo storico collaboratore Marshall Brickman, già co-sceneggiatore di Annie Hall, e si avvalse della splendida fotografia in bianco e nero del principe dell’oscurità del cinema americano, Gordon Willis.

Manhattan costituisce la sesta collaborazione tra il regista e la sua musa Diane Keaton. All’interno del cast troviamo una giovane Meryl Streep al suo terzo film e la nipote del celebre scrittore Ernest Hemingway, Mariel. Manhattan è disponibile su Amazon Prime Video.

IL TRAILER

 

 Il triangolo di Isaac

L’alter-ego di Allen è un autore televisivo che ama profondamente la sua città, nella quale vuole ambientare il suo romanzo. Ha da poco divorziato da Jill , che l’ha lasciato per una donna e sta pubblicando un romanzo sul loro matrimonio fallimentare che Isaac tenta di fermare in tutti i modi. Mary è una giornalista divorziata che, lasciata da Yale, miglior amico di Isaac, inizierà una relazione proprio con quest’ultimo. Prima di tale triangolo Isaac inizialmente ha una relazione con la minorenne Tracy che lascerà subito per Mary. Durante la convivenza tra i due, Mary si accorgerà di amare ancora Yale e tornerà da lui. Isaac, messo alle strette, ci riproverà con Tracy come un cane bastonato. La ragazza lo accetterà ma solo dopo essere tornata dalla scuola d’arte drammatica a Londra.

 

Manhattan

 La lettera d’amore per Manhattan

Il personaggio di Allen, nel suo voice over iniziale sullo sfondo dei grattacieli, confessa il suo amore verso una città che lo aliena proprio perché è morbosamente attaccato ad essa. Recita:  New York è la sua città e lo sarebbe stata per sempre. Il ponte di Brooklyn, la Fifth Avenue, lo stadio degli Yankee, il Radio City Music Hall, il Guggenheim. E ancora, Central Park, i teatri di Broadway, i fuochi d’artificio del 4 luglio.  Tutte immutabili luci di una città eterna, immaginifica e profondamente crudele nell’essere causa e sintomo della decadenza culturale della società contemporanea.

Manhattan viene dopo il cult Annie Hall ma subito dopo il bergamiano Interiors, e tutta quanta l’opera di Allen respira di questa fusione tra dolce e amaro, tra il giorno e la notte, come ebbe a dire la critica Elena Dagrada. Perché il cineasta americano, sfruttando l’esilarante e imprevedibile intreccio amoroso tra Isaac, Mary e Tracy, sviluppa un atto d’amore su ciò che ama più al mondo. La sua città. Operando un pregevolissimo lavoro di placetelling, e mettendo in scena una tagliente caricatura dell’individuo newyorkese.

 

Manhattan

Isaac, Yale e la decadenza di Manhattan

Allen usa la solita maschera dell’uomo blasé, nevrotico e depresso, e lo fa nella caratterizzazione che gli riesce meglio: lo scrittore, qui autore della Tv, con un matrimonio alle spalle, ed eternamente rinchiuso tra la grigia Manhattan e il lettino dello psicanalista. L’autore di Annie Hall usa più maschere e lo fa proprio nel genere della romantic movie. Perché Manhattan nel suo intreccio può sembrare quello che appare. Una commedia romantica sull’ego di Allen e sulla puntata definitiva del suo rapporto con Diane Keaton, qui in una versione più simile ai suoi alter-ego. Ma in realtà l’approccio col genere romantico è solo un pretesto usato per interrogarsi e demonizzare la società in cui vivono sia lui che Isaac.

 

Manhattan

Affresco ben introdotto dal migliore amico di Isaac, Yale, nel suo buttare tra le braccia del protagonista Mary, salvo poi riprendersela. Ma ben rappresentato dalla figura di Isaac, il sofisticato saputello in preda ai suoi impulsi improvvisi che soggioga e abbandona la dolce Tracy per poi rimanere col cerino in mano e pregare la ragazza di riprenderlo con sé.  Allen quindi destruttura una società vuota, che fa di tutto per cercare di apparire nuova e al passo con i tempi, celando la privazione di alcun riferimento ideologico e culturale. Una società bigotta e tradizionalista, ma che Allen, nel corso della pellicola, dimostra essere tutto il contrario.

Quello che Isaac sa sull’Amore

Al netto della grande operazione di placetelling, Manhattan rappresenta anche una tesi filmica sull’amore secondo il cineasta newyorkese. Nel corso degli anni, fior di articoli si sono spesi su come Allen metta al centro dei suoi film le donne, e questo in parte è vero, ma quasi nessuno nota come il regista crei ogni suo alter-ego tendendo sempre a sottrarsi a sua volta. Come era avvenuto per Annie Hall, anche in Manhattan Allen parte in posizione di vantaggio nei confronti della partner con cui ha a che fare. Il soggiogamento nei confronti di Tracy è abbastanza palese come lo era nei confronti di Annie. Entrambe, sia Annie che Tracy, pendono dalle sue labbra, e si fanno condizionare dai suoi modi, dalla sua superiorità culturale. Ma Isaac, come del resto in molte opere di Allen, agisce da eroe catalizzatore permettendo ai suoi partner femminili di fiorire.

 

Manhattan

La maschera dell’eroe romantico

Come il caso di Tracy. Bambina immatura e innamorata fragile e disperata, donna emancipata che nega al protagonista il suo finale forzato, imponendone invece uno aperto e un incerto lieto fine dopo il suo ritorno da Londra. Ed è nella sua ennesima versione che Allen costruisce, decostruisce e certifica ciò che sa sull’amore. Si ricollega al suo inno della follia relazionale dicendoci ciò che non sa. Non sa amare Tracy, ma comprende l’amore della giovane e tenta di accontentarla. Si fa dettare dall’imprevedibile impulso della cinica Mary, ci convive, cercando di tirarci fuori qualcosa che assomigli a una forma di stabilità romantica. Ma alla fine viene sedotto e abbandonato da Mary, e cerca di tornare dalla minestrina riscaldata di Tracy accorgendosi che nel frattempo è diventata bollente.  Il disadattamento al suolo di Manhattan è una costante legata alla maschera del disturbatore metropolitano, che, nelle sue pazze cronache d’amore, cerca di adeguare il proprio io allo sguardo di Manhattan su di lui e sulla gabbia dorata che lo inghiotte.

 

Manhattan: una scena con regista/ protagonista Woody Allen

L’Allen europeo

La lettera d’amore a Manhattan si trasforma in uno straordinario capolavoro di placetelling della grammatica cinematografica. Il dolce bianco e nero di Gordon Willis è il terreno sul quale la maestria della messa in quadro entra nel dettaglio. Allen usa il widescreeen per favorire l’utilizzo dei campi lunghi e permetterci di ammirare scene iconiche come quelle della panchina, tra Isaac e Mary, sul ponte  Queensboro Bridge. Negli interni invece il cineasta newyorkese predilige piani-sequenza con lenti carrelli all’indietro. Il voice over di Isaac, vestito da monologo sulla città, ne rappresenta il prologo e l’epilogo con una funzione da sopraffino plot driven; decentralizza i personaggi e il cuore dell’intreccio, rendendo viva l’estetica e la narrazione su Manhattan.

 

Manhattan

Il tempo compatto

Dimostrando, Allen, ampliamente assimilata la lezione di Jean-Luc Godard sull’anarchia nel linguaggio filmico, e quella di Ingmar Bergman sull’assenza di campo-controcampo in amore. Ma il merito maggiore lo compie nella suddivisione del tempo. Il raccordo tra le inquadrature compatta un’unità e una continuità dell’azione filmica che mimetizza ogni stacco nel corso del film, e ciò grazie a come Allen riesce a gestire sequenze e sotto sequenze, favorendo una temporalità interna incredibilmente compatta. Allo splendido soave black and white di Willis, si aggiunge la colonna sonora di George Gershwin, che apre e chiude il film con la sua Rapsodia in blu e contribuisce al meraviglioso spettacolo pirotecnico di Manhattan. Altezze e albe dei grattacieli che provano a celare lo sfasamento nevrotico del personaggio di Isaac.

 

Manhattan

Woody Allen , pur non rinunciando alla sua nota maestria nelle frasi d’effetto divenute nel tempo aforismi contemporanei (come Sei così bella che stento a tenere gli occhi sul tassametro), riesce in un’operazione che nel cinema è avvenuta in modo raro e sporadico. Unire un elegante e raffinato esercizio di stile con toni scanzonati e comici, sommando una messa in scena amara e cupa con una azione diegetica vitale e leggera. Riuscendo a far convivere, senza alcuna difficoltà, l’Allen umorista e l’Allen perdutamente sognatore.

Scrivere in una rivista di cinema. Il tuo momento é adesso!
Candidati per provare a entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi drivers

  • Anno: 1979
  • Durata: 96
  • Distribuzione: Amazon Prime Video
  • Genere: commedia romantica
  • Nazionalita: Usa
  • Regia: Woody Allen
  • Data di uscita: 25-April-1979