Anno: 2012
Distribuzione: Istituto Luce
Durata: 105′
Genere: Commedia
Nazionalità: Italia
Regia: Lorenzo Vignolo
Appena la lancetta dell’orologio ha segnato l’inizio del nuovo Millennio si è subito capito che le cose sarebbero cambiate. Il 2012 può rappresentare un giro di boa per fare un primo bilancio sulla situazione del nostro Paese. Purtroppo molte aspettative hanno finito con il cedere il passo alla delusione e alla disillusione per una realtà sociale ed economica instabile e difficile da gestire. Questo problema va ben oltre le responsabilità individuali dei singoli Governi che si sono succeduti, ma fa parte del DNA tricolore e del bagaglio ereditato dal passato. La parola precariato ha iniziato così a riempire le pagine dei giornali, con miliardi di posti di lavoro epurati, salari ridotti, lavoratori in cassa integrazione, proteste in piazza, attività pubbliche e private di ogni settore a rischio, ma soprattutto nessuna prospettiva lavorativa per le nuove generazioni. Da parte sua, la Settima Arte ha cercato di riportare sullo schermo le poche gioie e i tanti dolori quotidiani, specchio fedele o alterato del tempo che scorre impietoso. In principio il cinema made in Italy ha affrontato il tema con i piedi di piombo, con estrema superficialità, quasi fosse un problema secondario sul quale non valesse la pena di spendere una parola. Il risultato sono poche pellicole sull’argomento e una leggerezza quasi irritante, un tentativo di sdrammatizzare per evitare di pensare al peggio. Poi le cose sono ulteriormente degenerate, la crisi si è fatta sempre più grande e i film su queste questioni hanno cominciato a proliferare, spuntando nelle sale nostrane come funghi.
Di conseguenza, un luogo come il call-center è diventato paradossalmente una sorta di ventre materno dove rifugiarsi, l’unico posto dove c’è qualcuno disposto a darti un’occasione. Forse per questo è diventato un ambiente simbolo e una location per commedie come Fuga dal Call Center e Tutta la vita davanti. Poi c‘è chi ha preferito trasferire la propria esperienza di precario sul grande schermo come hanno fatto i registi del film a episodi La ballata dei precari, chi ha invece scelto di raccontare come Anna Negri in Riprendimi le difficoltà di chi fa parte del “mondo” del cinema, oppure mettere il problema sullo sfondo e narrare storie di uomini e donne che provano in tutti i modi a rialzare la testa dopo aver perso il lavoro: da Piove sul bagnato a Giorni e nuvole, passando per La stella che non c’è. Al contrario, in Provincia meccanica e La rieducazione chi trova un lavoro deve fare i conti con un ambiente ostile, oppure stranieri che vengono in Italia per trovare un’occupazione sono poi costretti a vivere di espedienti e di lavori in nero mal pagati; uno su tutti il recente Good Morning Aman di Claudio Noce. E non mancano coloro che devono ripiegare su occupazioni d’emergenza come i protagonisti di Generazione Mille Euro, Valzer, Disoccupati in affitto, Senza arte né parte, C’è chi dice no e Nessuno mi può giudicare.
A quest’ultima categoria appartiene di diritto Workers – Pronti a tutto, terzo lungometraggio diretto da Lorenzo Vignolo e distribuito dall’Istituto Luce in un’ottantina di copie a partire dall’11 maggio. Commedia a episodi, la nuova pellicola del regista di Chiavari ci porta al seguito di Sandro e Filippo, proprietari dell’agenzia interinale “Workers”, grazie alla quale trovano lavoro alle persone. Davanti a loro scorre gente di ogni tipo a caccia di impiego, personaggi pittoreschi e disoccupati pronti a tutto. Incontro dopo incontro, i due si imbattono talvolta in storie eclatanti, impossibili da non raccontare. I due, sfigati con le donne, si ritroveranno perfino ad intrattenere due bellissime ragazze durante una cena. Attraverso i loro racconti seguiremo tre storie che ruotano attorno a lavori che nessuno vorrebbe fare, ma proprio per questo drammaticamente esilaranti. Ed è proprio dalla bocca di Filippo che tuona la frase intorno alla quale ruota l’intera operazione: «Non esistono brutti lavori, ma solo lavori che non vuole fare nessuno!», e a quei lavori i protagonisti di Workers sono costretti ad attaccarsi con le unghie e con i denti pur di sopravvivere, persone che non hanno più nulla da perdere e quindi pronte a tutto, come indica il sottotitolo che accompagna l’uscita del film nella cartellonistica promozionale.
Si tratta di una commedia sul lavoro, molto leggera, retta da una struttura narrativa a incastro che permette ai singoli episodi di intersecarsi strada facendo. Collante nello script le storie e i personaggi rievocati dai due proprietari dell’agenzia interinale, storie che permettono alla platea di turno di riflettere su tematiche serie ma con un tono votato al puro intrattenimento e non alla depressione cronica che ci attanaglia nella vita di tutti i giorni. In parte ci riesce e questo è il grande merito di un’opera che, nonostante alti e bassi, riesce a radiografare il presente con l’arma dell’ironia e del sorriso, dichiarando con grande onestà, sin dalle prime battute, la volontà di uscire dalla sociologia per trasformare una tematica così importante in materia divertente. Questo però con rispetto, coscienti di voler sdrammatizzare senza intaccare la suscettibilità di nessuno.
Detto ciò, lo script ha dalla sua parte dei buoni spunti, valorizzati dal buon ritmo che Vignolo riesce a imprimere alla messa in scena e alla messa in quadro. I cali e le flessioni narrative non mancano, ma gli attori coinvolti e le coppie collaudate come quella formata da Pannofino e Tiberi, garantiscono al rispettivo episodio un buon usato garantito. Episodi sorretti e costruiti su livelli e registri comici differenti, che contribuiscono a cambiare volto all’ironia che traspare dalle immagini e dai dialoghi, freschi e brillanti: in “Il badante” è la tragi-commedia scorretta e senza peli sulla lingua a dare il la alle danze, rievocando per analogie, ma non per potenza comica, il fenomeno tutto francese di Quasi amici; si prosegue con la più classica delle commedie sentimentali degli equivoci con “Cuore Toro”, per chiudere in bellezza con quella paradossale dai guizzi grotteschi che permette a “Il trucco” di riportare alla mente il folgorante Sunshine Cleaning.
Francesco Del Grosso