L’Ortiga Film Festival (di cui siamo media partner), dà voce al cinema giovane proveniente da tutto il mondo, con proiezioni nelle più belle piazze del centro storico di Siracusa.
Tra i film più interessanti di questa edizione, troviamo Still Standing di Mirko Pincelli. Si tratta di un documentario che racconta la tragica vicenda del popolo Sindhi, vittima della ripartizione tra indù e islamici in seguito all’indipendenza dell’India nel 1947.
LA STORIA DI DUE POPOLI
Originariamente Pakistan e India non erano due nazioni distinte. Si chiamavano Hindustan: un nome che unisce le due anime religiose del subcontinente indiano: induismo e islam.
Questa era la più grande colonia dell’impero inglese, e base delle operazioni britanniche in Asia, durante la Seconda guerra mondiale. Come accaduto nello Zambia, in Africa, anche l’India fu vittima di politiche di settarismo etnico. Chi appariva agli occhi dei colonizzatori più “evoluto”, o per meglio dire, occidentale, poteva stare un gradino più su agli altri popoli della regione.
Scaturirono tensioni tra chi venne messo in cima alla piramide e chi invece rimase alla base. Al momento dell’indipendenza, queste esplosero in vere e proprie guerre etniche. Così, la maggioranza dei Sindhi dovette emigrare nell’India induista, mentre chi rimase dovette (e deve tuttora) confrontarsi con persecuzioni di ogni genere.
Il documentario di Pincelli racconta questa storia, o per meglio dire, la fa raccontare dai suoi protagonisti. Da chi è sopravvissuto alla fuga, dalle nuove generazioni che hanno raccolto il fardello della memoria e ne portano avanti la causa. Il regista traccia una linea storica che unisce passato, presente e futuro.
STILE E NARRAZIONE
La macchina da presa passa la staffetta della memoria a vari testimoni, dirigendo con fluidità la narrazione e dando il giusto tempo a ogni intervistato. La regia si alterna abilmente tra immagini d’archivio, interviste e scene ambientali, senza che l’attenzione dello spettatore si perda.
Il regista dà risalto alle unicità di questo popolo, in particolare allo spirito comunitario che unisce tutti i suoi membri dai tempi dell’antichissima Civiltà della Valle dell’Indo. Il titolo rimanda così alla storia dei Sindhi, e alla resistenza pacifica che questi operano per sopravvivere oggi.
Still Standing pone la sua impronta politica su questo punto. In un subcontinente segnato dalla violenza settaria, i Sindhi resistono con l’alfabetizzazione dei bambini nei villaggi, con la religione, il lavoro e il mutuo soccorso. Dove gli altri popoli si sono organizzati stabilendo gerarchie, loro fondano la loro società su una base comunitaria ed egualitaria basata sull’aiuto reciproco.
Pincelli dà ampio spazio all’arte politica, quella dei giovani che cercano di cambiare il mondo. Dove Ratesh cerca di cogliere la realtà che lo circonda con la sua macchina fotografica senza giudicarla, ma rendendola visibile (esemplificando così l’anima stessa del documentario), Suhaee danza per raccontare il conflitto religioso in Pakistan, denunciando le violenze sugli Indù, anche se la sua famiglia è islamica.
Il cinema giovane, che dà voce all’arte giovane.
Lodevoli anche le riprese d’ambiente, che siano di città o paesaggi naturali. La stupenda fotografia dà risalto ai colori dell’India e del Pakistan, stilizzando il calore umano dei loro abitanti.
Potrete assistere alla proiezione di Still Standing, lunedì 17 luglio alla Arena Logoteta.