ShorTS International Film Festival Maremetraggio

‘AKIM’ di Yulia Khvan, a una storia sconosciuta dall’Uzbekistan

Curioso omaggio poetico e visuale che sposta l’attenzione su un universo completamente sconosciuto: si chiamano Koryo-saram e sono gli abitanti delle zone post-Unione Sovietica di origine coreana.

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AKIM di Yulia Khvan, opera seconda della regista, è un cortometraggio presentato al ShorTS – International Film Festival nella sezione competitiva internazionale il 7 luglio 2023.

Curioso omaggio poetico e visuale che sposta l’attenzione su un universo completamente sconosciuto: si chiamano Koryo-saram e sono gli abitanti delle zone post-Unione Sovietica di origine coreana.

AKIM, la trama

Anatolyi Kim è un giovane uomo di origine coreana che vive a Tashkent, la capitale dell’Uzbekistan. Un giorno riceve un regalo da un’amica viaggiatrice che mette in discussione le sue certezze.

We were brought here a long time ago. Now we are a legitimate member of a growing society of happy consumers.

Koryo-saram e l’interculturalità

AKIM di Yulia Khvan è un lavoro costruito con incredibile attenzione per l’immagine. Sul significato, tuttavia, lascia un po’ interdetti.

Il problema di questo bel montaggio di inquadrature ermetiche, è che non ci è data alcuna informazione. Il cortometraggio viaggia a braccetto con Google, perché è da lì che dobbiamo reperire le informazioni per approfondire questo misterioso mondo di confine.

Ciò che recita A. Kim è una riflessione figurata sulla vita, la vita di una identità contesa o divisa o amalgamata. L’eccesso poetico ci lascia con un pugno di mosche e un senso di incompletezza che la bella fotografia non riesce a colmare.

Suggestivo e nostalgico, ha sicuramente il merito di divulgare la conoscenza dell’etnia Koryo-saram, ma senza indicare alcuna direzione per potere scavare un po’ più a fondo su cosa rappresenti questa dimensione trans-culturale.

Ci saranno significati sepolti sotto gli oggetti, dalla macchina fotografica alla sciarpa verde, attorno a cui ruota tutta la allegoria del film. Ma il linguaggio di AKIM di Yulia Khvan è così oscuro da rendersi inarrivabile. O semplicemente, il nostro non è il mondo a cui si rivolge, o quanto meno non lo può fare in assenza di una mediazione culturale.

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