Al cinema Barberini di Roma, in una sala quasi piena, a 40 anni esatti dagli accadimenti, e con molti spettatori sicuramente non ancora nati all’epoca del delitto, si è rievocata con la proiezione del film di Roberto Faenza “La Verità sta in cielo” quella che è una delle macchie più incancellabili della storia italiana recente, nonché dei rapporti tra Stato e Chiesa.
Il titolo stesso del film riprende, appunto, una nota frase attribuita a Papa Francesco che, alla domanda di Pietro Orlandi su cosa sapesse della scomparsa della sorella (cittadina vaticana), la risposta fu: “Lei sta in cielo”. Questa frase ha corroborato teorie sedimentate da anni, che vedevano il Vaticano come attore protagonista nel disegno che ha portato alla scomparsa di una sua cittadina.
Il film cerca di mettere ordine sulle ricostruzioni più attendibili che hanno interessato la vicenda, adottando una forma di simil-docufiction che vede come protagonista Maria (Maya Sansa) nei panni di una giornalista italo-britannica, inviata a Roma per seguire la maxi-inchiesta Mafia Capitale, aiutata dalla giornalista Raffaella Notariale (Valentina Lodovini). Il capo-redattore di Maria, John (Shel Shapiro), infatti, fiuta l’occasione per illuminare nuovi elementi sul rapporto tra banda della Magliana e rapimento Orlandi, alla luce dell’arresto di Massimo Carminati, ex affiliato della banda e demiurgo di Mafia Capitale.
L’intento è quello di ripercorrere la storia della famigerata organizzazione romana e sarà decisivo il ruolo di Sabrina Minardi (Greta Scarano), ex amante del boss della banda Enrico “Renatino” De Pedis (Riccardo Scamarcio) e a conoscenza di numerosi fatti decisivi sul delitto Orlandi.
Il film di Faenza non è sicuramente all’altezza del nobile intento di mettere ordine in una vicenda su cui volutamente le istituzioni hanno gettato fumo e sabbia. Infatti, è troppo evidente la natura di un’operazione di “pancia” (come affermato dallo stesso regista), che non trova una chiave efficace per raccontare un’inchiesta complicatissima. Tuttavia, il film ha avuto il merito di fare da cappello allo splendido dibattito che si è tenuto successivamente, dove la platea ha potuto toccare con mano come può diventare un uomo che ha scelto di non vivere nel silenzio e nel dolore, ma di affrontare tutto e tutti per il proprio sacrosanto diritto di sapere che ne è stato della sorella.
Pietro Orlandi ha fornito il miglior compendio possibile alla visione, aggiungendo dettagli e particolari sulla verità storica e giudiziaria del rapimento di Emanuela da un punto di vista purtroppo privilegiato, non nascondendo di avere grandi speranze di conoscere nuovi elementi grazie a un nuovo spirito di apertura ventilato da parte del Vaticano.
L’avvocato Sgrò ha anche aggiunto aggiornamenti sulla vicenda processuale, manifestando le preoccupazioni verso i ritardi del Parlamento, data l’estenuante posticipazione del voto per costituire la commissione d’inchiesta sul caso Orlandi. Infatti, gli enormi poteri istruttori di cui gode tale commissione, permetterebbero di attingere a fonti e testimonianze fino ad oggi non disponibili. Elda Ferri e Roberto Faenza hanno riportato le voci più pessimistiche, soprattutto verso l’immaturità raggiunta dal dibattito pubblico italiano per affrontare vicende di questa portata e di conseguenza verso la difficoltà che si apprezzi la vera importanza di fare luce su una storia che metterebbe in discussioni enormi certezze o, addirittura, una santificazione papale…
Chi scrive spera naturalmente di poter tornare a guardare questo film al più presto insieme a Pietro Orlandi, magari per celebrare la verità che dal cielo è finalmente tornata sulla terra.