Sole Luna Doc Film Festival

Un uomo allo specchio. Dalle torture in Iran ai film per gli altri. Intervista a Mohsen Makhmalbaf

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Iran. Regime, religione, tortura. Alla Gam, apre con l’Iraniano Mohsen Makhmalbaf, la 18 esima edizione de il ‘Sole Luna Doc Film Fest’

La recensione del film ‘Talking with Rivers’ e l’intervista a Mohsen Makhmalbaf 

 

Il commovente, reale, ipnotico e catartico, ‘Talking with Rivers’, ci conduce nei territori del perduto, dell’oltraggiato, del distrutto. La guerra, il dolore, lo stupro e violenza di massa, sono narrati nel film in assetto reale e poetico.

Squarci pratici, messi in atto da orde di bambini ancora ignari della violenza dei padri, segnano la grande intuizione, profondità e denuncia di questo regista iraniano, che abbiamo incontrato a Palermo, la cui unica via di fuga e salvezza, almeno coi posteri, rimane quella di parlare con un fiume. Panta rei. L’acqua, assieme alla verità, scorre via, ma non dimentica. Ha memoria. Composto da frammenti di film del suo passato o di quello familiare, archivi di dolore, come monoliti di denuncia e oltraggio, di soprusi e violenze, ‘Talking with Rivers’, ha la forza di una seduta psicanalitica allo specchio. E l’incisività di una denuncia. Al mondo!

Consapevole che ognuno nella vita ha un peso da portare, Mohsen Makhmalbaf ha deciso di trasformare la sofferenza in cultura, analisi, psicologia, taumaturgica guarigione e aiuto. Soprattutto degli altri.

Tiene lezioni aperte a tutti, online e gratuite, di psicologia e gestione delle emozioni, legate a traumi dovuti a guerra e dolore. Ha salvato 350 artisti afgani riuscendo a farli espatriare in Germania, Francia e USA. Ha fatto, assieme alla sua famiglia una quarantina di film, di cui 10 fatti di sua figlia e sua moglie, sulla vita e i soprusi al femminile in Iran, vincitori di molti premi. The blackboard, The day I became a woman, Five in the afternoon, sono solo alcuni da vedere.

 

Le domande a Mohsen Makhmalbaf

GSS: “I confini esistono solo nelle nostre menti e l’ho imparato dagli uccelli che passano, senza visto, i cieli”. Si dice nel film.

MM: Si infatti il confine è una cosa artificiale

 

 

GSS: che giorno è nato Mohsen Makhmalbaf

MM: 28 maggio 1957

GSS: I tuoi film dimostrano una grande attenzione agli altri, al loro dolore. Svelano una grande empatia verso chi soffre. Sembra che il mondo non ne abbia più. Ognuno preferisce girarsi dall’altra parte, appena vede forme di sofferenza.

MM: si infatti io sono cresciuto in una zona povera di Teheran. Li ho sperimentato le difficoltà e il dolore delle persone. Quindi fin dalla giovinezza mi sono auto educato all’empatia per loro. Poi a causa della dittatura mi sono unito al gruppo che lottava per ripristinare la democrazia. Sono stato in carcere, imprigionato, torturato e ancora oggi sono pieno di lividi e ferite. (Mi mostra i segni sotto ai vestiti, ndr). Ci hanno appeso, picchiato reso inumani. Subito mi sono reso conscio del loro dolore e della loro sofferenza. Anche in famiglia ad esempio. Mia mamma lavorava in ospedale e perse il lavoro. Molte cose tragiche accaddero. Si pensava che se ci si fosse liberati dal dittatore saremmo arrivati in paradiso. Invece da li cominciò l’inferno. Possiamo dire che ho imparato non intellettualmente, ma emotivamente.

Migliaia di persone erano arrabbiate, torturate, piene di lividi. E più facile vivere dimenticandosi degli altri, in modo egoistico. Ma i segni del mio corpo mi ricordano degli altri.

GSS: I tuoi film parlano di amore, di umanità, di attenzione verso il prossimo. In realtà questi paiono essere i canoni e principi cardine della spiritualità. Che rapporto hai quindi con la religione? 

MM: Quando ero un bambino ero religioso, perché la famiglia e l’ambiente lo erano. Poi crescendo ho capito che Dio siamo noi. E’insito nella natura di ognuno. Penso che questa natura sia viva non dentro a un singolo corpo. Siamo una parte di Dio, ma credo invece nella moralità. Allo stesso tempo critico la religione, la politica in Iran è una fonte di tortura e pressione sulle donne, le ferite e lo stile di vita quotidiana 

GSS: Il potere spirituale in Iran coincide con la religione e il potere temporale. 

MM: Si la religione è connessa al potere. Soldi, religione, politica: le tre cose vanno di mano in mano, controllano il paese e sono una faccia diversa del capitalismo. La maggiorparte dei capi religiosi supporta il fascismo e diffonde una non cultura. Si basano sull’ignoranza e torturano persone, le donne soprattutto negli ultimi 45 anni. Anche in nome della religione che in Iran è uguale a tortura e pressione sulle donne nel il nome di Dio. Assurdo 

GSS: come nelle crociate, dove si uccideva e conquistava in nome di Dio

MM: certo anche il cattolicesimo e l’Italia sono vittime

GSS: I bambini sono onnipresenti nei film tuoi e della tua famiglia (Ndr anche la moglie e la figlia sono registe). Forse specchio di una umanità che si può ancora salvare? O sono schermi neutri su cui scrivere una nuova vita migliore?

MM: è vero i miei film sono proprio come specchi della società. Cercano di mostrare alle persone se stesse, per correggersi. A volte nel guardarsi in uno specchio si fa una critica a se stesso. Altre volte serve per criticare la società e ti insegna quindi per cosa vale la pena cambiare. Altre volte porta luce dove c’è buio. Alcuni film riescono a rendere visibile l’invisibile, il sommerso, i soprusi, le guerre, le provocazioni. Altre volte invece i film servono per portare attenzione, empatia, amore alle vittime. Come un restauro.

Per quello che riguarda i bambini, appena nati e fino ai 5 anni, sono tutti ancora uniti alla vera essenza della natura umana. Sanno essere puri, limpidi. Con l’educazione, la crescita ahimè si cambia. Dopo sono ispirati alla nostra violenza, copiano i nostri atteggiamenti. Dovrebbero essere la nostra purezza e continuità.

GSS: Come hai gestito la violenza del film che i bambini stessi esercitano e quindi imparano?

MM: in realtà 3 milioni di persone sono stati uccisi e i bambini lo vedono quotidianamente di fronte ai loro occhi. Non imparano, ma vedono la realtà circostante. Qui in Europa i bambini giocano con la palla e li invece giovano con Kalashnikov e M 16 

GSS: Panta rei. Nel tuo film, tutto scorre, come il fiume. Ma l’acqua ha una memoria. E c’è l’osservazione.

MM: In realtà volevo dimostrare in sintesi, sorta di riassunto, la vera storia dell’Afghanistan negli ultimi 45 anni. Oltre all’invasione della Russia, poi la guerra, poi i talebani, poi il potere e il controllo del mondo occidentale. Per dimostrare la tragedia talebana e afgana, ho fatto come un semplice Bignami, un riassunto della terrificante storia vissuta da questo popolo che ahimè perdura.

GSS: In quel fiume sembra di essere in una seduta di uno psicanalista. Come allo specchio con se stessi

Mm: è proprio vero. Io lavoro con la psicologia da anni ed è uno dei angoli con cui guardo la società. Ogni cosa che accade è nell’ anima delle persone. Così come ho studiato Freud e 350 teorie differenti di psicologia ricostruttiva. In realtà insegno gratuitamente le teorie in relazione alle emozioni e alla loro gestione, anche per risanare anime.

GSS: E l’Italia?

MM: Ho fatto Morgana e sua madre in Italia e con uno specchio ho mostrato all’audience se stessa. O lo rompete o vi guardate meglio. Qui la gente non reagisce. Col governo fascista, la chiesa che influenza in un modo artificiale e il capitalismo venite abusati. Siete quindi vere vittime di queste tre cose. Stato, capitalismo e chiesa.

GSS: Come si vive quindi in esilio lontano dalle proprie radici?

MM: Siamo controllati dal nostro cervello che è pieno di flashbacks. Dobbiamo quindi insegnare noi stessi a non essere il nostro passato. Immediatamente se uno si connette con esso, uno continua la propria sofferenza in eterno. Si deve dimenticare il proprio passato e vedere una nuova vita. Futura.

 

GSS: quindi si può sopravvivere senza Sohan? (ndr una caramella iraniana fatta con zafferano, grano germogliato, farina, tuorlo d’uovo, acqua di rose, zucchero, cardamomo, burro o olio vegetale, mandorle e pinoli) 

MM: si cerco di farcela.

 

Mohsen Makhmalbaf insegna arte cinema psicologia e supporto psicologico. Non solo cinema in Afghanistan. Ho aiutato 365 artiste. E le loro famiglie ad uscire, ad emigrare in Francia e Germania

 

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