Sbarca in anteprima nazionale al “Lago Film Festival” il nuovo cortometraggio del giovane regista birmano Lin Htet Aung. Il corto è stato inserito nella sezione PRINCÌPÎ AWARD, concorso dedicato ai più promettenti registi di cortometraggi under 25 del cinema mondiale.
L’opera
‘Once Upon a Time There Was a Mom‘, questo il titolo del corto, è un’opera che a primo impatto può apparire molto complessa, radicata com’è sia, a livello tecnico-stilistico e sia a livello tematico al passato del cinema e del paese asiatico. La storia non ha un andamento lineare e ad un occhio inesperto può risultare difficile seguire la vicenda. Tramite questa analisi-recensione andremo a vedere come la tecnica e la narrazione si mescolano fra loro per creare un testo filmico organico e unitario.
Analisi tecnica
Dal punto di vista tecnico-stilistico l’opera di Lin Htet Aung si presenta con un impianto che mette in evidenza la sua connessione con il passato. Tutto il corto è infatti girato a camera fissa, nei 29′ minuti c’è solo un unico movimento di macchina. Questa scelta è propedeutica sia allo stile che viene richiamato, il cinema delle origini, sia alla narrazione che l’opera segue. La camera fissa dona, infatti, un importante focus alle immagini senza distrarre con particolari movimenti o tagli di montaggio lo spettatore. Il B/N sporco accentua il contatto con il passato che il regista persegue anche attraverso le didascalie che di tanto in tanto compaiono a schermo e che portano avanti la storia collegandola alla storia di Vessantara Jātaka, una delle storie della religione buddista.
La narrazione
La più grande particolarità del corto è sicuramente la sua gestione del lato narrativo. L’autore decide di non seguire una linearità spazio-temporale ma si affida a numerose ellissi temporali che dilatano a dismisura il racconto. Questa decostruzione della narrazione classica permette la creazione di un racconto per immagini che porta lo spettatore ad un livello diverso di percezione e di fruizione della storia. Il tutto è unito ad alcune sequenze estremamente legate alla cultura asiatica che costringono chi guarda ad effettuare un lavoro attivo a livello immaginifico.
In conclusione
Quella di Lin Htet Aung è un’opera importante che si pone a metà tra la rivalutazione del passato e la ricerca di un nuovo linguaggio che crei un ponte verso il futuro. Questo, unito a ciò che abbiamo visto in precedenza, rende questo lavoro una piccola perla da ammirare, una poesia per immagini che cattura lo spettatore e lo trasporta in un tempo ed un luogo altro, facendo scoprire una cultura ricca e stratificata come quella birmana.
Qui di seguito il link dell’intervista dei ragazzi del “Lago Film Festival” al regista: https://www.youtube.com/watch?v=FjSrrvaIVwM
Il festival
Nato nel 2005 nella suggestiva località lacustre di Revine Lago, il Lago Film Fest è un festival indipendente di cinema di ricerca.
Un festival che mette a fuoco il futuro del cinema attraverso la lente d’ingrandimento sul cortometraggio e che si sviluppa attraverso film in concorso, focus tematici, fireworks, gli incontri del festival dialogato, i B.I.D. Barefoot Industry Days, i giorni dedicati ai professionisti del settore cinematografico e la creatività espansa del Borgo.