Finalista con il suo corto chiamato Till I pass out (2023) alla nona edizione del Cisterna Film Festival, la regista ucraina Kateryna Eugenievna Holovko propone un breve documentario di dieci minuti, in cui si è davanti a una dimensione estetica che vuole documentare senza aggiungere nulla. Non serve elaborare o enfatizzare niente: lo scopo è la crudezza, la freddezza.
Vivo qui da due anni. Ho vissuto qui per due anni
Un evento che ha dell’irreale e rende difficile vivere il presente, facile rimpiangere il passato, quasi impossibile volgersi verso il futuro. A Irpin (Ucraina) è tutto fermo, il tempo non sembra scorrere e attraverso le parole di una ragazza viene reso lo stato di un paese ferito.
Si comincia dal vecchio appartamento della giovane che inizia a raccontarsi tra le finestre distrutte. Risaltano le inquadrature prevalentemente statiche che lasciano il tempo di vedere e assimilare le immagini. C’è subito un’analogia tra il viso di lei, protagonista di diversi primi piani in cui la si vede parlare, e la sua ex-casa ormai distrutta. Entrambi i soggetti si presentano martoriati, il viso di lei è stanco, esausto, a momenti sembra trattenere le lacrime, l’appartamento invece è vuoto, scombussolato.
Successivamente la voce della ragazza si fa colonna sonora, accompagna brevi carrellate di inquadrature che si concentrano sullo stato del paese, tra edifici danneggiati, macerie e cimiteri in cui sono conficcate varie bandierine a ricordare i soldati morti.
La storia di lei, del suo lutto e del suo dolore, diventa la storia di una comunità che fatica a riprendersi, a venire a patti con il fatto che certe cose sono ormai perse per sempre.
Illusione o realtà
Le immagini (in 4:3) di Till I pass out, con questa fermezza inquisitoria e la fotografia così fredda e asettica, mostrano una città metafisica, quasi irreale, come le campane che aprono il corto, assordanti tanto quanto il silenzio che invece si sente in certi momenti. Ci si domanda se quella possa essere la realtà oppure un’illusione. Una questione sollevata dalla stessa protagonista. Illusione o realtà? A cosa affidarsi? L’illusione, dice lei, è migliore per l’individuo; il problema però è che non è vita vera. Per questo la realtà è migliore, anche se dolorosa, anche se, come queste immagini, è difficile da accettare.
Alla realizzazione del corto si registra il contributo del direttore della fotografia Margarita Melnichuk, del direttore del suono Darya Senchylo e del produttore Vladislav Kikhtenko.
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