Lupus in fiaba è un cortometraggio diretto da Chiara Pieraccioli, Federico Bellotti e Lorenzo Cassol presentato al Vertigo Film Festival nella categoria Academy.
La principessa in Lupus in Fiaba
Ogni singolo individuo sogna di materializzarsi in una fiaba, di vivere una storia d’amore come quelle raccontate da Charles Perrault e di arrivare al tanto atteso finale: “…e vissero per sempre felici e contenti”. Lupus in fiaba sbatte in faccia la triste realtà, ricorda che le fiabe sono frutto d’ immaginazione, rammenta l’irraggiungibilità della felicità e il dramma delle principesse del nostro tempo, tristemente tormentate dalle paure e dalle fragilità.
Gli elementi sono gli stessi di una comune fiaba: la principessa, il “principe”(che in questo caso svolge anche il ruolo della perfida strega che vuole a tutti i costi ostacolare la felicità della principessa), la carrozza e la fata come aiutante. Tutto viene messo in scena con toni dark, in un contesto attuale che ricorda la triste realtà della nostra epoca, sullo sfondo di una metropoli che ingloba e reprime le angosce degli individui.
La carrozza
La fotografia cupa e fortemente contrasta curata da Alberto Demichelis ricorda il dominio del male sul bene. La regia dinamica sottolinea il caos, lo stato confusionale della protagonista mentre il silenzio, parzialmente oscurato dalla perenne presenza dei rumori della “carrozza”, collabora a trasmettere l’inquietante complicità delle persone che osservano senza intervenire. Lo scopo è quello di far immergere lo spettatore del dramma, di fargli indossare i panni delle vittime che ogni giorno subiscono violenze da parte del partner, mettendo a nudo le loro ansie e le loro paure.
La fata madrina
Non solo la violenza sulle donne come tema principale, ma anche la complicità dei testimoni che pur notando l’evidente problema non intervengono; persino la legge sceglie di guardare altrove. Eppure, nonostante il buio dell’indifferenza, Lupus in fiaba lascia un barlume di speranza. La speranza di persone come la “fata madrina” che scelgono di intervenire e di non essere complici della tragedia, magari perché anche loro hanno vissuto lo stesso identico dramma e sono riuscite ad uscirne o per puro senso del dovere. Ricordando così che la via di fuga esiste e che solo collaborando si potrà raggiungere il tanto atteso lieto fine.