Anno: 2012
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 107′
Genere: Guerra
Nazionalità: Francia
Regia: Stéphane Rybojad
Occorrono una trentina di minuti circa di Special Forces per scacciare dalla mente dello spettatore il più che giustificato timore di trovarsi al cospetto di un clone made in France di Act of Valor. Del resto, la paura di inciampare in qualcosa che rievocasse l’action a stelle e strisce dall’irritante retrogusto smaccatamente patriottico, celebrativo e pro-bellico, diretto da Mike McCoy e Scott Waugh, era più che fondata viste le tante analogie riscontrabili dal punto di vista dei protagonisti (membri delle forze speciali) e delle dinamiche nelle quali sono coinvolti (una missione di recupero di un ostaggio in terra ostile). Per fortuna Stéphane Rybojad allarga gli orizzonti narrativi della sua prima esperienza dietro la macchina da presa per quanto riguarda il lungometraggio di finzione (ha diretto numerose pubblicità, video musicali e cortometraggi pluripremiati nel circuito festivaliero e un centinaio di documentari per il piccolo e grande schermo), offrendo alla platea di turno una pellicola sorretta da un minimo di scrittura, ma soprattutto da personaggi quantomeno delineati e inquadrati all’interno della storia. Elementi che nel film dei colleghi americani sono del tutto assenti, perché messi in secondo piano rispetto alla componente tecnico-stilistica, votata unicamente a un’estetica quasi videoludica tipica dello show balistico e dell’esaltazione del gesto eroico di chi lo compie. In Act of Valor a prendere il sopravvento è l’apologia del coraggio e dell’umanità dei soldati USA, convinti dell’alto valore etico delle loro missioni, che si traduce in un film di propaganda mimetizzata in un action movie bellico che si propone di fare dello spettatore il partecipante e il superstite di una serie di battaglie nei vari scacchieri del barbarico Terzo Mondo. Qui a scendere all’inferno sono invece soldati francesi che con le loro gesta e il loro sacrificio compiono ugualmente atti eroici, ma senza strumentalizzarli.
Non che Special Forces sia completamente estraneo a questi aspetti (vedi scena del conflitto a fuoco nel villaggio pakistano tra i protagonisti e i talebani, nella quale il film mostra il meglio e il peggio di sé), ma riesce tuttavia, anche se spesso a fatica, a far coesistere narrazione e stile. Ciò è reso possibile da un livello decisamente più alto di credibilità nei confronti di quello che vediamo e sentiamo (merito del materiale raccolto nel 2005 dal regista per una serie di documentari sull’argomento), rispetto a quello che caratterizzava in negativo Act of Valor, dove al di là della velocità e della perfezione letale dell’esecuzione non c’è nulla che valga la pena di annotare. Il film di Rybojad si aggrappa con le unghie e con i denti all’esile scheletro drammaturgico eretto e, nonostante nella parte centrale perda letteralmente la bussola (vedi le scene ambientate sulle montagne innevate al confine fra Pakistan e Afghanistan), arriva all’epilogo con le ossa rotte ma lasciando qualcosa di buono sui diversi fronti. In primis quello tecnico, con scene efficacissime per quanto riguarda regia e montaggio, come nel caso dello scontro a fuoco nella piana rocciosa, dell’irruzione nella roccaforte talebana che porta alla liberazione della corrispondente di guerra presa in ostaggio e del faccia a faccia tra i due cecchini, tutte capaci di immergere lo spettatore nel vivo dell’azione con scariche continue di adrenalina.
Tallone d’Achille come al solito la mancanza di originalità in un plot che purtroppo restituisce al pubblico la solita minestra riscaldata. In tal senso, Special Forces piuttosto che tentare altre strade preferisce battere quelle già percorse nei decenni passati dalla cinematografia bellica, replicando con le varianti drammaturghe del caso lo schema con il quale si costruisce solitamente un film iscrivibile nel suddetto filone. Uno schema che prevede il cambio in corsa da combat movie puro a survivor movie, nel quale I protagonisti, oltre a fare i conti con I cattivoni di turno in quella che appare come una spietata caccia all’uomo, devono vedersela anche con le minacce ambientali e climatiche. Per questo è davvero difficile non accostare l’esordio di Rybojad a pellicole che lo schema narrativo in questione lo hanno sfruttato ampiamente fino a renderlo imprescindibile e logoro, ripetitivo e prevedibile, a causa di un accumulo di stereotipi militaristi che si alternano a numerose citazioni di film precedenti. Restringendo il campo alla produzione più recente ci si rende immediatamente conto che lo spettacolo e la sostanza rimangono gli stessi, così Special Forces diventa a seconda dei gusti una fotocopia chiara o sbiadita di opere come Behind Enemy Lines, Black Hawk Down e soprattutto L’ultima alba.
Francesco Del Grosso