Laura Zimmerman e Antonia Stilita, entrambe studentesse presso la sede di Palermo del Centro Sperimentale specializzato nel cinema documentario, lavorano a I love you, you love me. Realizzato e prodotto dal Centro.
L’amore è importante, quello per i figli, per lo sposo; l’amore che Joy ha da dare è immenso.
I love you, you love me Trama
A Ballarò, tante donne nigeriane si rivolgono a Joy per ascoltare i suoi consigli. Mentre si destreggia tra lavori e attività in chiesa per poter mantenere i figli lontani, Joy deve anche preparare l’arrivo imminente del suo futuro sposo a Palermo. Nei momenti di calma, canta per riempire il vuoto.
I love you, You love me Lo stile
Primi piani e inquadrature molto strette, realizzate con un ottimo uso dell’obiettivo 50mm, ci permettono di avvicinarci ed entrare appieno nella vita della donna che viene descritta. Riprese sporche, quasi pasoliniane, prendono la scena e catturano gli scorci delle sue giornate. Non c’è spazio per fotografia troppo ricercata, giochi di luce spettacolari e movimenti di macchina sofisticati, ed è meglio così. Le registe entrano in silenzio e in punta di piedi nella casa di Joy e catturano tutta la naturalezza possibile, la verità, e nessuna pretenziosa soluzione registica trova spazio nel racconto della vita umile di una donna immigrata a Palermo, che lavora per mantenere i figli lontani.
Un corto vivo
Un’opera coraggiosa, con l’unico difetto di avere una durata forse eccessiva, che in alcuni momenti fa risultare ridondante alcune scene. Di Accattone fu scritto: “Un’opera non certo priva di difetti, ma viva.” Ed è lo stesso pensiero che, con le dovute proporzioni chiaramente, viene in mente guardando I love you, you love me. Un corto pieno di vita e in controtendenza rispetto ai cortometraggi di molti aspiranti registi che, peccando di arroganza, non raccontano quelle che alla fine sono le migliori storie: quelle che trovi appena metti il naso fuori di casa. Le registe hanno la sensibilità e l’umiltà di raccontare una storia vicina a loro e interessante proprio per via della sua semplicità.
Un femminismo non eroicizzato
Joy è la donna forte del quartiere, che dispensa consigli alle altre donne della comunità che si confidano con lei. È un’eroina, le cui azioni non vengono enfatizzate, in nome della sincerità e della verosimiglianza del prodotto. Una scelta non banale delle autrici, che spoglia di tutto il pathos i momenti e i discorsi delle donne e restituisce la pura realtà del fatto e ci fa sentire la forza tutta femminile del corto.