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Sole Luna Doc Film Festival

‘Lettera da Borgonuovo’ La recensione

Il documentario prodotto dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo e diretto da Matteo Di Fiore

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Lettera da Borgonuovo è un documentario diretto da Matteo Di Fiore, prodotto dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo e presentato al Sole Luna doc Fest.

Lettera da Borgonuovo: un documentario claustrofobico

Il documentario diretto da Matteo Di Fiore esplora il quartiere periferico di Borgo Nuovo, “le ultime case di Palermo prima del silenzio”. Un quartiere dimenticato dal mondo ma che, nonostante tutto, molta gente continua a chiamare “casa”. Alcuni per le radici familiari che affondano in questa terra da decenni; altri costretti dalle difficili situazioni economiche che li ancorano al luogo senza alcuna possibilità di fuga. La montagna che si stampa sullo “skyline” delle case popolari è un elemento ridondante nell’opera; sembra sorvegliare il luogo come fosse un’entità superiore osservando le ingiustizie e il degrado che, a detta delle testimonianze dei giovani intervistati, dilaga troppo spesso tra le strade del quartiere.

Le riprese di archivio aiutano a mettere in scena la quotidianità che sembra essersi immobilizzata nonostante  l’avanzamento temporale, rendendo dunque Borgo Nuovo una macchina del tempo in grado di riportare nel presente le ansie e le paure del passato.

Lo sguardo timido

Lo sguardo adottato dal regista è timido, distaccato. Molto spesso fa uso di quinte per dare l’impressione di assistere senza alcuna possibilità di intervento a un incendio visto da lontano. Nonostante tale distanza, si ha l’impressione di essere immersi nel contesto ma incapaci di muoversi e agire per sistemare la terribile situazione. Si è succubi del vortice di degrado in cui il quartiere è ricaduto anni prima e costretti ad assistere alla devastazione, molto simile ad una Cura Ludovico, dove però il degrado prende il posto della violenza. Grazie a questa visione claustrofobica si riesce a immedesimarsi negli abitanti di Borgo Nuovo che hanno l’impressione di essere rimasti bloccati in loop temporali, ma che nonostante tutto continuano a sperare in un futuro migliore.

“A volte ho l’impressione che non ce ne andremo mai”

La speranza

Di Fiore sceglie la strada della contemplazione, una strada già percorsa da grandi registi di documentario e non, come Robert J. Flaherty e Andrej Tarkovskij, che contribuisce a riportare in immagini il lento trascorrere del tempo in questo luogo dalle realtà e dalle leggi della fisica totalmente differenti da quelle comuni.

I numerosi dettagli di angoli dei palazzi, arredamenti e presenze floreali rendono l’opera estremamente evocativa e poetica, anche per le parole del narratore che rimangono impresse nella mente anche al termine della visione e che hanno lo stesso effetto della montagna onnipresente.

La speranza è quella che un giorno le cose possano cambiare, che il narratore possa finalmente trovare un posto degno di essere chiamato casa e che i bambini intervistati nelle immagini d’archivio possano rispondere finalmente “Sì” alla domanda “Siete felici a Borgo Nuovo?”.

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Lettera da Borgonuovo