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Interviews

ShorTS International Film Festival, parla il suo direttore Maurizio di Rienzo

Intervista a Maurizio di Rienzo, direttore di ShorTS International Film Festival, in corso dall'1 all'8 luglio a Trieste

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ShorTS International Film Festival, Maurizio di Rienzo

Qual è la specificità e la storia di un festival come ShorTS International Film Festival?

ShorTS International Film Festival prima si chiamava Maremetraggio, ed è nato molti anni fa, sotto la guida di Maddalena Mayneri e Chiara Valenti Omero, con cui ho collaborato per moltissime edizioni. Quando è iniziato, lo ricordo come un festival di cortometraggi in un mondo in cui il cortometraggio era poco visibile, che fosse italiano o internazionale. Non c’erano le piattaforme, internet non era esploso. Il senso della narrazione breve per immagini aveva una sua purezza, che poi è andata perdendosi e contaminandosi, con i filmati Instagram e TikTok. Maremetraggio non era l’unico festival italiano di cortometraggi, certamente, ma era fatto in una città crocevia di culture, che ha subito scommesso su questa forma di racconto, che è nata con il cinema stesso, con i fratelli Lumière e Georges Méliès che facevano, in effetti, cortometraggi. ShorTS International Film Festival conserva, all’interno del panorama festivaliero, una sua specificità, perché persegue la traccia di una produzione cinematografica di cortometraggi eterogenea, mondiale. Sono sempre tanti i Paesi rappresentati e sono persino aumentati negli ultimi anni.

Come si è trasformato Maremetraggio/ShorTS International Film Festival nel corso del tempo?

È un festival che ha aggiunto, via via, una serie di altre sezioni e di sguardi complementari a quelli del cortometraggio. La Comic Marathon dei fumetti, la realtà virtuale, gli incontri, il laboratorio CinematicVR con Marco Fabbro, il panel Slow Light-Seeking Darkness, cioè come unire arte e didattica in un progetto immersivo. Quindi, il discorso del festival sul racconto breve, si allarga e arricchisce di molte sfaccettature. Il nucleo centrale, però, rimane il festival di cortometraggi, che persegue il compito di far vedere delle storie che le persone non guarderebbero mai altrove, anche perché manca una distribuzione di cortometraggi, nel mondo e in Italia in particolare, sia nelle sale che nei canali televisivi o sulle piattaforme.

Eppure si producono sempre più cortometraggi.

Questo è il punto, un vero paradosso. Si fa un numero esorbitante di cortometraggi nel mondo e in Italia. Siamo nel novero dei mille corti all’anno nel nostro Paese. Ma chi li guarda? Dove? Si vedono sicuramente nei festival, dove il pubblico li apprezza e, magari, ne vorrebbe vedere di più durante l’anno. Per questo, manifestazioni come la nostra, sono una semina d’interesse nei confronti di un linguaggio che ha, al suo interno, anche una grande eterogeneità, perché ci sono corti di videoarte, narrativi (con tutti i suoi sottogeneri cinematografici), documentari, corti che contaminano tutti questi linguaggi. Un evento come ShorTS International Film Festival continua a esistere e a resistere perché il pubblico lo vuole. Per me, è anche questo il fascino di fare un festival su qualcosa che prolifera nel mondo e che non è solo una palestra per passare al lungometraggio, ma un linguaggio a sé, che ti colpisce per immediatezza, in una specie di sintesi delle emozioni che il cinema sa dare.

A guerra finita di Simone Massi

A guerra finita di Simone Massi

Quanto è complicato organizzare un festival come ShorTS International Film Festival?

È complicato, però lavori sulla base delle esperienze precedenti e c’è tutta una squadra che ti aiuta. Ci sono i responsabili curatori delle varie selezioni, con cui ci deve essere una sinergia, ma anche una differenza di gusti, con un obiettivo comune, però. Poi c’è da trovare un equilibrio con il luogo in cui si svolge il festival: è molto bello che ci sia una base forte di località, nel senso migliore del termine, senza che il posto, in questo caso Trieste, sia invaso da gente che viene da altrove per quei dieci giorni a lavorare, prepara tutto fuori e poi lo porta da casa, senza scambio di crescita. L’altro problema organizzativo è costituito dai fondi: spesso i tempi in cui si conoscono i contributi degli sponsor sono dilatati, gli enti locali a volte sono illuminati, altre volte no, il Ministero soffre di ovvie lungaggini burocratiche. Quindi è difficile pianificare una spesa, anche se non esorbitante. E poi c’è il programma, che deve essere eterogeneo ed equilibrato. Al pubblico devi dare il massimo, ma non troppo e ogni anno qualcosa di diverso e in più, per cui è molto difficile, ma anche molto divertente.

Tu sei anche giornalista e critico cinematografico: organizzare festival è un altro modo di fare questo mestiere?

Sicuramente sì, ne è un’estensione. Io nasco giornalista, ho imparato a fare critica, mi piace osservare come un regista vuole raccontare qualcosa che ha visto o solo immaginato. Quindi è una questione che riguarda il gusto di fare cinema e di contribuire alla sua diffusione. Oltre a dirigere ShorTS International Film Festival, sono consulente di altre manifestazioni cinematografiche, a cominciare dalle Giornate degli Autori alla Mostra del Cinema di Venezia. I festival sono sempre più importanti e diffusi perché diventati, per i corti, per i lunghi, per i documentari, una maniera forte, a volte addirittura primaria, di far vedere i film.

Questo nonostante il proliferare di piattaforme e internet.

Esatto. Si producono immagini e film come non mai negli ultimi quindici/venti anni. Si fa cinema in  ogni angolo del mondo, dalla Papuasia alla Patagonia. Quindi, per me, fare un festival, come consulente o direttore, è sempre un modo per parlare di cinema e per far incontrare le persone con i protagonisti, in maniera informale, il più possibile colloquiale.

La fornace di Daniele Ciprì

La fornace di Daniele Ciprì

Come nasce il tuo personale interesse per la forma del cortometraggio?

Io mi occupo di cinema, come giornalista, da quarant’anni e ho sempre visto cortometraggi. Capitò, a un certo punto, che per il Sindacato Giornalisti Cinematografici Italiani, a cui ero iscritto, ci fosse bisogno, parliamo di venticinque anni fa, di monitorare la produzione di cortometraggi. All’epoca, figurati, non c’erano neanche i dvd, era veramente tutto complicato. Comunque, questa attenzione, questa passione, è nata così e poi, man mano, mi sono specializzato, soprattutto nel campo del corto italiano, ma non solo. Ho trovato che fosse una forma narrativa affascinante, piena di sorprese. Anche guardando tanti corti stranieri ai vari festival, si ha il riscontro di una creatività enorme nel cortometraggio. Questo interesse è nato, diciamo, con una casualità non casuale.

Quali sono stati i criteri di selezione delle opere mostrate a ShorTS International Film Festival?

La selezione è stata fatta insieme a Massimiliano Nardulli, a cui ho lasciato il gusto della scelta finale. I criteri sono l’originalità nell’ambito del genere, che sia una commedia, un film drammatico o di qualunque altro genere o un documentario. Poi, la coerenza con quello che tu pensi l’autore voglia raccontare. E lo sguardo del regista. Ci sono film di autori già conosciuti e di cui è bello seguire l’evoluzione nel tempo (una ventina almeno le opere di registi che sono già stati a Maremetraggio). Quindi, i criteri sono quelli di dare al pubblico un ampio spettro di storie. E cercare di selezionare novità: quest’anno, delle 140 opere che presentiamo, tra concorso e fuori concorso, ben 53 sono totalmente inedite in Italia. Un altro criterio è stato quello della sorpresa, dell’essere colpiti da qualcosa che, magari, può dividere, che può essere anche un po’ azzardato. Ecco, il mio tocco è questo, dosare gli ingredienti.

Che cosa ti aspetti, in particolare, da questa edizione, dal punto di vista del riscontro festivaliero del pubblico?

La partecipazione agli incontri. Ci sono premi del pubblico in tutte le sezioni. Quindi mi aspetto un dialogo con gli autori e noi organizzatori. Mi aspetto anche che gli spettatori siano incuriositi dalle nostre proposte. Le facce che vedo al Giardino di anno in anno, dove facciamo le proiezioni all’aperto, mi fanno capire che queste persone aspettano (molti me lo dicono esplicitamente), il festival per vedere cose diverse dal solito. E non parliamo solo di spettatori cinefili. Trieste è un luogo di cinema. È una città che ha tanti festival, un’efficiente Casa del Cinema e una Film Commission che funziona benissimo. Quindi, io mi aspetto che Trieste rimanga se stessa, che faccia suo questo festival, che ci dia degli spunti per migliorare. Mi aspetto una presenza della città e della sua gente, attiva, fattiva, non passiva.

Calcutta 8.40 AM

Calcutta 8.40 AM

Dal tuo osservatorio di critico cinematografico e organizzatore di festival, qual è lo stato di salute del cortometraggio a livello nazionale e internazionale?

Io credo che siamo in un momento di passaggio. I corti a volte si fanno con pochi soldi, in Italia in particolare, rispetto ad altri Paesi, come Francia, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Inghilterra o Germania. Non per fare i soliti vittimisti, ma altrove ci sono finanziamenti più chiari. In Italia, il cortometraggio non è molto sostenuto, perché non ci sono sbocchi distributivi, né al cinema né per diffusione televisiva. Il paradosso è che sono nati, negli ultimi anni, molti distributori: Prem1ere, Sayonara Film, Lights On, Zen Movie, Associak, Pathos Distribution, Shortcut, ce ne sono una dozzina. Lo stato del cortometraggio, in Italia, è, come tante altre cose del nostro Paese: contraddittorio, inspiegabile, stimolante, inventivo, miracolistico e anche allo stato brado. Il livello è, comunque, indiscutibilmente migliorato. Il Centro Sperimentale di Cinematografia fa tanti saggi di regia ogni anno e lì si vedono sicuramente delle cose buone. Qualcuno vince anche ai David di Donatello, come di recente Lorenzo Tardella. Lo stesso Valerio Ferrara, con Il barbiere complottista, ha vinto un premio a Cannes lo scorso anno e adesso trasformerà quel cortometraggio in un lungo. Ad Adriano ValerioShorTS International Film Festival dedica una sezione intera, nel suo oscillare tra corto e lungo: il suo Calcutta 8.40 AM, quest’anno, ha vinto il Nastro d’Argento come miglior cortometraggio. Abbiamo un animatore, Simone Massi, che fa delle cose straordinarie. L’animazione italiana è sempre stata notevole, artigianalmente artistica. Quindi, ci sono degli autori, ci sono degli sguardi. C’è un panorama di registi stimolanti, originali, ma vedo anche tanta zavorra. Si fanno dei corti dei quali ti chiedi il perché. Tanti fondi anche sprecati. Va bene, magari sono serviti per far lavorare durante il Covid, ma adesso direi che bisognerebbe, anche nel campo del corto, non proliferare troppo. D’altra parte, costa poco in Italia realizzare un cortometraggio, in proporzione all’estero. Abbiamo una dimensione molto piccola e, per quella dimensione che abbiamo, un ottimo livello. Ma questo non regge il confronto con l’estero, perché, naturalmente, dobbiamo confrontarci con il resto del mondo. Il nodo del cambiamento dev’essere distributivo, perché soltanto così si potrà avviare la spinta a realizzare qualcosa di meglio, che non sia solo il saggio per diventare registi di lungometraggi. All’estero esiste, anche in Italia c’è qualcuno, chi fa cortometraggi e basta. Essere cortisti può essere un mestiere ad hoc.

Massimiliano Caiazzo

Massimiliano Caiazzo

Quali sono gli eventi che più vi aspettate coinvolgeranno il pubblico di questa edizione di ShorTS International Film Festival?

Ci aspettavamo, come è avvenuto, che il Premio Prospettiva a Massimiliano Caiazzo attirasse frotte di ragazzine e mamme. Ciò non toglie che il premio sia andato a Massimiliano Caiazzo perché è un bravo attore, una persona che sa parlare, pensare, che si prende sul serio, ma non è serioso. È stato investito da un grande successo per Mare fuori, ma non è uno di quei personaggi superficosi tutti omologati. Un analogo riscontro ci aspettiamo per il Premio Interprete del Presente a Fabrizio Gifuni. Ci attendiamo, però, e lo stiamo rilevando, un generale interesse per il festival, anche di un pubblico eterogeneo. La Comic Marathon è stata un successo di iscrizioni, per esempio. E poi tengo molto a una sezione come Kid’n’Teens, per la quale è stato fatto un lavoro preventivo, di didattica non noiosa di approccio all’immagine, nelle scuole di Trieste e Gorizia.

Ho visto che ci sarà una particolare attenzione alle novità del cinema corto greco.

Sì, con il Focus Greece. ShorTS International Film Festival si chiuderà con una serata, dopo le premiazioni, focalizzata sul cortometraggio greco. L’anno scorso l’abbiamo dedicata a Israele, anche considerando la grande comunità ebraica presente qui a Trieste. In una città crocevia di culture come questa, c’è anche una grossa presenza greco ortodossa, che ci ha dato una mano. È un viaggio che abbiamo cominciato, insieme a Massimiliano Nardulli, e che ci porterà in altri Paesi del Mediterraneo.

Last Visit di Spiros Alidakis in Focus Greece

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